Da dove viene la Voce e dove va la Voce


Introduzione.

Da dove viene la voce e dove? Qual il nesso/scambio tra voce ed emozioni? Qual è il rapporto tra voce e parola? Di quale materiale psichico è fatta la voce?  La voce entra nella costruzione del legame tra umani? Sono io che controllo la voce o è la voce che controlla me e l’altro?

La voce.

La voce si genera da una corrente area a livello della glottide[1], come residuo dello scambio gassoso proveniente dai polmoni. La voce perciò si appoggia al respiro come i muri di una casa si appoggiano alle fondamenta.

Nella voce si esprime nell’hic et nunc la caratteristica emotiva dell’Io della persona. La voce definisce i limiti, come la cornice delimita un quadro, ovvero la parola. La parola esprime la sfera simbolica, poiché in essa rappresentandosi la realtà delle cose, il loro nome, consente gli scambi sociali.

La voce, che come tale precede e contorna la parola, è il risultato di un complesso strumento musicale che dinamicamente dipende da:

La voce in una visione olistica.

Noi utilizzeremo una visione olistica per dare un inquadramento equilibrato, sia da un punto di vista della definizione sia da un punto di vista degli interventi da proporre.

La voce non è solo uno strumento fisiologico, è anche uno strumento comunicativo attraverso il quale transitano i fonemi che a loro volta formano le parole. Non solo, la voce è plasmata dalle emozioni e le emozioni sono trasportate all’ascoltatore anche dalla voce condizionando il messaggio stesso e il suo valore di verità.

Un altro elemento qualificatore fisiologico/relazionale della voce è la postura del corpo e di alcune parti peculiari del corpo.

Qual è la materialità psichica della voce?

In sintesi la materialità psicologica di cui si compone la voce è costituita da questi ingredienti:

1. Il tono = ha a che fare con il reale della voce, con la sua dimensione fisica così come viene vissuta dall’altro. È una dimensione corporea tramite cui l’altro che ascolta la nostra voce ne percepisce il calore o la freddezza, la vicinanza o la lontananza, l’essere perseguitato da un senso di acutezza/punzecchiamento o avvolgimento caloroso.
2. Il timbro = ha a che fare con la soggettività della voce; “Io sono quella voce”. È costituito dall’armonica fondamentale, la nota bleu.
3. La prosodia = è il canto interno alla voce che parla la sua lingua materna. È il canto delle sirene che può raccontare una verità.

La voce come “oggetto a”.

La voce come le feci è un qualcosa che  si stacca dal corpo e produce degli effetti che variano a seconda del contesto. Nel contesto d’amore, come ad esempio nel dramma di Romeo e Giulietta, è la voce che consentirà a lei di riconoscere lui.

Il nesso neurobiologico tra voce ed emozioni.

Ogni emozione ha una caratteristica acustica, in altre parole quando una persona è posseduta da una determinata emozione e parla, trasmette tramite la voce non solo le parole ma anche le emozioni che così qualificano il loro contenuto e soprattutto se stiamo dicendo il vero. Le emozioni sono veicolate da un determinato tono della voce.

La figura illustra le regioni cerebrali attivate (in colore) dall’ascolto di emozioni, espresse dal tono di voce (verde) o dal significato delle parole (rosso) in un esperimento di neuroimmagine con tomografia ad emissione di positroni (PET). Si vede che la comprensione dell’emozione mediante il solo tono della voce è correlato all’attivazione della corteccia prefrontale dell’emisfero destro

 

La corteccia prefrontale è sede della formazione e pianificazione degli obiettivi, dell’insight, cioè dei fenomeni dell’ideazione; si attiva inoltre nell’anticipazione degli eventi (se gioco al casinò so che rischio di perdere molto; nei giocatori d’azzardo, infatti, l’attività della corteccia prefrontale è ridotta o alterata).

