“Dottore mi gira la testa”: psicoterapia con il metodo ITP di un paziente con sindrome vertiginosa

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Psicoterapia con l’ITPManuel Marcon

“Dottore mi gira la testa”: psicoterapia con il metodo ITP di un paziente con sindrome vertiginosa.

 

Il sig. K. mi viene inviato dallo specialista otorinolaringoiatra per sindrome vertiginosa. Lo specialista formula una diagnosi di “vertigine posizionale”.

Come di consueto i primi incontri con K. sono stati dedicati alla raccolta anamnestica e alla somministrazione di test di personalità, in particolare l’MMPI – 2 ed il Rorschach.

Formulata quindi una ipotesi diagnostica sul funzionamento psicologico del paziente si è proceduto all’applicazione del metodo ITP. In particolare nei vari incontri il paziente ha svolto quattro sedute di solo rilassamento e nelle successive sono state proposte delle visualizzazioni guidate su temi specifici dell’ITP, ma anche su temi opportunamente individuati in base al disturbo specifico del soggetto.

In particolare i temi proposti sono stati: la visualizzazione della spiaggia, il pergolato, il giardino, il caminetto, temi specifici dell’ITP perché favoriscono la ristrutturazione dell’immagine del corpo, poi la visualizzazione di un viaggio in treno, di un bagno in vasca, il ruscello, l’ansa del fiume e la camminata in collina, quest’ultimi opportunamente individuati per trattare il sintomo vertiginoso del paziente.

Il sig. K. giunge al primo incontro accompagnato dalla moglie, che entra insieme per spiegarmi il caso del congiunto. Il paziente non parla molto e lascia che sia la moglie a spiegare l’iter che lo ha condotto da me. Lui si limita soltanto a specificare alcuni dettagli temporali e sintomatologici. La moglie appare molto ansiosa e preoccupata della situazione in quanto la sintomatologia vertiginosa di cui soffre il marito lo sta condizionando in tutta la sua vita, da quella lavorativa a quella relazionale. Infatti è la moglie a doverlo accompagnare poiché lui non riesce ancora a guidare la macchina per tratti di strada più lunghi; nelle sedute successive verrà accompagnato anche dal figlio.

Soffre di vertigine posizionale con diplopia persistente ndd (natura da definirsi), questa è la diagnosi che ha fatto l’otorinolaringoiatra inviante.

Prima di giungere dallo psicologo, per il trattamento del suo disturbo, K. aveva effettuato visita neurologica, oculistica e otorinolaringoiatrica che sono risultate negative dal punto di vista medico. In qualche modo le visite specialistiche hanno escluso cause organiche importanti alla sdr vertiginosa lamentata dal paziente. Ad un esame strumentale, nello specifico ad una RMN Cerebrale è stata evidenziata una microvasculopatia della sostanza bianca sottocorticale fronto-parietale.

K. lamenta una vertigine posizionale con sensazione di “vista che balla” quando muove la testa; è lui stesso a spiegare che ha la sensazione “che gli occhi arrivino dopo la testa” nei cambi di   direzione e nei movimenti del capo. All’inizio vedeva doppio e sfuocato. Il problema sembrava accentuarsi, a detta del paziente, quando camminava in salita. La sensazione della “vista che balla”, invece, diminuiva gradualmente quando l’ambiente in cui si trovava si faceva pianeggiante e lineare. Oltre alla diplopia, il paziente soffre di fotofobia  che giustifica il fatto che durante i colloqui porta gli occhiali da sole, poiché è infastidito dalla luce del neon dell’ambulatorio.

Successivamente la diplopia scomparirà con il proseguire delle sedute di psicoterapia. Su mia indicazioni e col parere dell’otorinolaringoiatra, il sig. K. si sottoporrà a visita ortottica che nel complesso risulterà negativa, ma che evidenzierà una forte tensione dei piccoli muscoli coinvolti nel movimento oculare.

