GRUPPO ITP per l’intervento sul trauma da Covid 19

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Psicoterapia con l’ITPSilvano Secco

La consapevolezza del Covid 19 ha due facce.

 

La consapevolezza dei fenomeni, anche quella che ruota attorno alla pandemia determinata dal Covid 19 avviene attraverso due modalità del funzionamento del nostro sistema complesso mente/corpo. Una forma di coscienza guidata dalle scoperte di tipo scientifico e una forma si consapevolezza più profonda, che si origina dalle sensazioni ed emozioni, ovvero dai territori dell’Immaginario e dell’Inconscio. Questi territori, forse[1], si devono incontrare, integrare e procedere parallelamente nutrendosi reciprocamente; ma non è detto che sia così.

Per far comprendere come i due livelli partecipino, a modo loro seguendo cioè una propria logica, riporto come esempio quello che è successo a me alcune settimane fa. Avevo partecipato a un Corso Fad organizzato dall’Istituto Superiore della Sanità molto ben strutturato che offriva delle conoscenze approfondite relative agli aspetti legislativi, biologici, sanitari collegati al COVID 19. Dopo aver concluso il Corso, all’incirca verso le ore 21, durante la notte ebbi un sogno. Nel sogno correvo in bicicletta lungo un rettilineo, mi precedevano una bambina e un bambino, quest’ultimo eseguiva delle acrobazie, entrando e uscendo da un fossato alla nostra destra, motivo per il quale decisi di superarli. Una volta superati vidi nel prato che si estendeva alla mia destra un leone maschio, preciso nelle sue forme e colori. Provai spavento e così accelerai, controllando però ogni tanto che il leone non avesse raggiunto i due bambini. Arrivato ad un incrocio con semaforo rosso decisi di passare lo stesso e, una volta superato, mi fermai per chiamare la polizia con il cellulare. Mi svegliai un po’ confuso e così decisi di riaddormentarmi e riprendere il sonno seguendo la tecnica del sogno lucido e fu così che rincontrai il leone, avevo il suo gran muso di fronte e ci guardammo. Ne seguì un breve dialogo silenzioso, tra me e il leone, che si accompagnò ad una sensazione di reciproca conoscenza, priva di quella sensazione iniziale di paura. Al risveglio mi si presentò spontaneamente la soluzione, nel sogno avevo acquisito una forma di consapevolezza immaginativa del fenomeno COVID 19.

 

Il fenomeno COVID 19 e alcune variabili.

 

Una situazione traumatica, se consideriamo la variabile tempo, può essere suddivisa in un momento zero, che equivale al momento di iniziale esposizione al trauma, subito dopo, a distanza di ore e giorni dal momento zero, vi è il momento Peritraumatico[2] che, nel caso del COVID, è molto esteso e amplificato. Se consideriamo gli studi relativi alle Sindromi Post Traumatiche da Stress, mano a mano che ci si allontana dal periodo Peritraumatico, dopo quindi alcuni mesi, troviamo il periodo Post traumatico, ovvero la trasformazione dei sintomi acuti in sintomi permanenti e la fissazione delle memorie dell’evento in memorie sensoriali e in immagini, entrambe ripetitive, che la persona può sperimentare in vari momenti della giornata o durante la notte, nei sogni o negli incubi che attivano il risveglio. Occorre una preparazione specifica degli psicoterapeuti per riuscire ad intervenire nel processo di cura da eventi traumatici o fortemente stressanti, che si modula e si adatta a queste tre fasi.

L’intervento degli psicoterapeuti ITP, che utilizzano quindi una tecnica specifica, a cui mi riferisco in questo lavoro, si indirizza per lo più alla terza fase. Nella terza fase la sofferenza, i sintomi possono strutturarsi in un Disturbo Postraumatico, che può avere diverse manifestazioni, descritte in parte nel DSM 5.

Con riferimento all’attuale situazione di pandemia COVID 19 tra le varie descrizioni ed etichette, quella più cogente, forse, è quella denominata come Trauma complesso proprio perché la situazione di stress/trauma è maturata all’interno dei limiti spaziali imposti dalla quarantena, e quindi dall’obbligo prescritto, di rimanere chiusi all’interno del proprio nucleo famigliare o gruppo di lavoro, della propria casa.

Ciascun individuo manifesta delle reazioni alla situazione determinata dal COVID 19 in base al tempo e allo spazio di esposizione. Ad esempio gli infermieri e medici che lavorano nei reparti hanno dei meccanismi di difesa psicologici molto semplici e primitivi rispetto a chi è lontano da questi focolai della pandemia dove si lotta con la morte. Questi operatori sanitari sono molto più a rischio poiché il contatto diretto con il virus, con questo tipo di morte e con i bisogni particolari dei pazienti, quali ad esempio la fame di ossigeno, li sottopone ad una pressione relazionale estrema, che come tale provoca stress/trauma[3]. Questa situazione pandemica per i viventi non è una situazione di trauma in cui subiscono una lesione oggettiva simile ad esempio ad una trave che cade sulla loro testa, bensì è un trauma da esposizione, un trauma vicariante. In questi reparti ospedalieri la visione della morte di un altro essere umano con la sua sofferenza, il senso di impotenza rispetto alla richiesta d’aiuto, è attivatrice di stress traumatico.

Altre variabili da prendere in considerazione che condizionano le reazioni psicologiche degli individui alle situazioni traumatiche è l’ambito dei legami emotivi relazionali, sono la modalità di appartenenza a gruppo o per contro l’isolamento individuale, il tipo di gruppo di riferimento quali ad esempio la famiglia o il gruppo di lavoro se pensiamo agli infermieri o il gruppo di amici se facciamo riferimento agli adolescenti. Questa considerazione ci permette di individuare dei target di soggetti più o meno a rischio, e quindi individuare una possibile fascia di persone altamente a rischio che meritano la nostra attenzione come psicoterapeuti.

Altri rischi e condizioni attivatrici stati di sofferenza e di stress sono gli effetti economico e sociali determinati dal COVID 19. Quali saranno le ricadute sulle singole persone che perderanno il posto di lavoro e sulle categorie[4] di professionisti che perderanno i capitali investiti in attività di artigianato, piccole imprese? Abbiamo già vissuto una situazione simile con la crisi economica del 2007-2009 determinata dalla crollo finanziario avvenuto negli Stati Uniti nel 2006. L’esito attuale determinato da COVID 19 probabilmente non sarà solo quello di una recessione, ma di una depressione globale e questo comporterà delle conseguenze sul piano personale e sul piano sociale nella sua globalità. Anche per tal motivo il percorso Formativo che abbiamo pensato prevede l’approfondimento conoscitivo di questa area.

In ogni situazione traumatica o gravemente stressante, mano a mano che ci si allontana dal momento zero iniziale di contatto con l’evento o big bang e dal periodo peritraumatico, anche le strategie psicologiche d’intervento sono sostanzialmente diverse, così anche gli obiettivi saranno distinti. Vedremo e approfondiremo che, all’inizio, sono da privilegiare strategie di tipo preventivo, come la decompressione e, successivamente con gradualità, le tecniche di defusing, di debriefing e infine, durante il periodo post traumatico, con le persone che hanno un disturbo vero e proprio le tecniche specifiche di tipo psicoterapico breve come l’ITP, l’EMDR, la Sensorimotor Therapy . Tutte queste tecniche hanno elementi strategici e concettuali alcune volte simili, ma anche diversi, ragione per cui ritengo che, per quanto riguarda la tecnica ITP occorra un approfondimento, una ripresa di concetti e tipi di interventi specifici.