La corteccia orbito-frontale è sede delle capacità introspettive. Essa è suddivisa in corteccia orbito-frontale-mediale che si occupa del processamento degli stimoli emotivi, e la corteccia orbito-frontale-laterale che abbina il processamento emotivo a quello cognitivo. Questa forma di attivazione può essere utile nel controllo sociale: nei criminali non pentiti, nei serial killer o negli hoolygans, l’attivazione della corteccia orbito-frontale-mediale è alterata a causa di lesioni ed inibisce così responsi comportamentali a livello sociale inadeguati. L’aumento di aggressività si associa ad una mancata modulazione da parte dell’amigdala. L’amigdala si attiva associativamente con una serie di psicopatologie: si attiva nell’ansia, nella paura, nell’agorafobia, nella claustrofobia, nell’aracnofobia, nella paura dei serpenti, nelle vertigini, negli attacchi di panico. L’amigdala è un piccolo nucleo nervoso a forma di mandorla che fa parte del sistema limbico, un insieme di nuclei e fibre nervose coinvolti nelle emozioni e situati al di sotto della corteccia cerebrale. È la corteccia che analizza complesse informazioni, codifica memorie e apprendimenti, dà significati alle esperienze e le integra in una trama concettuale. Il sistema limbico, invece, ha un’origine più antica in termini di storia naturale, è un retaggio del passato che ci accomuna, per modalità di reazione, alle emozioni di altre specie animali.

 

 

 

La corteccia orbitofrontale è situata nella parte ventrale del lobo frontale. Sembra essere coinvolta nella regolazione delle emozioni e del comportamento sociale. Negli uomini la lesione in questa regione comporta una condizione definita di “sociopatia acquisita” che si manifesta in un comportamento sociale inadeguato, disinibizione e incapacità nell’effettuare giudizi sociali appropriati. Questi cambiamenti potrebbero essere in relazione con un mancato funzionamento dei meccanismi di estinzione comportamentale e di reversal learning: capacità di regolare comportamenti associati a ricompense e punizioni (Rolls, 1995-96).

 

La voce e l’amigdala.

L’amigdala è quella struttura composta di nuclei, dove arrivano le afferenze sensoriali e acquistano, mediante una trasformazione, una valenza/significato emotivo.

 

 

L’attivazione dell’amigdala sembra importante per la convergenza di stimoli emozionali appartenenti a modalità diverse (convergenza intermodale), come accade quando ascoltiamo e vediamo una persona arrabbiata: la rabbia è convogliata sia dal tono di voce che dall’espressione facciale.

L’importanza dell’amigdala nella convergenza intermodale è stata dimostrata osservando se la presentazione di una voce impaurita facilitasse il riconoscimento di un’espressione facciale impaurita: tale facilitazione correlava con l’attività dell’amigdala (Dolan et al., 2001).

Data l’importanza della capacità di riconoscere le espressioni facciali e di valutare il contenuto emotivo del tono di voce nelle relazioni sociali, è evidente che la funzione dell’amigdala è importante nel comportamento sociale e nel suo sviluppo.

Papez attribuiva all’ippocampo un ruolo centrale nella regolazione delle emozioni, questo ruolo in realtà appartiene all’ amigdala.

L’amigdala trattiene il sapore dell’evento, il suo significato (la simpatia o il senso dell’orrore per un evento).

L’ ippocampo interviene nelle emozioni causate dal richiamo di memorie spaziali (condizionamento della paura al contesto). Ricorda i fatti emotivi nella loro evidenza percettiva e rispetto ai particolari (ad esempio un orso visto in uno zoo o all’interno della casa).

Lesioni dell’amigdala impediscono l’instaurarsi del condizionamento da paura.

Questo significa che soggetti con lesioni dell’amigdala non imparano a reagire in maniera appropriata ad uno stimolo la cui apparizione dovrebbe invece avere valore predittivo per l’accadere di un evento negativo.

Esiste il condizionamento da paura nell’uomo? La risposta è affermativa. Associando la presentazione di uno stimolo acustico neutro con quella di un forte suono minaccioso (ad esempio, le trombe di un TIR in avvicinamento) si provoca nei soggetti la comparsa di risposte emotive alla presentazione dello stimolo neutrale.

L’apprendimento del condizionamento da paura coinvolge quindi cambiamenti duraturi dell’efficacia sinaptica di tipo potenziamento a lungo termine nel nucleo basolaterale. L’ipotesi è che l’attività evocata nel nucleo basolaterale dalla presentazione dello stimolo condizionato, quando appaiata con l’attività evocata dallo stimolo incondizionato, provoca un potenziamento della risposta allo stimolo condizionato.

Il nucleo basolaterale dell’amigdala proietta al nucleo centrale, che costituisce la principale uscita dell’amigdala. La maggior risposta de nucleo basolaterale allo stimolo condizionato determinerà una maggior attivazione del nucleo centrale.