Il paziente era giunto alla mia osservazione a metà di Luglio, mentre le vertigini erano iniziate a Febbraio dello stesso anno. E’ lui stesso a raccontare l’episodio: si stava cambiando dopo aver terminato un lavoro. Aveva appena mangiato un panino in velocità e bevuto una bibita leggermente fredda. Appena mangiato il panino ha avuto una grande vertigine con annebbiamento della vista, vomito ed epigastralgie. Ha quindi chiamato un familiare che è andato subito a prenderlo.

Dopo questo episodio ha trascorso quasi un mese a letto, al buio senza essere visitato da nessun medico, tranne che dal medico di famiglia. Non riusciva ad alzarsi dal letto e non sopportava la luce. Psicologicamente sembrava aver avuto una sorta di regressione causata dalla forte vertigine. Nella raccolta anamnestica emerge che non era la prima volta che gli capitava un episodio simile. Infatti già nel passato aveva sofferto di attacchi di vertigine accompagnati da vomito che però passavano in circa una settimana standosene a letto al buio. K. però mi spiega che gli episodi precedenti non avevano raggiunto l’intensità di quest’ultimo.

 

Anamnesi e riassunto dei colloqui con il paziente.

 

Il medico di famiglia ha fatto la diagnosi di Labirintite e gli ha prescritto Vertiserc (per le vertigini) e Levopraid (Levosulpiride per il vomito) (farmaco che si usa nelle somatizzazioni di tipo gastrico).

Successivamente assumerà Daparox (antidepressivo) e Tinnit (per gli acufeni).

Ha difficoltà a leggere. Quando giunge alla mia osservazione presenta una certa difficoltà a guidare la macchina soprattutto quando deve girare la testa.

Presenta infatti ancora la sensazione di “vista che balla”, sensazioni di perdita di equilibrio, vertigini e acufeni. Gli acufeni sono per il sig. K. un sintomo quotidiano e sempre presente. Gli acufeni spariscono durante le visualizzazioni. Il paziente stesso è consapevole che l’acufene aumenta di intensità nel momento in cui si ascolta e rivolge l’attenzione al fastidioso “brusio”; se è impegnato in attività di qualsiasi genere non lo percepisce. L’acufene inoltre viene percepito in maniera più intensa durante la notte.

Nega di aver mai sofferto d’ansia nel passato anche se in questo episodio acuto di vertigini si è sentito particolarmente ansioso.

Sentito al telefono l’otorinolaringoiatra che mi ha inviato il paziente, mi spiega che quando ha visto per la prima volta il sig. K. gli è sembrata una persona in un evidente stato ansioso, come se avesse un attacco di panico.

Nel primo incontro molte cose riguardanti lo stato di salute del sig. K. mi vengono spiegate dalla moglie.

K. risulta collaborante e deciso ad intraprendere un percorso di natura psicologica per risolvere questa sintomatologia particolarmente invalidante.

Ha accettato la proposta dello specialista otorinolaringoiatra che escludendo l’origine prevalentemente organica dei suoi sintomi, ha ipotizzato la presenza di una difficoltà psicologica di tipo ansioso.

Sposato ha due figli. Non si rilevano problemi coniugali.

Emergono delle tensioni nella gestione dell’azienda, per il fatto che in questo periodo, in cui il paziente sta male, non riesce a svolgere il suo lavoro come prima.

Ha paura del buio. Di notte dorme con una piccola luce accesa sul pavimento. Ciò lo rassicura.

Il paziente riferisce di aver sempre sofferto di mal d’auto. Ha paura dell’acqua in quanto non sa nuotare. Ha paura dell’altezza; in verità sperimenta sensazioni di vertigini solo se c’è il vuoto.

Durante i colloqui K. mi spiega che quando la vista “gli balla” di più torna con la memoria al primo episodio e vive tale ricordo in maniera ansiosa.

Non riusciva più a fare la doccia da solo; la faceva quando in casa c’era qualcuno e con la porta aperta. Ora tale difficoltà è stata superata.

