Disturbo depressivo e tecnica ITP: un caso clinico


Psicoterapia con l’ITP.

 

Erica Schiavon: psicoterapeuta ITP, sessuologa.

 

Disturbo depressivo e tecnica ITP: un caso clinico.

Nel presente lavoro si vuole affrontare il tema del trattamento del disturbo depressivo con la tecnica ITP attraverso alcune esemplificazioni tratte da imageries realizzate con la paziente T. di 24 anni affetta di disturbo bipolare che assume terapia farmacologica a base di litio.

All’inizio la terapia si è concentrata nel riuscire a favorire la presa di contatto con il vissuto depressivo, questa fase ha richiesto del tempo, in quanto T. temeva che immergersi nella depressione significasse non poter mai più ritornare a stare bene. Come molti pazienti affetti da disturbo bipolare, quindi, preferiva lo stato maniacale a quello depressivo perché considerato più vitale e costruttivo.

Gabbard (2007) descrive come la psicoterapia con tali pazienti richieda spesso di essere affiancata da una terapia farmacologica poiché: “la maggior parte dei pazienti maniacali non trarrà benefici da interventi psicoterapici se la loro mania non viene prima controllata farmacologicamente” (pag.231), l’autore pone in rilievo come essi si sentano deprivati dall’assunzione dei farmaci dell’euforia dei loro periodi maniacali.

Al fine di rendere chiaro il percorso svolto esso verrà descritto suddividendolo in due fasi, che corrispondono rispettivamente alla fase ristrutturante e conflittuale dell’ITP.

La «Tecnica immaginativa di analisi e ristrutturazione del profondo», o ITP, come metodo psicoterapico, consente di compiere un’esplorazione della personalità al fine di svelarne, in modo diretto, i suoi livelli e i suoi dinamismi: ne deriva un’analisi della struttura della personalità più completa e utile ai fini della presa in carico e della cura. Il ruolo del terapeuta è volto soprattutto a favorire le tendenze all’autocura e all’autosviluppo, liberate dal soggetto nel corso del processo terapeutico, ma anche quello di promuovere lo sviluppo del Sé dell’individuo. Per Rigo (1976) il senso di Sé è qualcosa di primordiale e di globale, comprensivo di molte componenti, che tendono a sintetizzarsi in unità; si manifesta molto precocemente, già nei primi mesi di vita, e rappresenta una funzione vitale fondamentale, i cui disturbi sono fonte di angoscia e di disorientamento. La personalità nel suo sviluppo e strutturazione procede per fasi, le quali vengono ripercorse nelle tappe di cura con l’ITP.  Lo schema di evoluzione dell’organizzazione della personalità può essere quindi descritto mediante le fasi di cura dell’ITP: nella prima fase, quella ristrutturante, si manifestano e vengono riparati carenze e traumi precoci, nella seconda fase, quella conflittuale, si lavora sui conflitti che spesso tendono a disporsi dai più precoci ai più recenti. Nel fare questo è fondamentale osservare quali bisogni il soggetto sveli nell’imagerie, ad esempio: simbiotici, orali, di autoaffermazione, tali bisogni si manifestano sia nel corso di imageries ristrutturanti che conflittuali e richiedo interventi specifici e adeguati.

Nel percorso di cura, quindi, si ripercorrono le tappe di maturazione della personalità per quegli aspetti che non sono stati raggiunti nella vita reale, nel procedere di questo processo si osserverà una maturazione del comportamento anche all’interno delle imageries stesse. Il processo terapeutico, strutturato mediante l’applicazione del metodo ITP, del disturbo depressivo permette una flessibilità di intervento ed una personalizzazione dello stesso sulla base dei peculiari bisogni e conflitti espressi dai pazienti. Ogni paziente, infatti, manifesta la propria unicità a prescindere dalla diagnosi: lo stesso disturbo depressivo può manifestarsi nell’immaginario in modalità differenti da un soggetto ad un altro.