Le proiezioni del nucleo centrale sono dirette all’ipotalamo e alle strutture del tronco dell’encefalo coinvolte nel controllo del sistema nervoso autonomo: in questo modo l’amigdala controlla sia il sistema nervoso autonomo sia il sistema endocrino sia l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

Le ricerche scientifiche relativamente al rapporto tra caratteristiche acustiche e le emozioni.

La ricerca di Anolli e Ciceri[2] ha studiato le caratteristiche acustiche delle emozioni fondamentali come la paura, la collera, la gioia, la tristezza, il disprezzo, la tenerezza, l’amore romantico.

L’espressione vocale della collera presenta un ritmo elevato di eloquio, con una durata assai contenuta della frase. L’articolazione appare rallentata. Vi è la tendenza a espellere la frase in un’unica emissione di respiro. Il tono di voce è inferiore a quello della gioia con Fo media pari a 178 hz. La voce appare tesa e piena, senza cioè pause, intensità vocale elevata.

Nella gioia la voce appare acuta con un Fo media pari a 228 hz e appare modulata con ampie variazioni di Fo, tra i 150 hz e i 320 hz. Il volume della voce appare costantemente elevato, accompagnato da un crescendo finale. Il ritmo appare normale e regolare. La voce appare ampia con risonanza bilanciata, chiarezza delle armoniche, perché vi è rilassamento muscolare della gola, espansione della regione faringea.

La fase fetale e la voce materna.

Alla nascita e con l’inizio delle relazioni primarie, il neonato presenta una precoce e intensa capacità di apprendimento basata soprattutto sulle emozioni e sugli affetti che scaturiscono da queste relazioni. Già durante la gestazione, il feto percepisce alcuni ritmi biologici materni come il ritmo cardiaco e il respiratorio. Inoltre egli sente la voce materna nella sua intonazione che gli veicola stati affettivi ed emozionali specifici[3]. Queste esperienze possono essere memorizzate[4]. Su questa base il feto inizia il suo primo rapporto con la madre che si svilupperà alla nascita con il progressivo sviluppo del linguaggio. La voce materna è in grado di influenzare la frequenza cardiaca e il tasso di suzione del neonato[5]. La sensibilità al linguaggio della madre e dell’ambiente in cui cresce permette al neonato di apprendere la sua prosodia molto precocemente e a partire dal sesto mese di vita di rappresentarsi le intonazioni sequenziali relative alle vocali e alle consonanti dello stesso linguaggio.

Esperienze recenti[6] hanno dimostrato che la percezione del linguaggio e le stesse conoscenze grammaticali si sviluppano nel neonato entro il suo primo mese di vita. I fattori linguistici che si organizzano più precocemente sono gli uditivo-fonologici e, in seguito, quelli lessico-semantici. I primi sono legati a una processualità che riguarda il giro temporale superiore posteriore (area 22 di Brodman), mentre i secondi interessano le regioni temporo-parietali (giro angolare e sopramarginale, aree 39 e 40 di Brodman) dell’emisfero sinistro. I processi grammaticali e sintattici giocano un ruolo critico nell’integrazione selettiva delle informazioni lessico-semantiche e sono localizzati nel giro frontale inferiore dell’emisfero sinistro, che comprende le aree opercolari e triangolari (aree 44 e 45) e l’area frontale laterale premotoria (aree 6, 8, 9) di sinistra. Queste aree costituiscono quello che è definito come “centro grammaticale” del linguaggio[7]. Esso si attiva per qualsiasi lingua cui il bambino è esposto confermando la natura universale dei processi grammaticali già proposta da Chomsky. E’ necessario tuttavia qui ricordare che il bambino risponde con un’attività motoria generalizzata al linguaggio dell’adulto (eterosincronico) e alla sua stessa lallazione (autosincronico). Questo significa che tutte le aree sensomotorie partecipano all’inizio allo sviluppo del linguaggio e che solo successivamente si organizzano i vari centri grammaticali, sintattici e semantici del linguaggio. E’ questo il momento in cui le funzioni linguistiche si concentrano nei diversi centri dell’emisfero sinistro.