Vedremo in questo scritto come intervenire con gradualità, quali strategie specifiche utilizzare adoperando nello specifico le tecniche derivate dall’ITP. La prima parte sarà dedicata alla comprensione degli aspetti psicologici collegati a questo fenomeno traumatico e stressante unico nel suo genere che è il Covid 19, poiché questa è la prima pandemia che ha coinvolto tutte le Nazioni e si è espanso da un epicentro, Wuhan’s South China Seafood City market, a tutte le Nazioni. È una situazione non localizzata in una Nazione o Continente, bensì ha abbracciato tutto il globo con una velocità di contagio graduale particolare; dimostrando come nella situazione di globalizzazione i virus non rispettano i confini politici tracciati dagli uomini[5].

Nella situazione determinatasi con il Covid 19, diversamente dalle altre situazioni di trauma oggettivo come ad esempio un terremoto, uno tsunami  o un abuso, non sembra esservi un momento big bang, bensì la situazione stressante viene spalmata in un tempo molto esteso da fonti stressogene diverse, come ad esempio l’invisibilità della causa, l’utilizzo distorto dei mass media che trova la sua massima espressione nelle fake news di cui è interessante approfondire qui non tanto l’aspetto sociopolitico, quanto quello psicologico perché lo ritroveremo a vari livelli con i bambini così come con gli adulti o gli anziani.

Anche la tipologia di sintomi psicologici in questa situazione Covid 19 è simile, ma anche diversa, rispetto alle altre situazioni di stress trauma che sono state sperimentate nelle catastrofi naturali, come ad esempio un terremoto, uno tsunami. I sintomi qui sono più subdoli e nascosti, che possono essere rintracciabili dai professionisti, che comunque si sono specializzati con corsi di formazione o con interventi sul campo. Ad esempio il disorientamento spazio temporale tipico nel momento zero o peritraumatico è presente anche nelle persone che vivono la situazione del Covid 19, ma si manifesta con comportamenti più blandi come ad esempio le dimenticanze, una sensazione sottile di modificazione della percezione del tempo determinata certamente dalla regola della quarantena. Tutto questo richiede delle forme psicoeducazionali utili sia per far defluire gli stati d’ansia e sia per aiutare le persone a trovare delle modalità nuove di riorganizzazione delle dimensioni tempo e spazio personali.

 

La molteplicità delle sorgenti di stress.

 

Le fonti di stress o trauma, nella situazione del Covid 19, sono molteplici e non vi è quindi un’unica causa nel big bang come ad esempio nel terremoto, quando la causa scatenante è il movimento tellurico e la distruzione o Trauma T, che si può reiterare certamente con le scosse di assestamento o trauma t.

Certamente, per quanto riguarda i bambini è sempre molto importante il tipo di risposta che uno dei genitori o entrambi possono o non possono mettere in azione con il loro comportamento di protezione o per contro di vuoto nel sostegno. Nei bambini quindi il fenomeno è più complesso poiché tocca anche l’elemento legame con il caregiver.

Le sorgenti dello stress, nella situazione della quarantena utilizzata per fronteggiare il virus SARS Covid 2, sono molteplici e alcune volte tanto silenti quanto subdole:

  • il virus SARS Covid 2, come nemico invisibile, che mobilita la paura specifica dell’untore,
  • la prolificazione di molte fonti di trasmissione delle notizie, linfodemia,
  • la produzione endemica delle fake news,
  • le modalità di reazione dei caregiver e la messa in gioco, in particolare durante la quarantena, del legame d’attaccamento,
  • l’attacco inevitabile contro un aspetto specifico del legame di attaccamento, che è la vicinanza fisica, difficile da comprendere per un bambino piccolo,
  • la formazione di paure specifiche che vengono trasmesse sempre per il tramite delle relazioni sociali,
  • la mancanza o restrizione degli spazi prossemici all’interno della casa dove si vive la quarantena,
  • la mancanza di uno spazio sicuro o rifugio personalizzato.

 

Il periodo peritraumatico.

 

Il periodo peritraumatico, nel Covid 19, con la sua intensità ed estensione spazio-tempo, sembra sostituire il big bang dell’istante o punto zero iniziale delle situazioni tipicamente catastrofiche e possedere delle caratteristiche psico relazionali ed emotive specifiche. Assume così una valenza del tutto particolare

Nel caso degli anziani durante questa pandemia vi è stata una scissione grave dei legami con i propri famigliari, mentre nei contesti di degenza questi legami famigliari sono stati forzatamente sostituiti con le presenze degli infermieri, OSS, medici.

Le risposte peritraumatiche sono quelle vissute dalla vittima durante l’esposizione all’evento zero. Tali risposte definiscono, in parte, se l’evento debba essere considerato o meno traumatico. Gli studi, quello ad esempio di Brunet et al. 2001[6], suggeriscono che la gravità, l’entità e la complessità, di queste risposte è un buon indicatore del rischio di sviluppare o non sviluppare un Disturbo post traumatico da stress. Quindi può essere utile, se si volesse fare un triage dei soggetti che hanno bisogno di maggiore assistenza da parte dei professionisti della salute mentale, porre delle precise domande su come hanno reagito in questi momenti iniziali di esposizione. A tal proposito nell’ambito del nostro percorso di formazione interno alla Scuola ITP una collega ha redatto una scheda di raccolta anamnestica specifica.

Alcuni studi hanno rilevato che la dissociazione peritraumatica è un predittore del Disturbo post traumatico da stress migliore rispetto alle caratteristiche oggettive del trauma. E’ stato proposto che l’arousal ansioso peritraumatico aumenta la memoria correlata al trauma e sensibilizza i sistemi neurobiologici implicati nella patogenesi del Disturbo post traumatico da stress (Andrews et al 2003[7]).

 

Zero to three DC: 05.

 

In questo manuale, nella sua prima forma pubblicata con il nome Zero to three, che si è poi evoluta in DC:05, si affermava che la prima area da indagare nella valutazione di un bambino era la possibile esistenza di un trauma subito.

Ritengo comunque di maggior interesse la definizione di Trauma complesso che vedremo più avanti.

 

DSM 5, i Disturbi correlati a trauma e stress.

 

Dovremmo puntualizzare, specificando che l’esito da esposizione ad una situazione traumatica stressante non è solo il Disturbo post traumatico da stress (PTSD). Il DSM-5 dedica un capitolo che chiama “Disturbi correlati a trauma e stress“. Tutti questi disturbi sono contraddistinti dall’aver vissuto, in prima persona, un trauma con la comparsa di sintomi emotivi e comportamentali clinicamente significativi.

All’interno della categoria Disturbi correlati a trauma e stress troviamo:

  • il disturbo da stress acuto,
  • il disturbo reattivo da attaccamento,
  • il disturbo da impegno sociale disinibito,
  • il disturbo post-traumatico da stress
  • i disturbi da adattamento.

Disturbo acuto da stress

 

Il disturbo acuto da stress lo possiamo trovare proprio nella fase peritraumatica e fa parte dei disturbi correlati a stress, il permanere dei sintomi e la loro trasformazione provoca una delle precedenti sindromi che abbiamo descritto. Nello specifico questi sintomi si presentano al massimo dopo 3 giorni dall’evento traumatico ed entro e non oltre il primo mese dopo l’evento.

La differenza sostanziale tra Disturbo acuto da stress e Disturbo post traumatico da stress (PTSD) è relativa al tempo di durata del disturbo. Se questi sintomi sono presenti fino ad un mese dopo l’evento traumatico allora si parla di Disturbo da stress acuto, quando invece si supera il mese e i sintomi continuano ad essere presenti è di PTSD.