 

PRIMA FASE

La prima fase prevista nella psicoterapia con l’ITP è quella ristrutturante, dove avviene la ristrutturazione dello Schema corporeo e la riparazione di molti aspetti carenziali e traumatici, attraverso le regressioni di età, accompagnate da realizzazioni simboliche o per mezzo delle identificazioni simboliche. I processi ristrutturanti si possono effettuare anche mediante modificazioni positive dello Scenario o la riparazione e trasformazione di aspetti deteriorati dello stesso.

Nel caso di T. la fase ristrutturante ha permesso di individuare i suoi bisogni e carenze e di, rispettivamente, soddisfarli e ripararle. In particolare, tutte le esperienze cenestesiche di dondolio hanno avuto un effetto rassicurante e hanno permesso di ristrutturare l’Io corporeo immaginario. Altri passaggi ristrutturanti sono stati: costruire nidi e prendersi cura di animali indifesi; assorbire energia da elementi della natura quali ad esempio cascata, albero, sole, pietre, fuoco; mangiare frutta fresca raccolta da lei; l’esperienza del silenzio e diverse identificazioni simboliche (es: acqua, fuoco, gabbiano, fiore, albero). Di seguito, a titolo esemplificativo verrà presentata un’imagerie in cui si è realizzata un’identificazione simbolica con il fiore di lavanda. La procedura tecnica dell’identificazione simbolica consiste nell’invitare il paziente a visualizzare un’immagine e, quando questa acquista valore positivo, identificarsi con essa. Le immagini vengono scelte in base al loro significato simbolico e, dunque, in base all’area psichica da risanare, talvolta l’identificazione avviene spontaneamente, a volte è suggerita dal terapeuta.

 

 

IMAGERIE RISTRUTTURANTE Agosto 2018

“Mi trovo di fronte ad un cancello molto alto e grigio, con fronzoli tipo art nouveau. Entro e vedo che ci sono stagnetti, fiori selvatici, fiori da giardino: rose rosse, calle, è pieno di lavanda e ci sono le ninfee nei laghetti. Al centro c’è una fontana di marmo vecchio a tre piani concentrica (l’acqua scorre?) si, è pulita, la tocco ed è ghiacciata e vitale (stare nella sensazione di vitalità). (Scegliere un fiore) la lavanda, la annuso e mi calma, mi dà vitalità, il profumo è fresco e buono, (identificazione con il fiore) sento che il vento mi culla (sei radicata e cullata) dondolo in sicurezza come in un’altalena, sento il sole che mi fa crescere e mi tiene in vita, sento il terreno umido (è un terreno nutriente, ricco di sostanze) mi sento nutrita (emani un profumo buono). (Approfondire le sensazioni e piano piano ritrovarsi nel giardino) trovo una panchina a dondolo e mi lascio cullare ascoltando il fruscio del vento, il canto degli uccellini, l’acqua che gocciola, il gracidare delle rane.”

In questa imagerie torna il farsi cullare, elemento ristrutturante centrale per T. Riesce a stare in sensazioni piacevoli quali la vitalità dell’acqua, il profumo che le infonde calma, il nutrimento del sole e della terra. Non emergono particolari elementi spiacevoli o disturbanti. L’aspetto regressivo dell’essere cullata la tranquillizza e le permette di godere di tutto ciò che ha intorno, la calma e la ritmicità del dondolio consentono un alleggerimento sul piano mentale ed un abbassamento delle difese anche grazie al procedimento dell’identificazione con il fiore di lavanda.

Nella prossima imagerie è possibile rilevare come durante la fase ristrutturante T. anticipi delle tematiche conflittuali collegate allo stato depressivo che non possono però ancora essere affrontate, vedremo poi in che modo, in fasi più avanzate della terapia, sarà per lei possibile trovare nuove strategie per affrontare lo stato depressivo.