Oltre alla voce e al linguaggio, il contatto visivo è estremamente importante nell’ambito della relazione primaria del bambino con la madre. Già durante il primo anno di vita, il neonato impara rapidamente che lo sguardo degli altri veicola informazioni significative. Tali informazioni sono di natura essenzialmente affettiva e procurano intense emozioni nel neonato. Anche il corpo costituisce un elemento della relazione del bambino con la madre. Il modo con cui la madre lo contiene, lo tocca, lo guarda, gli parla, il livello della sua rêverie costituiscono aspetti importanti della relazione in quanto veicolano affetti ed emozioni che il neonato depositerà e conserverà nella sua memoria implicita. Potremmo definire tale deposito, con una metafora presa dalla genetica, il suo DNA psicologico che caratterizzerà la sua personalità per il resto della sua vita.

Il primo e secondo anno di vita.

Dall’analisi di filmati di “dialoghi” (faccia a faccia) tra adulti e neonati si nota bene che il neonato si muove in sincronia con le parole dell’adulto. “Quando uno dei due si muove, si muove anche laltro, – afferma Restak - e i movimenti vengono compiuti in sincronia con la voce di chi parla … Sincronia interazionale è lespressione tecnica che definisce questa relazione dinamica. Soltanto la voce umana può iniziarla. Nessun altro stimolo uditivo ha questa capacità. Né pare faccia molta differenza quale lingua si usi …”.

I bambini associano anche un particolare tono di voce a una data espressione. Questo a partire anche dai sette mesi.  Le osservazione della Buhler ci induco ad aspettarci che a partire dai cinque mesi e forse anche prima il bambino risponda appropriatamente a espressioni del viso differenti, soprattutto se sono accompagnate da variazioni del tono della voce.

Esiste una neurobiologia relazionale?[8].

L’attaccamento, così come è stato teorizzato da Bowlby, si basa su meccanismi innati che spingono il bambino a cercare la vicinanza del genitore e a stabilire una comunicazione con loro. Tale stile di attaccamento condiziona lo sviluppo del bambino.

Le forme di attaccamento differiscono nelle modalità con cui le coppie genitore-figlio condividono gli stati della mente e le emozioni. Lo stato della mente è il profilo di attivazione interno alla rete neurale che organizza le funzioni del cervello e delle esperienze della mente. Il bambino si sintonizza, tramite le forme espressive contenute nel linguaggio gestuale, con gli stati della mente del genitore, utilizzandoli per organizzare e regolare i propri processi mentali. Ad esempio il bambino nelle situazioni ambigue o critiche, prima di agire, osserva i segnali della mimica del viso del genitore. Un ruolo fondamentale a tutto ciò è dato dalle emozioni. Voglio solo sottolineare alcuni aspetti di ordine biologico. Uno degli aspetti importanti è che le emozioni non sono circoscritte a determinati circuiti specifici, in altri termini non vi sono dei limiti funzionali precisi.

Schore A. sostiene che l’ambiente sociale precoce, mediato dalla figura affettiva primaria, influenza direttamente l’evoluzione delle strutture del cervello responsabili per il futuro sviluppo socioemozionale del bambino[9].

Il modello proposto da Schore, che utilizza di fatto le prove raccolte da una vasta letteratura scientifica, si focalizza sul funzionamento della corteccia ventromediale o corteccia orbito-frontale.

Il sistema limbico include la corteccia orbito-frontale, la corteccia cingolare anteriore, l’amigdala. Si ritiene che le regioni limbiche siano la sede dei meccanismi che mediano emozioni, motivazioni e comportamenti diretti a scopi specifici. La zona orbito-frontale può essere considerata un’area che fa parte contemporaneamente dei lobi frontali e del sistema limbico. Nelle aree centrali, verso l’interno e dietro alle tempie, si trovano poi il lobo temporale medio e l’ippocampo, che è ritenuto il principale responsabile delle forme consce della memoria. Nelle zone centrali inferiori si trovano l’ipotalamo e l’ipofisi che hanno la funzione di partecipare all’omeostasi degli equilibri dell’organismo. Ricordiamo l’asse ipotatalamo-ipofisi-ghiandole adenocorticali nella risposta allo stress.