Per soddisfare i criteri per la diagnosi, i pazienti devono essere stati esposti direttamente o indirettamente a un evento traumatico, e presentare ≥ 9 dei seguenti disturbi per un periodo di 3 giorni fino a 1 mese:

  • Ricorrente, involontario, e invadente ricordo angosciante dell’evento
  • Sogni inquietanti ricorrenti riguardo ad alcuni eventi
  • Reazioni dissociative (p. es., allucinazione) in cui i pazienti si sentono come se l’evento traumatico è ricorrente
  • Sofferenza psicologica o fisiologica intensa quando ricorda l’evento (p. es., entrando in un posto simile, con suoni simili a quelli uditi durante l’evento)
  • Persistente incapacità di provare emozioni positive (p. es., felicità, soddisfazione, sentimenti di amore)
  • Un senso alterato della realtà (p. es., sentirsi in uno stato confusionale, rallentamento del tempo, percezioni alterate)
  • Impossibilità di ricordare una parte importante dell’evento traumatico
  • Sforzi per evitare angoscianti ricordi, pensieri o sentimenti associati con l’evento
  • Sforzi per evitare sollecitazioni esterne (persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti, situazioni) associate all’evento
  • Disturbi del sonno
  • Irritabilità o scoppi d’ira
  • Ipervigilanza
  • Difficoltà di concentrazione
  • Esagerata risposta di allarme

 

Disturbo reattivo da attaccamento.

 

Il Disturbo reattivo da attaccamento è un disturbo che interessa in particolare i bambini ed è caratterizzato da schemi di comportamento e di attaccamento marcatamente disfunzionali e inadeguati. Nello specifico i bambini che soffrono del Disturbo reattivo da attaccamento mostrano scarsa interazione con i caregiver di riferimento ed evitano di cercali nei momenti di bisogno quali la necessità di conforto, nutrimento o protezione, anche quando questi cercano di consolarli.

Le manifestazioni emotive positive nell’interazione con le figure di riferimento sono poche o assenti, mentre sono sostituite da eccessiva irritabilità, tristezza, paura, ritiro dagli scambi.

Per poter fare diagnosi è necessario che il bambino abbia sviluppato la capacità di sviluppare legami selettivi. Per questo non si può fare diagnosi di Disturbo reattivo da attaccamento prima del nono mese di età. Fase che Melania Klein aveva chiamato “posizione depressiva”

 

Disturbo da impegno sociale disinibito.

 

Il Disturbo da impegno sociale disinibito è un disturbo presente anche questo nei bambini ed è caratterizzato da comportamenti eccessivamente familiari con persone estranee, di eccessiva confidenza con adulti estranei e non conosciuti e non mostrano alcuna riluttanza ad allontanarsi con loro, staccandosi dai genitori, violando così le normali norme sociali in cui il bambino è inserito.

Per poter fare diagnosi di disturbo da impegno sociale disinibito è necessario che il bambino abbia sviluppato la capacità di sviluppare attaccamenti selettivi. Per questo non si può fare diagnosi non prima del nono mese di età.

Il legame tipico tra bambino e genitore in queste situazioni è stato definito da Ainsworth con il termine “legame disorganizzato”.

 

Disturbo post traumatico da stress (PTSD).

 

Il PTSD è un disturbo caratterizzato dalla presenza di sintomi specifici che variano da persona a persona, in alcuni dominano i sintomi emotivi collegati alla paura, in altri l’anedonia, la disforia e i collegati pensieri disfunzionali negativi. In altri dominano i sintomi dissociativi, mentre in altri vi può essere la combinazione di tutti questi sintomi.

Per poter far diagnosi di Disturbo da stress post-traumatico il DSM-5, il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, propone alcuni criteri che guidano il clinico nell’iter diagnostico. I criteri del DSM-5 per il PTSD riguardano sia adulti, sia adolescenti che bambini sopra i 6 anni. Sotto i 6 anni i criteri diagnostici cambiano.

I criteri del DSM-5 per il disturbo da stress post-traumatico sono:

A. Essere esposti ad un evento traumatico che ha messo in pericolo la propria vita, oppure un grave infortunio o un abuso sessuale in uno dei seguenti modi:

  1. Avere fatto una esperienza traumatica diretta
  2. Avere assistito ad una esperienza traumatica di qualcun altro
  3. Essere venuto a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un familiare o ad un amico
  4. Essere esposti più volte o in modo estremo a dettagli sgradevoli di un evento traumatico (questo criterio non si applica ad eventi o dettagli conosciuti attraverso televisioni, giornali o altro media)

B. La presenza di uno o più tra i seguenti sintomi intrusivi:

  1. Ricorrenti, involontarie ed intrusive memorie disturbanti dell’evento traumatico
  2. Ricorrenti incubi in cui il contenuto è legato al trauma
  3. Reazioni dissociative (come i flashback) che portano il soggetto a sentire e comportarsi come se stessero rivivendo il trauma
  4. Stati intensi e prolungati di disagio psicologico che si attivano da stimoli interni o esterni (ad esempio sentendo un particolare odore) che sono collegate al trauma
  5. Reazioni fisiologiche marcate che si attivano da stimoli interni o esterni collegati al trauma

C. Evitamento costante di stimoli associati agli eventi traumatici. Tale evitamento deve essere iniziato a seguito dell’evento traumatico e può essere di due tipo:

  1. Evitamento o sforzi per evitare ricordi, pensieri o sensazioni collegate all’evento traumatico.
  2. Evitamento o sforzi per evitare persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni che ricordano l’evento traumatico e che scatenano pensieri, ricordi e sensazioni sgradevoli.

D. Alterazioni nel pensiero o nell’umore che iniziano o peggiorano a seguito dell’evento traumatico. Per soddisfare il criterio sono necessari almeno due sintomi tra questi indicati:

  1. Incapacità a ricordare un aspetto importante del trauma.
  2. Pensieri e credenze esageratamente negative e persistenti che riguardano se stessi, gli altri e il mondo.
  3. Persistenti cognizioni distorte sulle cause e le conseguenze dell’evento traumatico che portano l’individuo ad incolparsi dell’accaduto.
  4. Uno stato emotivo negativo persistente (ad es. costante sensazione di colpa, vergogna, ansia, terrore)
  5. Marcata diminuzione di interessi e partecipazione alle attività quotidiane
  6. Sensazione di distacco o straniamento dagli altri.
  7. Persistente incapacità a sentire emozioni positive

E. Marcate alterazioni nell’arousal e nella reattività associati all’evento traumatico che iniziano o peggiorano dopo l’evento traumatico. Sono necessari almeno due dei seguenti sintomi:

  1. Umore irritabile e scatti di rabbia espressi con aggressioni verbali o fisiche verso oggetti o persone
  2. Comportamenti spericolati o auto-distruttivi
  3. Ipervigilanza
  4. Reazioni di trasalimento esagerate
  5. Problemi di concentrazione
  6. Disturbi del sonno

F. Tutti i criteri (A, B, C, D ed E) devono essere presenti da almeno un mese.

G. Il disturbo deve causare un significativo disagio o disabilità in ambito sociale, lavorativo in altre importanti aree del funzionamento.

H. Il disturbo non è attribuibile all’uso di sostanze o farmaci o altra condizione medica.

Inoltre la diagnosi di disturbo da stress post-traumatico può essere meglio specificata se sono presenti depersonalizzazione e derealizzazione. La depersonalizzazione è la costante sensazione di non essere in contatto con se stessi, come se ci si guardasse da fuori (ad esempio avere un alterato senso del sé o del proprio corpo). La derealizzazione invece è la sensazione di irrealtà del mondo circostante, come se ciò che viene percepito fosse irreale, distante o distorto.

 

Disturbo da adattamento

 

Il Disturbo da adattamento fa parte del capitolo dei disturbi correlati a trauma e stress ed è caratterizzato da sintomi emotivi e comportamentali in risposta a un identificabile evento stressante. Il disturbo può essere legato ad un singolo evento (ad esempio la fine di una relazione sentimentale) oppure ad una serie di eventi stressanti.

Gli eventi stressanti possono essere ricorrenti (ad esempio legate a momenti di crisi all’interno di una relazione sentimentale) o continui (ad esempio la scoperta di una malattia grave). Gli eventi stressanti possono riguardare il singolo, una famiglia o un’intera comunità.