Gli piaceva andare a ballare e spera di riprendere tale attività poiché ora il rumore e la musica lo infastidiscono.

Mi parla anche dei suoi sogni; in verità non li ricorda. Mi spiega però che è molto condizionato dalle notizie che ascolta al telegiornale. Infatti tende a sognare notizie di cronaca che egli vive in prima persona o come testimone.

Mi dice che prima dell’episodio vertiginoso sognava sempre di volare soprattutto quando si trovava in pericolo; il volo diventava una modalità di fuga. Durante il sogno però non riusciva ad atterrare e lo faceva con molta difficoltà. Si svegliava con ansia.

Racconta che quando chiude la porta a chiave si chiede se poi si riapre.

Non prende l’ascensore da solo a meno che non sia in un luogo che conosce molto bene.

Mi parla del periodo del militare. Non è stato un buon periodo in quanto per lui il militare era tempo perso. Nel primo periodo ha avuto molte tensioni che si manifestavano con dolori alla schiena. Incomprensioni con un capitano che trattava male i commilitoni. Ogni 15 giorni era a casa.

Lui è il secondogenito di una fratellanza numerosa. I rapporti con i fratelli sono caratterizzati da alti e bassi perché dice che sono caratteri diversi.

Racconta un episodio dal quale fa risalire il suo problema con le vertigini. Aveva sui 12 anni ed era andato ad una pesca paesana nella quale aveva vinto un sacco di “ombre” (bicchieri di vino). Lui le ha bevute tutte ed è stato male. Ha vomitato ed è rimasto a letto 8 giorni con la testa che gli girava.

Da quell’episodio quando gli venivano le vertigini stava a letto per 8 giorni al buio finché il sintomo non regrediva.

Racconta un altro episodio nel quale a 7 anni circa è caduto in una grande fontana che serviva da abbeveratoio per i cavalli; l’acqua era fredda. Non ricorda però se era stato spinto o se aveva perso l’equilibrio.

Durante il servizio militare era stato buttato in piscina, lui non sapeva nuotare e continuava a chiedere aiuto mentre i suoi compagni ridevano e non lo aiutavano.

Il paziente stesso nei primi colloqui si è reso consapevole che aveva “tirato troppo la corda” dal punto di vista dello stress lavorativo. Durante gli incontri manifesterà egli stesso di aver cambiato modalità di approccio rispetto agli avvenimenti della propria vita quotidiana. K. ad un certo punto è consapevole dell’importanza di ricavarsi uno spazio e un tempo per se stesso, quale diventerà la psicoterapia.

Già quotidianamente il sig. K. trova il tempo per passeggiare in mezzo alla natura, attività che lo tranquillizza e lo rilassa.

Nel corso dei vari incontri si è manifestato un miglioramento della sintomatologia con graduale remissione dei sintomi fino ad una netta scomparsa delle vertigini.

Persistono solo gli acufeni.

Risolta la sintomatologia vertiginosa il paziente decide di sospendere le sedute.

 

Test

 

MMPI – 2:

I risultati del test sembrano essere validi in quanto il soggetto non ha tentato di influenzare le risposte e non ha mostrato resistenza nel comunicare i propri problemi.

Il controllo sulla sfera delle pulsioni appare nel complesso soddisfacente in quanto i meccanismi di difesa sembrano funzionare in maniera sufficientemente adeguata.

Il soggetto presenta una ridotta tolleranza alle frustrazioni. La personalità è collocabile nell’ambito nevrotico. Si rileva una certa passività con la tendenza a dissimulare i propri problemi. Si rileva la presenza di diverse paure.

Nel complesso si ricava un profilo “normale” con assenza di note patologiche.

 

Rorschach:

Il test non è da ritenersi valido. Infatti il paziente ha fornito un numero esiguo di risposte (11) più tre rifiuti alla tavola VI, VII e IX.

Si può dire che ha manifestato una certa resistenza nei confronti del test.

Ci sono note di tipo depressivo. Le risposte alle tavole risultano poco ricche e articolate, in alcuni casi un po’ confuse.