Le teorie dell’attaccamento di Bowlby e le teorie elaborate da Mahler trovano una conferma di tipo scientifico del substrato biologico sotteso alle relazioni precoci, da loro studiate ed osservate con strategie di tipo clinico. È come se, sostengono gli autori, la corteccia ventromediale ed il sistema simpatico incorporassero la madre protettiva o caregiver di riferimento, ovvero il tipo di stile di attaccamento.

Durante il primo anno di vita a transazioni relazionali sintonizzate, cariche di forme relazioni di partecipazione, corrispondono transazioni psicobiologiche sintonizzate. In altri termini l’interazione di sguardi reciproci e contemporaneamente la compartecipazione a situazioni di gioia che utilizza canali bimodali e unimodali, sincronici e diacronici, inducono cambiamenti neuroendocrini che facilitano l’espandersi delle innervazioni agli strati delle aree orbitofrontali. Un processo evolutivo che coinvolge le strutture neurologiche procedendo dal basso (strutture sottocorticali), verso l’alto (strutture neocorticali). È interessato in questo lavoro in particolare l’emisfero destro visuo-spaziale che matura molto più precocemente. Il periodo critico della sperimentazione descritto da Mahler, periodo in cui è presente una forma di ipereccitabilità comportamentale ed esplorativa del corpo materno, equivale sul piano relazionale alla migliore situazione ambiente-dipendente dei meccanismi neurobiologici sottesi.

Il tipo di contatto fisico, il tipo di interscambi influenzano in modo diretto l’attività elettrica cerebrale sia dell’infante sia del genitore. Tra i segnali non-verbali sono da prendere in considerazione gli scambi di sguardi ed espressioni del viso, i gesti ed i movimenti del corpo, i tempi di risposta. Tra i segnali verbali sono da prendersi in considerazione il tono della voce, la prosodia, le parole in sé. Questi segnali orientano i meccanismi di attenzione, i processi di arousal (regolazione degli stati d’energia emozionale), l’attribuzione di significati.

Le storie di attaccamento condizionano, di fatto, le modalità di regolazione delle emozioni (ad esempio le capacità e modalità di adattamento allo stress), i processi cognitivi (ad esempio i meccanismi di memoria e di attenzione), le competenze sociali ( ad esempio la regolazione del rapporti tra coetanei).

Il sistema nervoso autonomo partecipa direttamente alla modulazione degli stati arousal. Attraverso il sistema simpatico induce stati di eccitazione e di iperevigilanza, dove il dispendio di energia è elevato, abbiamo così: aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, sudorazione. Il sistema parasimpatico in generale funziona inibendo, favorendo il risparmio energetico: rallentamento del battito cardiaco, della respirazione, riduce la vigilanza e reattività agli stimoli ambientali.

Il sistema nervoso autonomo o vegetativo o involontario è la porzione de sistema nervoso interessato alla regolazione dell’attività cardiaca, muscolare liscia e ghiandolare. Esso comprende il sistema parasimpatico ovvero la porzione craniosacrale ed il sistema simpatico ovvero la porzione toracicolombare.

Schore A. sostiene che durante il primo anno di vita lo sviluppo del sistema simpatico domina la scena, mentre durante il secondo anno di vita il sistema parasimpatico diviene gradualmente il bersaglio prediletto grazie al cambiamento comportamentale reciproco; infatti in questo periodo, dai dodici mesi di vita circa, il bambino inizia a camminare ed esplorare in modo attivo non più il corpo del genitore, ma quello dell’ambiente.

Durante i primi mesi di vita la condivisione e l’amplificazione degli stati emotivi positivi nonché la regolazione del sistema bambino in funzione della quiete, dominano il campo psichico; prevalgono cioè forme di risonanza positiva delle attività del sistema simpatico. Mentre dopo il primo anno di vita i genitori devono introdurre regole e divieti che hanno come obiettivi quelli di inibire, controllare, regolare, fornire dei limiti che il bambino dovrà introiettare. Campo d’azione nel sistema neurologico, dopo il primo anno di vita, diviene il sistema parasimpatico.

Di fatto, però l’educazione utilizza e si basa su meccanismi interni biologicamente presenti che aiutano l’introiezione delle regole e dei limiti, due in particolare: il senso della vergogna e il senso del disgusto.

Il senso della vergogna è una emozione, che il bambino prova quando ad un suo stato di arousal non corrisponde una partecipazione analoga da parte del genitore. Si ipotizza che il senso di vergogna venga generata dalla attivazione del sistema parasimpatico come risposta al “no” del genitore. È legato secondo l’autore alla mancata connessione emotiva.