In caso di lutti il disturbo da adattamento può essere diagnosticato quando le reazioni emotive e comportamentali sono considerate eccessive e sproporzionate per intensità, qualità e persistenza.

 

Il Covid 19 e l’effetto di traumi cumulativi.

La situazione del Covid 19 può essere considerata una situazione in cui si sono attivate più fonti di stress, non solo il fattore scatenante la pandemia, ovvero il virus in sé, ma i suoi effetti da un punto di vista fenomenologico, poiché il virus in sé è invisibile agli occhi e i suoi effetti sono tanto silenti quanto per alcune persone sono mortali.

La teoria polivagale di Porges[8] ben si adatta alla situazione che si è determinata con il Covid 19. La teoria polivagale viene descritta e chiamata in causa per spiegare come la drammatica disregolazione neurovegetativa sia una conseguenza diretta della cronica attivazione del sistema di difesa come effetto di traumi cumulativi. Il sistema neurovegetativo è formato da sottosistemi che si attivano in maniera gerarchica di fronte alle sfide ambientali.

In una ricerca attuata presso l’ospedale Gaslini di Genova si è dimostrato come la presenza di disturbi psichici pregressi determini un innalzamento statisticamente significativo dei disturbi psichici causati da Covid.

Fenomenologia del Covid 19.

 

Penso si possa ben usare il lessico e l’osservazione di tipo fenomenologico per descrivere alcuni aspetti relativi a quello che sta determinando il Covid 19.

Una delle caratteristiche ben descrivibile con il lessico fenomenologico è la figura dell’untore e tutti noi possiamo esserlo agli occhi di ciascuno, basta uscire a far la spesa e osservare come le persone si guardano e si muovono controllandosi vicendevolmente. Le persone usano inconsapevolmente uno sguardo sbieco, indagatore, sfuggente che contiene elementi di tipo persecutorio. A questo sguardo sbieco si associa una postura particolare del corpo, dove il corpo si incurva e si ritrae, come se la vicinanza, che vicinanza non è, perché di fatto c’è distanza di circa uno o due metri, già produce delle incisioni sull’immagine del corpo dell’altro.

Un’altra caratteristica fenomenologica esemplificativa è la modificazione del senso del tempo e dello spazio, con forme particolari di disorientamento. Il senso del futuro in particolare appare modificato da una sensazione di pericolosità, di insidia mortuaria.

Anche i meccanismi della memoria sono disturbati e ci preoccupano perché vengono interpretati come forme iniziali di demenza.

 

Le fake news.

 

Le fake news sono gli articoli prodotti dai mass media e social, che contengono informazioni false, inventate che hanno come obiettivo nascosto di ingannare o distorcere le verità contenute anche nelle notizie più semplici o complesse. L’obiettivo è quello di creare disinformazione, ma soprattutto confusione che crea un danno cognitivo ed emotivo nelle persone che però, di fatto, ne sembrano attratte e inconsapevolmente le cercano.

Interessante quello che dice Marc Bloch[9] nel libro La guerra e le false notizie: una falsa notizia è solo apparentemente fortuita, o meglio, tutto ciò che vi è di fortuito è l’incidente iniziale che fa scattare l’immaginazione; ma questo procedimento ha luogo solo perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento.

Qual è la funzione della bugia e della menzogna da un punto di vista psicologico?

Cercheremo di prender spunto dalla favola di Pinocchio dove, di fatto, si inizia con una grande menzogna e si prosegue raccontando come sarà il burattino che si prenderà cura del padre. L’inizio, e la correlata menzogna, corrisponde al grande desiderio del padre di generare un bambino da solo. Questo corrisponde appunto ad una bugia.

Ma che cos’è una bugia? Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo evidenziare come una bugia contenga due elementi:

  1. Un desiderio difficilmente esprimibile, stentatamente concretizzabile.
  2. Una funzione di ponte tra una emozione e un pensiero che ha difficoltà a raggiungere una rappresentazione.

Il padre nella storia di Pinocchio desidera ardentemente avere un bambino vero, nel senso di crearlo come fa una madre e poi avvicinarlo alla vita, al senso della realtà, mediante un avvicinamento graduale ai doveri. Risulterà impossibile farlo da solo e qualsiasi gesto del falegname sia di creazione di un bambino vero con i suoi scalpelli e seghe, sia con gesti di cura con la sua pietà.

In sintesi il substrato psicologico soggettivo inconscio, presente in molte persone esposte allo stress emotivo, è l’esistenza di uno stato di bisogno primitivo di forme di comunicazione simili alle bugie, alle menzogne. Questo avviene perché la realtà e la verità sono difficilmente avvicinabili dalla normale coscienza, in particolare per questa realtà del COVID 19. È come se vi fosse la necessità della integrazione tra uno stato di co-scienza ed una dimensione inconscia come ho accennato in premessa.

 

Lo spazio e il tempo.

 

Nelle esperienze di trauma oggettivo le dimensioni spazio e tempo vengono alterate dal senso disorientamento. Nella situazione del Covid uno dei fattori che spaventa è il futuro, l’indeterminatezza del futuro, l’indeterminatezza di una progettualità rivolta al futuro.

Per tal motivo le persone dovrebbero essere aiutate a riorientarsi partendo dal prestare attenzione al momento presente insito in ogni nostra azione. Ricordiamo a tal proposito la locuzione latina Carpe diem[10] che dovrebbe essere tradotta con cogli il giorno. Nella sua filosofia Orazio sostiene che all’uomo non è concesso conoscere il futuro e nemmeno determinarlo.

Ancora Orazio afferma: Mentre parliamo il tempo è già in fuga, come se provasse invidia di noi. Afferra la giornata sperando il meno possibile nel domani.

Ecco, in un certo qual senso la situazione che siamo costretti a vivere ci sta imponendo di apprezzare e vivere i momenti della giornata, con la consapevolezza che questo è l’importante, anche per poter costruire il futuro. Vivere il momento con e nella mia presenza e non il pensiero rivolto a cosa farò domani.

 

La didattica parentale.

 

La didattica scolastica è stata parzialmente sostituita con una didattica parentale che, se per un verso ha aumentato i conflitti tra genitore e figlio, per un altro verso, ha reso i genitori creativi nella loro attività.

 

La paura del contagio.

 

La paura del contagio si declina in varie figure, quella più famosa è incarnata dall’untore. Per chi ha un retroterra di tipo ossessivo o ipocondriaco possono prender vita in maniera vigorosa immagini di contagio tra le più svariate, come ad esempio l’attacco delle formiche, la polvere nera.

 

La paura della morte in solitudine.

 

Lo dicono anche gli infermieri che sono “abituati” a veder morire le persone, in queste morti da SARS CoV2 è diverso, poiché il coinvolgimento è diverso. In queste morti le persone coinvolgono il professionista e chiedono in un modo o nell’altro all’infermiere di sostituire i propri parenti.

 

Il trauma complesso e il Covid 19.

 

Per le persone che stanno vivendo l’esperienza della quarantena adottata dl Governo coadiuvato dai tecnici per contrastare gli da SARS CoV 2  può (o non può) determinare la formazione di una sindrome psicologica specifica da trauma e stress che a sua volta può esordire in varie forme sindromiche, così come sono classificate del DSM 5. L’impatto dovrebbe poi trovare delle sue declinazioni anche in base alle diverse strutture di personalità e quadri patologici preesistenti.

La descrizione che più si avvicina nel DSM 5 è quella contenuta nella classificazione del Disturbo di adattamento anche se, di fatto, vi sono delle componenti che appartengono anche ad altre classificazioni.

Il quadro sindromico relativo al PTSD (Sindrome Post Traumatica da Stress) appare oltremodo interessante soprattutto per gli aspetti inerenti gli studi sul piano biologico, ovvero degli effetti evidenti a livello cerebrale e non solo. Lo stesso dicasi per quanto concerne il termine stress.