IMAGERIE CONFLITTUALE  Settembre 2018

“Sono in fondo ad un buco in una caverna. È come una galleria verticale, dovrei uscire da là ma non so come fare, potrei con i piedi e le mani aggrapparmi alle pareti. Esco. Sotto i piedi ho una terra compatta, umida, intorno c’è tutta la roccia. Vedo ma non so da dove venga la luce. Non so se c’è uscita, non so dove andare, provo disagio (le dico di provare ad immaginare se può disporre di una pila per illuminare meglio l’ambiente). Si vedono gallerie larghissime, ognuna porta da qualche parte, tocco la parete e la roccia grigia è umida (la invito a prendere una via). Vado dentro quella centrale, vado avanti, cammino, ci sono dei pipistrelli che mi passano sopra, non ho paura. Trovo una parete con due gallerie e vado a sinistra, ci sono delle scale che scendono e sono di roccia. Arrivo in un posto in cui è tutto nero, fa molta paura, ci sono delle ragnatele che pendono, c’è un ragno gigante che è veramente enorme e vado via (la sua scelta viene incoraggiata) risalgo il corridoio e vado a destra. Ci sono scale che salgono, c’è una stanzetta illuminata con delle sedie. Ci sono dei quadri alle pareti come quelli dei primitivi, fatti con le pelli. Per terra trovo un tappeto di pelo. Ma non sono tranquilla (le dico che arriva un animale amico per indicarle la via d’uscita) arriva un gufo che mi porta una bussola che mi indica la galleria giusta ed esco. Fuori c’è uno strapiombo con il mare. Mi tuffo, nuoto e arrivo in una spiaggia. Non sono ancora tranquilla, ho il ricordo del ragno: ho sempre paura che possa rincorrermi, è come se potesse fare tutto e raggiungermi (ora sei protetta qui nella spiaggia, il ragno non può raggiungerti, puoi rilassarti) la spiaggia è rilassante, c’è un’amaca, mi metto a farmi cullare, mi sento protetta ora”.

In questa imagerie T. si trova in un buco nelle viscere di una caverna in cui si sente imprigionata, non vede una via d’uscita. Emerge presto una questione conflittuale con un’immagine di caduta. Si confronta con la paura (l’immagine del nero) e l’imprigionamento (ragnatela).

Si tuffa e nuota, arriva in una spiaggia ma non è ancora tranquilla, il dondolio dell’amaca la farà sentire protetta, al sicuro. T. si sente in balìa delle sue paure, solo tornando in superficie ed allontanandosi riesce a trovare un po’ di tranquillità; al momento di questa imagerie ha ancora bisogno di molte esperienze ristrutturanti per compensare le carenze e per ricevere gratificazioni al fine di acquisire la forza necessaria che le permetta di affrontare situazioni così difficili. Lei desidererebbe poter affrontare il buio, ma non è abbastanza forte: va protetta da questa spinta verso gli abissi. Nella fase iniziale della terapia viene accettata una fuoriuscita rapida, queste immagini inquietanti poi vengono affrontate successivamente. Nel progredire del percorso terapeutico vedremo come a partire dallo stesso scenario iniziale lo sviluppo dell’imagerie avrà esito differente.

 

FASE CONFLITTUALE

In un articolo dal titolo Glossario dell’ITP Rigo (1977) descrive come dopo la fase ristrutturante, in cui si rafforzano le basi dell’Io e si ristruttura lo Schema corporeo, si acceda alla fase conflittuale. In quest’ultima si presentano e vengono elaborate imageries centrate sui conflitti per le quali è necessario incoraggiare l’atteggiamento attivo dell’Io che deve risolvere situazioni angoscianti e pericolose. La fine della fase conflittuale è contraddistinta dalla risoluzione dell’aspetto sintomatico.

Le due imageries di seguito riportate permettono di evidenziare come il vissuto depressivo di T. si manifesti a livello immaginativo sia sul piano dell’ICI che dello spazio che occupa. In particolare, è possibile osservare tale vissuto osservando la postura dell’ICI: stesa a terra, senso di vertigine, imprigionata e nelle caratteristiche dello spazio: buchi, caverna buia e appiccicosa, pavimento di cemento scomodo, ambiente umido e freddo, spazi sconfinati come mare, prati, boschi e montagne.