Vi è la totale assenza di umani. Solo alla tavola III vede due persone che però diventano immediatamente due uccelli.

Il protocollo risulta particolarmente contratto. K. ha mostrato una certa difficoltà nell’elaborazione delle tavole. Evidenziando difficoltà nell’elaborazione di un compito complesso e strutturato.

 

Considerando i test somministrati e l’andamento delle sedute di visualizzazione si può ipotizzare che il paziente soffra di un disturbo d’ansia con note di tipo depressivo.

 

Sintesi delle sedute.

 

4 sedute di rilassamento

Le prime quattro sedute sono state dedicate al rilassamento.

Il paziente ha aderito alla tecnica e si è dimostrato collaborante riuscendo a rilassarsi molto bene fin dalla prima seduta. Durante i rilassamenti ha riportato una frequente e buona sensazione di calore.

In generale le sedute dedicate al rilassamento sono state caratterizzate dal prevalere di sensazioni quali formicolii leggeri agli arti superiori ed inferiori e da un senso di leggerezza che nelle ultime sedute si è poi trasformato in senso di pesantezza. Queste sensazioni indicano un buon rilassamento e che K. vive positivamente il transfert.

Il paziente utilizza il rilassamento anche a casa quando non riesce a dormire o quando ha bisogno di rilassarsi.

In queste prime quattro sedute vanno rilevate alcuni aspetti importanti. Innanzitutto, come accennato pocanzi il paziente dimostra di aver stabilito un transfert positivo, rilevato dalle sensazioni di pesantezza, di calore ma soprattutto dal fatto che riesce a rilassarsi molto bene.

Verso la fine della terza seduta mi assento per aprire la porta al paziente successivo. Nel fare ciò chiudo la porta della stanza dove si svolge la terapia. Al mio ritorno K., disteso in poltrona, mi dice che ha avuto molta paura perché si è sentito solo ed abbandonato. Al termine della seduta mi spiega che anche a casa teme la solitudine e non riesce a dormire da solo; inoltre non tollera il buio. Questo episodio dimostra come il disturbo vertiginoso si accompagni ad un vissuto emotivo di ansia da separazione.

In un’altra seduta di rilassamento K. mi riporta sensazioni di scivolamento con la sensazione di cadere dalla poltrona. Tali sensazioni caratterizzano il suo disagio manifestando paura di cadere e di essere abbandonato; la letteratura in merito ha descritto questi pazienti come affetti da vertigini da angoscia di essere lasciati cadere (Quinodoz D., 1994, Le vertigini tra angoscia e piacere, Franco Angeli, Milano 2005).

Nelle prime due sedute, durante il rilassamento il paziente ha riportato immagini emerse spontaneamente.

In particolare nella prima immagine si sentiva come dondolare nell’acqua in maniera piacevole insieme alla poltrona; sentiva le onde, si percepiva avvolto, protetto, coccolato e caldo. Riportava sensazioni di leggerezza e ciò indicava bisogni di tipo fusionale che riusciva a vivere positivamente

Nella seconda seduta, caratterizzata dalla sensazione di cadere dalla poltrona, K. aveva riportato diverse sensazioni di parestesie e formicolii agli arti superiori e inferiori. In particolare si sentiva estremamente leggero. In questo caso ho favorito una sensazione di pesantezza per farlo aderire maggiormente alla poltrona e per evitargli la sensazione di scivolare via dalla poltrona stessa. In questa occasione il paziente ha attuato spontaneamente una immagine di tipo regressivo caratterizzata dal sentirsi sospeso in aria con la poltrona. Ciò che ho favorito è stato il sostegno e l’appoggio alla poltrona stessa.

 

Sedute di visualizzazione secondo la metodologia ITP.

Visto l’ansia di separazione e il bisogno di appoggio sono state suggerite delle visualizzazioni a scopo ristrutturante che potessero essere utili per una compensazione delle sue carenze.