Forse la forma sindromica più specifica che riguarda le reazioni e gli effetti da Covid 19 si può chiamare Trauma complesso. Questo sostanzialmente per due motivi:

1)sono traumi ripetuti o lo stress è prolungato nel tempo

2)i traumi/stress si verificano per lo più all’interno dell’ambiente famigliare, poiché i bambini ed  i genitori sono stati costretti in legami di vicinanza per un tempo prolungato.

Anche rispetto al legame di coppia, in particolare dove già prima del Covid 19 esisteva una conflittualità, la situazione della quarantena ha esacerbato gli animi e le tensioni.

In questa situazione di quarantena la situazione traumatica o stress è stata vissuta all’interno del contesto famiglia e questo ha determinato una pressione specifica eccessiva sul legame di attaccamento. Questa azione sul legame d’attaccamento determina delle possibilità opposte:

  • Il rafforzamento del legame.
  • La ri-sperimentazione del legame con possibilità di un suo recupero, rifacimento, ristrutturazione, cura, riparazione.
  • L’ulteriore frattura del legame.
  • Un effetto di stringimento, di oppressione da legame di tipo simbiotico

Dai colloqui telefonici effettuati con le persone in quarantena eseguiti in questo lungo periodo peritraumatico da Covid 19, in particolare con riferimento alla parte iniziale e successiva della telefonata, ho ascoltato genitori che  descrivevano una situazione generale di apparente calma dei bambini e dei nuclei famigliari, in particolare quelli esenti da gravi conflittualità nella coppia genitoriale.

Facendo però, durante le telefonate, in particolare verso la conclusione della telefonata, delle domande più precise,  i genitori alcune volte descrivevano dei lievi disturbi, che potevano essere interpretati come manifestazioni dello stato di stress o disagio da parte del bambino:

  • disturbo del sonno sia nell’addormentamento e sia con risvegli notturni
  • disturbo al mattino, nel risveglio dal periodo del sonno con manifestazione di paure
  • manifestazione di paure specifiche quali ad esempio la paura della morte di uno dei genitori, la paura dell’untore
  • disturbi di regolazione delle emozioni e manifestazione di stati ansiosi
  • disturbi della regolazione del comportamento

In una ricerca dell’Ospedale Gaslini di Genova sono stati riscontrati i sintomi più frequenti nelle varie fasce d’età.

Viene definito Trauma complesso  (o Complex PTSD) quell’insieme di sintomi che esitano da traumi cumulativi interpersonali vissuti nel corso dello sviluppo all’interno del contesto dei legami con i caregiver di riferimento: storie di abuso e maltrattamento ripetuto in famiglia, grave trascuratezza e abbandono, condizioni di tortura o prigionia, guerre e migrazioni forzate. 

Quando la persona non può sottrarsi alla minaccia, per molto tempo, e quando la minaccia avviene all’interno della famiglia da cui si deve continuare a dipendere per sopravvivere, la psiche mette in campo strategie più intense per superare il paradosso e lo stato pervasivo di paura: si parla qui di traumatizzazione cronica e non più di singolo evento traumatico.

Disturbo da stress post traumatico complesso.

Nel Disturbo da stress post traumatico complesso vengono menzionate queste caratteristiche:

  • ricordi traumatici memorizzati in modo disfunzionale che portano nell’adulto a modelli di attaccamento insicuro disorganizzato, incistati per lo più a livello sensoriale
  • difese psicologiche di evitamento e comportamenti di dipendenza
  • difese basate sulla idealizzazione di immagini positive dei caregiver o di sé nel caso di soggetti narcisistici
  • difese basate sulla vergogna e grave senso di colpa
  • struttura di personalità dissociativa, con divisione della personalità in parti separate
  • disturbi nella regolazione delle emozioni e degli affetti

La sindrome del guscio.

 

Parlo di sindrome del guscio partendo dai racconti dei pazienti adulti e dei genitori di bambini che conosciamo e aiutiamo. Alcuni pazienti e bambini durante il lungo periodo della quarantena è come se avessero co-costruito un guscio protettivo. Scrivo co-costruito sia perché a questa costruzione hanno partecipato più persone per cui i legami si sono rinforzati e anche perché in alcune situazioni il guscio si è creato ex novo sempre in forma compartecipata tra bambino e famiglia.

Qual è la conseguenza? La conseguenza è la difficoltà ad uscire da questo guscio, la difficoltà a staccarsi dall’ambiente famigliare e dalle figure che hanno partecipato a questa co-costruzione. Questo avviene ex novo, e anche nei bambini e negli adulti che già prima del Covid 19 avevano delle problematiche di separazione, individuazione, dipendenza, con le classiche sintomatologie e tra queste in particolare le crisi di panico, la difficoltà a regolare le emozioni.

Le soluzioni possono essere trovate su un piano per così dire psicoeducazionale e su un altro livello di tipo psicoterapico. Sul piano psicoeducazionale si tratta di spiegare al paziente (adulto, anziano, adolescente, genitore) le caratteristiche del fenomeno, dei tentativi che la persona dovrebbe mettere in atto per iniziare con gradualità delle uscite, fermandosi ogni qual volta percepisce che l’arousal si altera in ipoattivazione o in iperattivazione. Fermarsi significa riportare l’arousal all’interno dei limiti della normalità utilizzando esercizi di rilassamento e respirazione, per poi riprendere le uscite dal guscio. Uno dei segnali più vistosi della sindrome da guscio, e per tal motivo facilmente identificabili, sono il respiro corto, l’iper o ipo ventilazione, l’alterazione del senso dell’equilibrio.

Altre volte è necessario arrivare, sempre in un contesto psicoeducazionale, alla “rottura” del guscio utilizzando la rete di persone dei pari d’età, gruppo di amici, gruppo di compagni di lavoro, gruppo di compagni di classe. Il gruppo nelle situazione di trauma  stress è un elemento di protezione importante. Quando il gruppo per alcuni bambini è una entità ansiogena possono essere utilizzati il singolo amico, in particolare l’amico del cuore.

Quando la persona svolge un’attività isolata, ad esempio un libero professionista la situazione da un punto di vista psicoeducazionale, mancando il gruppo di lavoro è più difficile. Si può allora far riferimento a gruppi di altra natura, come un gruppo culturale.

Da un punto di vista psicoterapico la situazione della sindrome del guscio può diventare una grande possibilità di lavoro sul tema dei legami, anche di tipo simbiotico.

Una visualizzazione interessante può essere quella del guscio e del pulcino che deve rompere il guscio per uscire, un’altra visualizzazione è quella dell’edera che si è arrampicata sulla parete di una casa o di un albero e immaginare di toglierla tutta.

Sono molto interessanti le storie scritte da Alba Marcoli sul tema della difficoltà di nascere, che, di fatto, è anche il tema di fondo della sindrome dell’uovo.

Disturbi di personalità e reazioni da Covid.

La domanda ancora aperta è questa: nelle persone con disturbi di personalità, di vario grado e forma, che cosa può determinare lo scontro con un trauma complesso? Alcuni studi sembrano sottolineare l’enfasi rispetto ai processi di dissociazione delle parti del Sé.

Disturbo post-traumatico da stress complesso (Ford & Courtois, 2009; Herman, 1992a, 1993; Van der Kolk, Roth, Pelcovitz, e Mandel, 1993) ha una struttura che si adatta anche a molti pazienti con disturbo dissociativo dell’identità (Courtois, 2004).