Inoltre, essendo più forte, T. può ora attuare delle strategie di superamento ed elaborazione dello stato depressivo, senza la necessità di fuggire da esso, perché vissuto come travolgente ed inquietante.

 

 

IMAGERIE CONFLITTUALE Maggio 2019.

Sono in una grotta nera e appiccicosa, c’è una pozza con dell’acqua scura (illuminare) ho una lanterna, vedo che c’è una porta a forma di fiore, la apro: è tutto buio, umido e freddo, illumino e vedo che c’è un tunnel che va dalle profondità della caverna fino a su ma è buio. Scivolo giù, vado velocissima, non riesco a vedere niente e finisco in una stanza con delle scale al centro che vanno verso il basso, scendo con la lanterna, sono lunghissime, trovo uno spazio enorme con del cemento (sei un’archeologa) ho piccone, martello, scalpello e tante scatoline (rompere per trovare qualcosa) si sgretola con facilità, sotto ci sono degli oggettini, una chiave, delle pietrine colorate, una cornice (trovi dei pezzi di qualcosa da ricomporre) trovo dei pezzettini rossi, è un cuore grande 1 metro e 20 fatto di ceramica, è recente. È una bella scultura, la prendo e inizio a salire le scale, è pieno di scale per salire. Arrivo su un prato e appoggio il cuore (si può trasformare in qualcosa?) sì, in un vaso sempre a forma di cuore, ci raccolgo le conchiglie e vicino faccio un falò, il fuoco mi dà energia, faccio la ruota, mi sento bene perché non sono mai riuscita a farla. Mi sento più leggera, salto (tutti i movimenti che ti vengono da fare) faccio una danza attorno al falò. Mi sento come se scaricassi la negatività da braccia e gambe, adesso mi riposo e mi sento liberata.”

In questa imagerie T. effettua un movimento di discesa attraversando il buco nero. Questo rappresenta simbolicamente la possibilità di accedere alle profondità di se stessa, in cui può confrontarsi con aspetti depressivi, mantenendo il controllo della situazione. Si evidenzia come la discesa sia diversa dalla caduta, poiché esprime una volontà del soggetto e quindi un atteggiamento più attivo. Una volta giunta in profondità le viene suggerito di assumere il ruolo di archeologa per dare un senso ed una prospettiva al suo discendere. La possibilità che le si apre a questo punto è quella di trovare parti preziose di sé di cui potersi riappropriare: una chiave, elemento simbolico di apertura e passaggio e una statua a forma di cuore rotta, rappresentazione di ferite emotive che possono essere risanate sul piano simbolico attraverso la ricostruzione della statua-cuore.

Ritornata in superficie T. vede il cuore trasformarsi in un vaso in cui mette delle conchiglie, questi elementi simbolici femminili le consentono di entrare in contatto con la propria dimensione femminile. Il fuoco, successivamente, le consente di assorbire energia vitale che esprime in modo dinamico attraverso la danza ed i salti. Rispetto all’imagerie svolta in precedenza con il medesimo punto di partenza, il buco nero, qui T. riesce ad attraversa il vissuto depressivo e a ritrovare nuova forza vitale grazie alla riappropriazione e riparazione simbolica di parti di sé.

 

 

 

IMAGERIE SPONTANEA Novembre 2020.