Però una attivazione eccessiva, ovvero un uso eccessivo del senso di vergogna conduce il bambino ad un senso di umiliazione profonda, ad un senso di solitudine patologico, che possiamo definire isolamento sociale, il quale rappresenta un indice di rischio.

Affinché il processo educativo-relazionale raggiunga una certa efficacia e produca un equilibrio nel bambino quello che è necessario è l’introduzione di comportamenti riparativi nella comunicazione genitore-figlio. È molto efficace quindi accompagnare atteggiamenti di recupero della relazione  e di riparazione.

In un certo qual senso per usare una metafora dell’auto: l’acceleratore è rappresentato dal sistema simpatico, il freno dal sistema parasimpatico e la frizione dagli atteggiamenti di recupero, riparazione e dalle spiegazioni-principi di tipo verbale.

Questi momenti di non partecipazione affettiva possono essere considerati come momenti di distacco emozionale.

La sintonizzazione affettiva è la modalità con cui stati emotivi interni vengono espressi e successivamente condivisi nell’ambito di esperienze di attaccamento. Secondo A. Schore è in tali contesti che si creano le corrispondenze fra stati psicobiologici genitore-figlio e che, come tali, condizionano lo sviluppo esperienza-dipendente nel cervello.

All’interno del fenomeno di sintonizzazione troviamo una componente o momento fondamentale chiamato allineamento, ovvero quando lo stato di un individuo viene modificato per accordarsi con quello dell’altro; ancora, quando per comprendere l’altro noi ci avviciniamo al suo stato emotivo per poi trovare un obiettivo comune. Facciamo degli esempi. Pensiamo al genitore che ha come obiettivo quello di addormentare il figlio, ma quest’ultimo è agitato. In questo caso le azioni del genitore possono avere più successo se, prima di dare la regola, cercherà di avvicinarsi allo stato emotivo del figlio, questo non significa partecipare con l’azione, ad esempio giocare, bensì comprendere, ascoltare; una forma di presenza benevola

Però, è anche vero che delle volte, le persone, compresi i bambini, hanno bisogno di essere lasciati soli, in questo caso vi è un non-allineamento. Queste situazioni si possono trovare anche durante un percorso di terapia. È quindi importante cogliere questi momenti. Riferendoci ad un altro contesto, quello del gioco, possiamo affermare che il bambino ha bisogno di giocare assieme ad un altro, ma ha anche l’esigenza di imparare a giocare da solo. Anzi possiamo affermare che il “giocare da solo” è una conquista evolutiva.

La potenza comunicativa della voce.

Negli Stati Uniti è stata svolta una ricerca su 50 registrazioni di contatti tra medico e  paziente durante visite di routine per malattie croniche dove è stato dimostrato l’importanza del tono della voce come fattore di misurazione della verità da parte dei pazienti medesimi e le relative reazioni comportamentali. i pazienti si dimostrarono più contenti quando le risposte del medico erano soddisfacenti per le parole usate e contemporaneamente espresse in tono compartecipe e tranquillo. Quando le parole pur positive erano percepite intrise di rabbia e ansia nel tono della voce, questo veniva interpretato come segno di preoccupazione e faceva aumentare le richieste di visite.

“Quello che tu sei grida talmente forte da non farmi comprendere quello che dici!”.

La voce rassicurante, serena, pacata equivale ad una forma di abbraccio vocale che si protende al di là delle barriere.

La gabbia toracica.

La gabbia toracica, coinvolta nel respiri, contiene la dinamica della cassa armonica che fornisce il timbro alla voce. Vi sono tre gruppi muscolari che nel corso della respirazione le forniscono la mobilità di cui ha bisogno: il diaframma, la muscolatura intercostale, la muscolatura del collo.

Il diaframma è quella formazione muscolo membranosa che separa la cavità addominale e toracica e rappresenta il principale muscolo inspiratorio.

Questi muscoli oltre a svolgere una funzione utile alla respirazione partecipano alla regolazione della dinamica posturale.

Respirazione e gli stati di coscienza.

Ogni specifico stato di coscienza è rappresentato da un modo particolare di respirare. La respirazione e la voce sono dei modi che la persona inconsciamente utilizza per rappresentarsi, una forma di carta d’identità che un orecchio attento può ben percepire anche durante una telefonata.