Questi pazienti spesso sono stati ripetutamente traumatizzati, in genere a partire dall’infanzia e attraverso diversi periodi dello sviluppo. Oltre ai sintomi del PTSD, le persone con il disturbo post-traumatico da stress complesso hanno forti difficoltà con la dissociazione, la regolazione degli affetti, hanno distorsioni dell’immagine del corpo, autolesionismo, suicidalità cronica e somatizzazione. Essi possono avere patologie relazionali sostanziali, tra cui problemi di fiducia e di vittimizzazione in relazioni violente o abusive. Spesso vedono il mondo come pericoloso e traumatizzante e tendono a vedere se stessi come disonorevoli, danneggiati, e responsabili per i loro abusi.

 

Trattamento del Trauma complesso.

 

La Society for Traumatic Stress Studies Consensus Guidelines (2012), indica negli approcci combinati outcome migliori e individua una sequenza di fasi comuni ai diversi modelli di intervento:

  • stabilizzazione,
  • rielaborazione del trauma,
  • consolidamento dei risultati
  • integrazione.

 

Approccio al trattamento per fasi.

 

Il trattamento per disturbo post-traumatico da stress complesso  assomiglia a quello del DDI (disturbo dissociativo di identità) che spesso è di più lunga durata, è multimodale e relativamente eclettico, ed è progettato per affrontare la moltitudine di difficoltà cliniche con cui questi pazienti combattono (Chu, 1998. Courtois et al, 2009).

Negli ultimi due decenni, gli esperti hanno concordato nell’affermare che i disturbi correlati a traumi complessi, tra cui il DDI, sono trattati più appropriatamente in sequenze di fasi. Già alla fine del XIX° secolo, Pierre Janet auspicava a un trattamento con fasi orientate per i disturbi dissociativi (vedi D. Brown, Scheflin, & Hammond, 1998; Van der Hart, Brown, & Van der Kolk, 1989). La struttura più comune nel campo è costituita da tre fasi o stadi.

 

Fase 1: Sicurezza, stabilizzazione e riduzione dei sintomi del trauma.

 

Nella prima fase, il clinico deve porre l’enfasi sulla stabilizzazione dell’alleanza terapeutica, l’educazione del paziente circa la diagnosi e i sintomi, e la spiegazione del processo del trattamento.

Gli obiettivi di questa prima fase includono il mantenimento della sicurezza personale, il controllo dei sintomi, la modulazione degli affetti, la tolleranza dello stress, il miglioramento delle funzioni vitali basilari e lo sviluppo delle capacità relazionali. Mantenere una struttura solida del trattamento all’interno di un ambiente terapeutico è assolutamente fondamentale per sviluppare una terapia stabile che massimizza la probabilità di un esito di successo.

Altri problemi del trattamento potrebbero non essere affrontati fino a quando non viene stabilita la sicurezza necessaria.

 

Fase 2a: Lavoro diretto e profondo sulle memorie traumatiche.

 

In questa fase del trattamento, l’accento del lavoro è posto sulle memorie delle esperienze traumatiche del soggetto. Il lavoro effettivo da svolgere in questa fase è ricordare, tollerare, elaborare e integrare gli intensi eventi passati.

Le memorie traumatiche non sempre riescono a essere raccontate mediante il linguaggio verbale, bensì possono essere emergere dalle sensazioni corporee, poiché le memorie traumatiche possono essere fissate a questo livello primario. Si parla allora di memoria corporea.

Quindi i passaggi del ricordo saranno: sensazioni, emozioni, immagini, simboli e parole.

 

Fase 2b: Lavoro diretto e profondo sulle memorie traumatiche.

 

Questo lavoro include anche il processo di abreazione delle emozioni connesse a un’esperienza o percezione collegate a ricordi antichi.

Per integrazione di memorie traumatiche si intende collegare aspetti di esperienze passate in precedenza dissociati: le memorie e le sequenze degli eventi, l’affettività associata e le rappresentazioni somatiche e fisiologiche dell’esperienza.

 

Fase 3: Integrazione e Riabilitazione dal trauma.

 

Nella terza fase del trattamento i pazienti iniziano a fare esperienza di un senso del Sé saldo e monolitico, si formano nuove sensazioni su come relazionarsi con gli altri e con il mondo esterno.

 

La Sensorimotor Therapy.

 

La Sensorimotor Therapy si propone di integrare gli approcci cognitivi con tecniche e modelli per la psicoterapia del trauma, procurato da eventi oggettivi ambientali,  o danni al legame d’attaccamento.

Vi trovano una convergenza e un’applicazione psicoterapeutica i modelli teorici di Schore A e Stern D. Anche Pierre Janet dà valore al corpo come sede della memoria degli eventi vissuti della persona, come strumento che partecipa alla elaborazione e alla ristrutturazione di apprendimenti disfunzionali.

I pazienti traumatizzati mostrano elevazione di iperarousal o per contro picchi di ipoarousal, contrari all’integrazione. L’obiettivo primario è quindi una stabilizzazione dell’attivazione entro una finestra di tolleranza.

La Sensorimotor Therapy  prevede tre fasi di intervento:

  • Stabilizzazione emotiva e la riduzione del sintomo
  • Trattamento della memoria traumatica
  • Integrazione della personalità.

 

Luise Reddemann.

 

Luise Reddemann, neurologa e psicanalista, ha integrato il suo approccio di cura con elementi di tipo buddista, è professore onorario di psicotraumatologia e medicina psicologica all’Università di Klagenfurt, ha scritto un libro molto interessante non tradotto in italiano che è arrivato alla sua 12^ edizione “Immagination als heilsame Kraft” (Immaginazione, una sorgente salutare per il trattamento dei traumi) Edizione Klett-Cotta. Le descrizioni del suo metodo sono quindi tratte da materiale trovato in articoli pubblicati in internet.

Il suo approccio psicoterapico si focalizza:

  • riattivazione delle risorse
  • procedere per fasi orientate dagli stati emotivi

Le risorse si possono così distinguere: interne, esterne. Le risorse interne sono tutte quelle capacità mentali, comportamentali e le strategie di coping proprie dell’individuo e fra queste è compresa la capacità immaginativa.

Le risorse esterne comprendono la rete sociale estesa ed in particolare i caregiver con il loro stile di legame.

Nel suo approccio terapeutico (Psychodynamisch Immaginative Trauma therapie) prevede questo percorso:

  • stabilizzazione
  • atteggiamento di autocura
  • fronteggiamento immaginario del trauma
  • elaborazione simbolica, creativa del trauma
  • accettazione e integrazione del trauma nella storia personale di vita.

Luise Reddemann suggerisce una serie di visualizzazioni guidate per aiutare il paziente a sviluppare durante l’immaginazione pensieri o immagini positive, strategie di regolazione dell’arousal, modalità di distacco emotivo dall’evento come si potesse guardare dall’alto, riscrivere l’evento creando un altro finale anche con l’aiuto di Sé.

Esempi di visualizzazioni suggerite sono il posto sicuro, il timer regolatore. Il posto sicuro, che troviamo in altre tecniche che si occupano della cura psicologica dei traumi oggettivi, diviene nella sua terapia una controscena che farà da contrappunto alle immagini negative, ovvero la ripresa di un evento positivo della propria vita, un posto confortevole, una fonte di conforto come una sorgente, una spiaggia, un torrente, una capanna. Chiedendo quindi di alternare l’immaginazione delle due scene allo scopo di impedire la costante intrusione delle scene negative.

Il timer regolatore della temperatura corporea o l’incorporazione di un termostato come nella tecnica di gestione del dolore, che poi viene applicato alle emozioni negative. Viene data molta importanza alla nominazione delle emozioni e alla manipolazione/controllo delle emozioni, alla loro trasformazione e riscrittura.

 

 

L’ITP.