 

Nella prima visualizzazione della “Spiaggia” il paziente accetta la proposta e riesce a collocarsi senza difficoltà. Attraverso il movimento dei piedi K. inizia a sentire la temperatura della sabbia.

Il resto della seduta è caratterizzato dall’immobilità del paziente. Infatti quando gli suggerisco di attivarsi il paziente non riesce ad immaginare di alzarsi e si sente bloccato. Provo, forse con eccessiva insistenza, a suggerire delle strategie affinché possa muoversi, senza avere alcun risultato.

Riporta infatti sensazioni di blocco dei movimenti e di rigidità.

 

Nella successiva visualizzazione del “Pergolato” K. aderisce al tema proposto senza difficoltà. Ha delle buone sensazioni e si immagina seduto in una vecchia sedia di legno. Il paesaggio è quello montano.

Come nella seduta precedente quando propongo al paziente di passare da uno stato passivo ad uno più attivo, si sente bloccato e incapace di muoversi e di camminare.

Propongo una modificazione dello scenario e suggerisco al paziente di immaginare che inizi a piovere. K. si alza e trova riparo nell’uscio di una casa di montagna non senza esprimere la sua seccatura per il mio intervento che lo ha costretto a muoversi da una situazione per lui piacevole.

 

Accetta la successiva visualizzazione del “Giardino” e si colloca in un giardino di una casa di montagna. E’ seduto comodamente su una sedia in legno con dei cuscini, è protetto da una magnolia e da un albero di nocciolo. Esprime diverse sensazioni che io faccio trattenere. Questa volta è il paziente che desidera alzarsi per andare ad annusare dei fiori che stanno poco distante da lui. Come nelle sedute precedenti si sente bloccato.

Lo tranquillizzo e gli propongo di immaginare di osservare il volo di un uccello. Lui accetta e osserva il volo delle rondini; lo descrive molto bene e trattiene piacevoli sensazioni.

Ho colto l’occasione per attivare la sua passività attraverso l’osservazione di un movimento come quello del volo degli uccelli.

 

Sulla base delle sedute precedenti cerco di attivare K., all’interno delle visualizzazioni, in un modo che possa essere il meno traumatico possibile e meno forzato. Ho quindi proposto al paziente la visualizzazione del “Caminetto”.

In questo modo cerco di farlo passare da una posizione passiva e direi depressiva, ad una posizione leggermente più attiva. Il sig. K. necessita di essere “sbloccato” dalla situazione di staticità e di immobilità.

Propongo al paziente di trovarsi di fronte ad un caminetto.

Come sempre K. riesce a collocarsi senza alcuna difficoltà. Mi descrive molto bene l’ambiente in cui si trova ed anche il caminetto. Si colloca seduto sopra una cassapanca della quale descrive sia il calore che la durezza. Intervengo per proporgli l’utilizzo di alcuni cuscini per sentirsi meno scomodo. K. accetta sentendo un certo beneficio.

Gli propongo di descrivermi la fiamma.

Il paziente la descrive molto bene soffermandosi sul movimento del fuoco all’interno del caminetto. Oltre alle qualità cromatiche descrive la luminosità della fiamma, il rumore dello scricchiolare del legno ma soprattutto osserva il movimento dall’alto verso il basso della fiamma stessa. Definisce la fiamma contenta, sciolta in movimenti spontanei, coordinati come in una danza.

Lo faccio soffermare su questa descrizione e trattenere le sensazioni.

 

Va sottolineato il fatto che il paziente in questo periodo ha iniziato nuovamente a guidare la macchina per tratti più lunghi e le vertigini si sono attenuate. Il problema principale rimane l’acufene, che lo disturba molto. A questo punto cerco di attivare maggiormente il paziente, lasciandolo comunque nella sua passività, attraverso la visualizzazione del “Viaggio in treno”.

K. accetta la mia proposta e si colloca in un treno. Affronta il viaggio, percepisce la velocità del treno e guarda fuori dal finestrino senza provare alcun fastidio alla vista e senza percepire alcun problema di equilibrio.