Lo stesso si può affermare per quanto concerne il tono dell’umore, il quale condiziona il tipo di respirazione e di posture.

La disfonia funzionale, in altre parole l’alterazione della voce, può essere interpretata come una difficoltà della persona di rappresentarsi. Da un punto di vista fisiologico è come se la laringe, a causa del disfunzionale sostegno muscolare delle strutture muscolari che la ospitano, fosse o eccessivamente compressa o mancasse energia.

Il compito di chi deve aiutare è innanzitutto quello di scovare la cifra, ovvero la causa emozionale ed i comportamenti compensatori messi in atto dal paziente attraverso il suo corpo e successivamente resi comportamenti automatici, appresi.

La domanda fondamentale è: quali istanze psichiche/emotive hanno innescato quegli schemi motori disfunzionali? È necessario scovare queste istanze prima di aggiungere strategie correttive.

L’ansia e i marker viscerali.

L’ansia è solitamente l’elemento emotivo, è la cifra da ricercare. Damasio li chiama marker o sentimenti viscerali. Il marker è un tipo di allarme automatico, che di solito attira l’attenzione su un pericolo potenziale proveniente da un’azione in corso. Esso attiva a cascata una serie di reazioni fisiologiche che variano poi da soggetto a soggetto: aumento del tono muscolare in più distretti e in distretti bersaglio, aumento della frequenza sia cardiaca sia respiratoria, alterazione della motilità diaframmatica e peristaltica[10].

Noi in un certo qual senso pensiamo emozionalmente con la pancia e in questo distretto corporeo, la pancia, si determina un vissuto cenestesico, che cerchiamo di controllare per lo più contraendo la muscolatura addominale. Questa contrazione impedisce il movimento diaframmatico profondo che dovrebbe accompagnare la respirazione. È il fenomeno più diffuso che modifica la normale catena muscolare anteriore ed attiva la respirazione toracica con un atteggiamento inspiratorio/espiratorio che mobilita la muscolatura apex toracico.

L’alterazione posturale.

Lo schema emozionale o marker somatico altera lo schema posturale con conseguente dorso curvo, torace espanso, alterazione del punto di carico podalico, costrizione diaframmatica, impegno posturale dell’ileo psoas, tensione ai muscoli del collo.

È come se in alcuni distretti corporei vi fossero dei nodi di tensione che come tali hanno memorizzato gli esiti degli stati di tensione, perciò senza approcciare le cause psicologiche e lavorando per così dire su questi punti di tensione si possono raggiungere i risultati desiderati.

Le strategie di cura.

Senza approcciare le cause psicologiche sottese ai sintomi e ai disturbi come ad esempio le disfonie funzionali, con forme di psicoterapia del profondo, si può lavorare in maniera indiretta:

Le ricerche stanno sempre più dimostrando che anche il solo rilassamento produce una forma di cura dell’Immagine del Corpo e una conseguente riduzione dei sintomi.



[1] La glottide è l’apparato vocale della laringe, costituito dalle corde vocali vere e dall’apertura tra esse comprese.

L’epiglottide è la struttura cartilaginea simile a coperchio posta sull’apertura superiore della laringe, la sua funzione è quella di prevenire la penetrazione del cibo nella laringe e nella trachea durante la deglutizione.

[2]Annoli L., Ciceri R., “La voce delle emozioni”, Franco Angeli, Milano, 1992.

[3] Kolata G (1984) Studying Learning in the Womb. Science 225: 302-303

[4] Kolata G (1984) Studying Learning in the Womb. Science 225: 302-303

[5]Mehler J, Bertoncini J, et al (1978) Infant recognition of mother’s voice. Perception 7: 491-497

[6]Sakai KL (2005) Language Acquisition and Brain Development. Science 310: 815-819

[7] Sakai KL (2005) Language Acquisition and Brain Development. Science 310: 815-819

[8]D. Siegel, “La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale”, R. Cortina, Milano, 2001.

[9]A. Schore, „Affect regulation and the origin of the self. The neurobiology of emotional development”, Lawrence Erbaum Associates, Hillsdale, 1994, p. 62

[10]Peristalsi sono i movimenti vermicolari con cui il canale alimentare provvedono a sospingere in avanti il loro contenuto.