Facciamo un riepilogo sui principi che permettono di mantenere la specificità del metodo ITP (Terapia Immaginativa del Profondo). Al fine di avere la sicurezza di un uso corretto delle tecniche di Imagerie mentale col metodo ITP di Rigo, occorre aver sempre presente che si opera a diversi livelli e che ad ogni livello corrisponde un procedimento psicoterapico:

  1. livello conflittuale >si opera sulla modificazione del fantasma
  2. livello carenziale >si compensano le carenze attraverso le realizzazioni simboliche e le regressioni
  3. livello traumatico >si deve fare l’abreazione dei traumi
  4. livello archetipico >si devono potenziare i livelli superiori
  5. livelli superiori >si devono potenziare i livelli superiori

Ne consegue che nel livello traumatico il lavoro di cura è, per così dire, secondario rispetto al lavoro più complesso e completo dell’intervento con l’ITP con persone che chiedono una psicoterapia e per le quali abbiamo fatto una diagnosi di nevrosi o psicosi, di disturbo borderline o narcisista.

Una delle domande aperte, tra le tante, è come avranno reagito le persone con disturbi più o meno gravi nella struttura di personalità di fronte alla situazione da Covid 19 e alle diverse forme di quarantena e di isolamento?

L’attuale situazione del Covid 19, di fatto, ci permette di fare un ulteriore approfondimento e puntualizzazione rispetto alle tecniche interne all’ITP. È un po’ quello che sta succedendo anche per altre scuole e tecniche che si trovano di fronte a questo evento del tutto sconosciuto. È probabile poi che i traumi che dovremo affrontare siano concretamente dei traumi con la t minuscola e si dovrà lavorare anche sugli aspetti inerenti il disadattamento o il riadattamento sociale e quindi sarà una situazione per così ideale per esercitarci nell’apprendimento di tecniche specifiche, anche nuove. Altro elemento importante da tener presente è la riattivazione di altri traumi appartenenti a fasi della vita precedente il Covid.

Le regressioni.

Noi sappiamo che Leopoldo Rigo ha proposto due tipi di regressione quelle simboliche e quelle dirette, che lo psicoterapeuta ITP può trovare nel Supplemento tecnico di Maya 7.

Qual è la differenza tra il racconto verbale di un ricordo e la regressione diretta che consente il recupero di un ricordo che il paziente può riprodurre e vivere in presenza del suo terapeuta? L’ITP innanzitutto dà importanza alla partecipazione emotiva, all’ascolto del corpo e delle sue memorie. Durante una regressione diretta, che è quella che più ci interessa nel caso dei traumi, la persona nel mentre racconta  l’evento traumatico si ascolta nel qui ed ora e rivive attraverso l’Io corporeo immaginario, grazie al rilassamento parziale, l’evento reale subito nel passato. Non solo, la persona lo rivive in un setting terapeutico, quindi protetto anche con la presenza del terapeuta.

Il rilassamento può essere anche parziale, e quindi non profondo come solitamente avviene durante una seduta ITP, per due motivi, per mantenere le parti vigili dell’Io molto attive e per suggerire alla persona di ascoltare le sensazioni che vengono dal corpo mentre racconta.

Durante le regressioni dirette si affrontano vissuti spiacevoli e l’elaborazione immaginativa in stato di rilassamento, anche parzialmente profondo, ha la funzione di:

  • aiutare l’Io a non sentirsi dominato e assumere una posizione di forza (guardare, guardare negli occhi, porsi in una posizione sopra elevata)
  • aiutare l’Io a fronteggiare l’evento (uso dello scudo da parte di Perseo)
  • ad attivare meccanismi riparativi (prendersi cura delle ferite e trovare dei doni).

Nella regressione diretta durante la seduta ITP si attivano queste tre funzioni già evidenziate da Winnicott:

  • holding contenimento del corpo = ascolto delle sensazioni ed amozioni
  • handling manipolazione del corpo attraverso le mani = interventi di abreazione, di psicurgia
  • object-presenting capacità di mettere a disposizione l’oggetto di cui ha bisogno = ricerca di strategie risolutive del loop, fronteggiamento della situazione mediante l’utilizzo di mezzi immaginativi o fantastici.

La tecnica che Rigo suggerisce è quella della ripetizione che ha la funzione di scaricare l’energia che si è incistata (vedi amigdala e trauma), scaricare le emozioni spiacevoli. Rigo, in Maya 7, sottolinea come, parallelamente, anche nel lavoro del sogno avvenga questo, ovvero nel tentativo di autocura il soggetto tende a ripetere nei sogni i contenuti con elementi traumatici. Questo avviene anche nella quotidianità, quando un soggetto tende a ripetere i traumi, tende ad identificarsi con l’abusante e ripetere quello che ha subito.

Rigo sottolinea come, questa tecnica di regressione diretta d’età, possa essere proposta in particolare quando vi è una somma di traumi che bloccano il processo di immaginazione. Questo blocco è determinato dalla carica d’ansia eccessiva e come tali le immagini, a causa dell’eccesso d’ansia o comunque di carica energetica eccessiva, sono vissute come un pericolo per il soggetto. Questo è un altro motivo per favorire uno stato di rilassamento parziale e non profondo quando si lavora con la tecnica della regressione d’età.

La tecnica in sé con le indicazioni offerte da Leopoldo Rigo devono essere messa in pratica solo dagli psicoterapeuti ITP preparati in tal senso e non dovrebbero essere utilizzati da persone non adeguatamente formate per evitare danni psicologici e per non ri-traumatizzare i pazienti.

L’abreazione.

Nell’aiutare alla elaborazione del trauma o stress dobbiamo tener presente, che il seme del trauma è l’eccesso di energia accumulata in determinate strutture cerebrali (amigdala), simile ad un vortice che richiama la descrizione di Fantasma offerta da Rigo.

L’espressione più frequente e diretta di questa energia è la rabbia, con comportamenti di aggressività auto o etero diretta. Anche nelle altre tecniche psicoterapiche che lavorano con soggetti che hanno subito varie forme di abuso, violenza, deprivazione, trauma oggettivo, in generale si sottolinea l’importanza di lasciar emergere ed esprimere in maniera controllata durante le sedute questa plus energia utilizzando diverse strategie.

In questo periodo peritraumatico prolungato del Covid 19, lavorando direttamente con adulti e indirettamente con bambini attraverso i genitori, frequentemente veniva descritta la presenza della rabbia, che è una emozione che si accompagna ad un moto, ad un movimento. I bambini riescono ad esprimerla anche sul piano del comportamento, gli adulti per lo più la subiscono e così si incistava. In altri si trasformava in un movimento creativo.

L’abreazione è la scarica delle emozioni che avviene in maniera catartica, producendo così sensazioni di liberazione. Nel momento in cui la persona rivive la situazione traumatica può manifestarsi l’abreazione, ovvero il terapeuta dovrà dare il permesso al paziente di lasciar manifestare ed esprimere la rabbia.

Successivamente può anche prodursi sotto la forma di un insight istantaneo o altre volte in forma più cognitiva, durante la fase del colloquio psicologico, dopo la seduta in poltrona una sorta di riesame della situazione, che viene vista in una forma nuova e la persona stessa si vive in modo diverso, più positivo anche perché si sente liberata da un fardello, da un peso fatto anche da sensi di colpa. Anche la liberazione dai sensi di colpa appare di grande aiuto nel lavoro di cura.

In questa situazione, come nella prossima descrizione di elementi tecnici, bisogna dire al paziente di: ascoltare la sensazione, di non trattenere, di lasciar esprimere e infine lasciar andare. Il lasciar andare non ha il significato di abbandonare, di perdere i ricordi, gli oggetti, le persone.

Anche per quanto concerne la tecnica della abreazione è necessaria una preparazione tecnica specifica che orienti lo psicoterapeuta e lo aiuti a graduare gli interventi psicologici che devono essere sempre rispettosi del paziente e non ri-traumatizzanti.

Interventi sul fenomeno di fusione tra sensazioni, emozioni, pensieri.