“Vedo una spirale, è tutto nero/viola, la spirale è di plastica lucida. Sono appoggiata per terra, il pavimento è di cemento ed è coperto di una patina di vernice nera liquida. Ci sono delle nuvole viola. Faccio il giro della spirale e su di essa ci sono delle impronte, come se qualcuno avesse toccato per terra e fatto le impronte, le prime sono normali, quelle verso la fine sono strisciate, come se avesse iniziato a correre (esplora il luogo in cui ti trovi) camminando mi accorgo che il pavimento va sempre più giù … non sento niente, sono nel nero di vernice, persa, smarrita (c’è un modo per uscire?) vicino a me c’è una barca a vela (prova a salirci) vado via da lì, metto in moto, si spruzza vernice nera ovunque, vado avanti ma va molto piano, il mare di vernice continua, ci sono degli oggetti che galleggiano: un calamaio ed un pennino giganti, sono come sculture, belle, ma enormi. Passo vicino agli oggetti, c’è una scatola rossa e oro, la prendo perché è delle giuste dimensioni, la apro e dentro ci trovo un carillon con uno specchietto, ai lati ha dei cassettini con dentro degli anelli e dei fiori (guardarsi nello specchio) mi vedo come non mi voglio vedere, non vorrei apparire così, come imbronciata… però ora la mia espressione cambia, gli occhi sono più vivi: sono contenta di rivedermi! Ora il mare è improvvisamente di acqua, ci sono le stelle, un vento piacevole, spiego le vele e mi lascio cullare dal dondolio della barca.”

Questa imagerie rappresenta uno stato depressivo caratterizzato dalla sensazione di essere travolta (la spirale), dalla percezione di essere in un luogo pericoloso in cui si è intrappolati (la vernice) ed è impossibile muoversi. T. trova la risorsa della barca per muoversi, ma la vera trasformazione si ha nel momento in cui trova il carillon e lo specchio: quest’ultimo funge da soddisfacimento del bisogno di rispecchiamento che le dà coesione (il tema dello specchio come elemento di coesione ritorna spesso nelle imagerie di T.). È solo da quel momento che il mare non è più di vernice e può godersi il dondolio e il vento, contemporaneamente ritrova anche le sensazioni corporee. Si pone in particolare evidenza in questa imagerie la corrispondenza tra l’ICI e lo Scenario, ovvero, nel momento in cui T. ritrova coesione grazie allo specchio lo scenario cambia assumendo connotazioni positive e permettendo una partecipazione e immedesimazione completa a sensazioni cenestesiche positive. Nel libro Inconscio e Personalità (1982) Rigo descrive questo rapporto di reciproca interdipendenza tra l’ICI e lo Scenario e come fra questi possa avvenire un interscambio di energia psichica durante il processo terapeutico con l’ITP.

 

La sequenza delle imageries trascritte evidenzia un’evoluzione di T. nella possibilità di affrontare ed elaborare il proprio vissuto depressivo, ciò è reso possibile dal rafforzamento e risanamento dell’ICI avvenuto nella fase ristrutturante, che permette di affrontare la fase conflittuale attivando le risorse del soggetto in modo creativo e direzionato al superamento della sintomatologia depressiva.

L’esperienza con l’ITP, scrive Rigo (1982), corrisponde all’esperienza del proprio mondo interno attraverso un’introspezione approfondita ed allargata, che avviene in un particolare stato di coscienza, relativo a sequenze immaginative, e che viene verbalizzata, mentre è vissuta, allo psicoterapeuta. Avendo la personalità umana la capacità di autorappresentarsi in modo simbolico è evidente che l’unicità di ciascuno emerga in una condizione terapeutica che permetta una libera espressione delle immagini simboliche.

Hillman (1996) sostiene che l’anima trae origine da un’immagine ed è concepita sottoforma di immagine. L’Immaginario ci offre così la possibilità di affrontare una realtà in divenire, di uscire dal campo del conosciuto, e utilizzarlo significa darsi mezzi nuovi per crescere, raggiungere i propri obiettivi, far emergere il proprio Sé reale: «liberando l’immaginazione perfino i gemelli identici si liberano dallo loro identicità» (Ibidem, pag. 190).

 

Bibliografia.

Hillman J. (1997), Il codice dell’anima, Adelphi edizioni, Milano.

Gabbard G.O. (2007), Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina Editore, Milano.

Rigo L. (1976), Persona e Psicologia del profondo Rubrica III, «Il Fuoco», 24, 4.

Rigo L. (1977), Glossario dell’I.T.P., Supplemento a Maya n. 10, Treviso.

Rigo L. (1982), Inconscio e personalità, Edizioni Il Fuoco, Roma.