Sente fastidio quando il treno deve frenare, per cui il rumore del treno diventa il suo acufene e viceversa.

Tutte le sensazioni relative al movimento del treno cerco di fargliele sentire in maniera graduale. Non manifesta alcuna difficoltà.

Gli chiedo dove è arrivato e lui mi dice di essere a Milano dove ha fatto il militare.

Quando è il momento di scendere percepisco in lui una certa tensione e ansia provocata dalla folla presente in stazione e che deve superare per andare all’uscita. Sembrano emergere delle sensazioni di agorafobia.

 

Decido di proporre al paziente nell’incontro successivo una seduta più ristrutturante attraverso la visualizzazione del “Bagno in vasca”.

Sottolineo il fatto che il paziente a causa delle vertigini ha paura nel farsi la doccia; la fa molto velocemente e solo quando è a casa qualcuno, tenendo la porta aperta. Alla fine delle sedute riuscirà a farsi la doccia senza problemi. Inoltre ha paura dell’acqua perché nel periodo del servizio militare era stato buttato in piscina e nessuno lo aveva aiutato, se pur in difficoltà.

Accetta volentieri il tema di questa visualizzazione e descrive delle buone sensazioni a contatto con l’acqua della vasca. Inoltre osserva e descrive un paesaggio collinare fuori dalla finestra.

Attraverso questo bagno K. sente che l’acqua gli lava via tutte le tensioni. Inoltre dice di sentire che il suo corpo ha bisogno di rimanere immerso nell’acqua della vasca cosa che gli consente di sperimentare un senso di coesione corporea.

 

Propongo la visualizzazione del “Ruscello” e K. si colloca nuovamente in un paesaggio montano. Descrive molto bene i fiori, l’erba, ma anche l’aria fresca che respira molto volentieri.

Ad un certo punto dice di sentire un ronzio e teme che sia il suo acufene. Rassicuro il paziente dicendogli che si trova nel mondo dell’immaginario e in questo modo K. trasforma l’acufene nel rumore dell’acqua di un ruscello.

Da questa seduta in poi il paziente risulta molto più attivo. Si muove nello scenario senza le difficoltà che aveva all’inizio delle visualizzazioni. Si sposta fino ad arrivare vicino all’acqua. Trattiene tutte le sensazioni positive dell’elemento naturale.

 

Quando propongo la visualizzazione dell’ “Ansa del fiume” il paziente ha più difficoltà a collocarsi e prima di vedere il fiume descrive un parco. Riesce poi a descrivere molto bene il paesaggio con buone sensazioni.

Gli propongo di vedere se ci sono delle barche ma rifiuta la mia proposta dicendo che l’acqua è troppo bassa.

Si muove senza difficoltà nello scenario anche poggiando i piedi su dei sassi.

Termina la visualizzazione in maniera molto attiva giocando a lanciare i sassi nello specchio d’acqua. Approfondisce molto bene le sensazioni che riguardano il movimento corporeo.

 

K. accetta molto volentieri il tema della “Camminata in collina”. Non ha difficoltà a collocarsi in un ambiente a lui molto familiare e gradito. Lo descrive molto bene. Si colloca nello scenario in posizione attiva per poi passare ad una posizione passiva. Questa camminata risulta molto importante per le sue difficoltà reali nel camminare in un luogo non pianeggiante come è già stato riportato nell’anamnesi.

In questo scenario riesce a muovere la testa senza riportare sensazioni labirintiche fastidiose. Lo faccio soffermare e sentire il movimento o i vari movimenti vissuti nell’immaginario.

Ha delle buone sensazioni di pace e tranquillità.

Trattiene tutte le sensazioni e mi riferisce di aver vissuto molto bene questa visualizzazione.

Non manifesta nessuna difficoltà a livello immaginario, ma nello stesso tempo anche nella vita reale sta molto meglio.

Sarà l’ultima poiché il paziente decide di sospendere visto l’estinguersi della sintomatologia vertiginosa.