 

Quando lo psicoterapeuta ITP si accorge che il paziente confonde sensazioni con emozioni o fonde sensazioni emozioni e pensieri/convinzioni, deve aiutare la persona a fare una chiara distinzione tra sensazioni, emozioni, pensieri. Ad esempio se il paziente percepisce il cuore battere forte, troppo velocemente ed emerge contemporaneamente una paura intensa, di fatto, si viene a determinare un rafforzamento reciproco, quindi più ascolto il cuore che batte all’impazzata (sensazione), più l’arousal diventa iper e più la persona avrà paura (emozione). È una situazione simile ad un loop che si autodetermina e si autoalimenta.

Per interrompere il circuito lo psicoterapeuta ITP può suggerire al paziente di ascoltare solo il suo cuore, anche mettendo la propria mano sul suo petto[11], inserendo un parallelo lavoro di rilassamento tramite ad esempio il respiro lento e regolare. Una volta calmato il cuore verrà chiesto di ritornare alla emozione della paura.

È invece illusorio cercare di portare alla risoluzione un ricordo che ancora ci disturba solo tramite il pensiero, anche se positivo. Possiamo dire utilizzando una metafora che non c’è fiume senza la sorgente, che nella tecnica ITP è rappresentata dalle sensazioni o memorie del corpo.

 

L’incontro con il bambino piccolo.

 

Una variante che si può presentare in questo lavoro di recupero del ricordo è quando il paziente incontra la parte di sé bambino/a nel momento in cui non riusciva ad affrontare la situazione. È un modo attraverso cui la persona rivive un trauma specifico (abuso, terremoto, incidente, abbandono reale o vissuto di abbandono). È questa un’ottima occasione per aiutare a riparare gli effetti del trauma che si sono verificati in quel momento particolare del passato vissuto dalla persona. Anche in questa situazione lo psicoterapeuta ITP può utilizzare formule e tecniche adeguate

 

La stimolazione della pulsione di aggrappamento.

 

Nelle situazione vissuta come difficile, quando la persona sente di perdere il controllo di sé, per affrontare le esperienze di dissociazione è utile proporre degli esercizi di centratura e sperimentazione dei vissuti collegati all’asse corporeo.

Altre volte è molto adatto richiedere la stimolazione o ritrovamento delle sensazioni di aggrappamento alle mani e ai piedi che altri chiamano grounding. È una pulsione, quella dell’aggrappamento, presente già a livello fetale quando è possibile osservare il bambino che si aggrappa al cordone ombelicale.

Prendersi cura della pulsione di aggrappamento in sé possiede un significato profondo anche in funzione del legame di attaccamento che trova le sue prime forme di sperimentazione già a livello fetale e poi un suo proseguo nelle fasi evolutive successive.

 

Risorse di sopravvivenza.

 

Possiamo seguire altri suggerimenti pratici per affrontare il materiale che emerge dai ricordi quali ad esempio richiamare l’attenzione alle risorse, in particolare quelle somatiche positive, fare esperienza di aggrappamento e radicamento, suggerire di ascoltare la postura, il respiro, ricostruire il confine.

I meccanismi dell’attenzione coinvolgono vari livelli e strutture cerebrali a partire dal tronco cerebrale. Orientare significativamente l’attenzione verso uno stimolo interno, rivolto cioè alle sensazioni o emozioni o rivolto all’esterno, attiva concretamente nuove reti neurali e nuovi schemi di apprendimento.

Siegel D. A.[12] ci spiega che quando focalizziamo l’attenzione, intesa come ascolto, su elementi fondanti quali sensazioni somatiche, movimenti, emozioni, immagini e pensieri, si creano nuovi pattern di attivazione neurale, nuove sinapsi.

Noi psicoterapeuti ITP ipotizziamo che per produrre dei cambiamenti duraturi non è sufficiente focalizzare l’attenzione. È necessario un ulteriore lavoro in cui l’Io corporeo immaginario, che si forma grazie al rilassamento, diventi attivo, percependo così la libertà di movimento, il potere decisionale, la capacità di affrontare il Fantasma. In altri contesti di teorie psicologiche questo diventare attivo si definisce conquista di empowerment.

Nel nostro lavoro di tipo psicoterapico possiamo distinguere le risorse di sopravvivenza dalle risorse positive.

Le risorse di sopravvivenza vengono apprese dall’organismo. Le risorse di sopravvivenza sono comportamenti estremi o atteggiamenti psicologici estremi che si attivano quando la persona si trova in situazioni che mettono a rischio la sua sopravvivenza. Ad esempio l’angoscia estrema di continuare a vivere può attivare comportamenti estremi come il suicidio o il cutting. In altri termini la persona mediante il dolore fisico può alleviare la sofferenza/angoscia psicologica.

Le deprivazioni affettive estreme sperimentate dal neonato possono determinare forme di autocura estreme come il dondolamento che ritroviamo in soggetti adottati che hanno sperimentato periodi di ospedalizzazione o di inserimento in orfanatrofi.

Le risorse positive sono risorse naturali che ritroviamo, costruiamo, apprendiamo nel contatto con la natura o con le relazioni umane quali ad esempio le risorse somatiche positive, le esperienze di aggrappamento, le posture, il respiro, la definizione dei confini, l’enactment e l’amore.

Le risorse somatiche positive provenienti dal corpo o dall’esterno sono quelle esperienze che inducono in noi un senso di calma, di ritrovato equilibrio, di benessere.

La sperimentazione del centro di gravità e dell’asse del corpo ci aiuta a raggiungere un certo equilibrio. Può essere sperimentato con esercizi fisici adattati all’età della persona o tramite visualizzazioni.

Le esperienze positive di contenimento sono molteplici come essere fasciati, essere abbracciati, stare in una stanza o posto sicuro, ascoltare gli appoggi allo schienale di una poltrona, ascoltare l’amore che una persona cara prova verso di noi. Anche esperienze semplici di spingere le mani contro le mani o contro un oggetto può indurre sensazioni di calma.

Esiste la sperimentazione delle posizioni passive come ad esempio accarezzarsi o essere accarezzati, mettere la propria mano sul cuore, sulla pancia o sulle ginocchia.

Esiste la sperimentazione di movimento attivo come ad esempio camminare lentamente ascoltando bene gli appoggi ed i movimenti dei muscoli, dondolarsi o usare il dondolo, allungare le parti del corpo come nello stretching o raggomitolarsi, danzare.

Posso richiamare alla mente esperienze positive vissute nel passato come ad esempio una corsa a perdifiato in un campo d’erba verde.

Molte sono le risorse esterne che possono dare sollievo come ad esempio i bagni caldi, i massaggi al corpo o a parti specifiche come i piedi o le dita, sentirsi avvolti da una coperta, stare in una stanza nel buio silenzioso, stare in una stanza ed ascoltare della musica.

L’aggrappamento, come si è già accennato, è una pulsione che inizia ad essere sperimentata in fase fetale e successivamente viene sostituita da un caregiver a cui aggrapparsi. L’aggrappamento si sperimenta con le mani, mentre i piedi favoriscono anche una esperienza di radicamento. Un esercizio completo di aggrappamento e radicamento lo esegue chi fa esperienze di arrampicata semplice come ad esempio arrampicarsi su un albero, oppure più complesso come arrampicarsi su delle pareti attrezzate.

La postura merita un discorso a sé poiché le terminazioni nervose sono specifiche e molto antiche. Negli schemi fissati nei muscoli e nelle articolazioni possono risiedere memorie corporee dove hanno agito vissuti relazionali fondamentali. Pensiamo ad esempio alla posizione del corpo della persona depressa o vittima di abusi; il corpo si adatta assumendo delle posizioni di difesa tipiche nel mentre subiva.

Trasformare il respiro in una risorsa richiede un lavoro di preparazione e comunque bisogna procedere con cautela, affinché non si trasformi esso stesso in un trigger. Quando abbiamo a che fare con crisi di panico il respiro va regolato attraverso anche una forma di apprendimento della tecnica del respiro lento. Il respiro può aiutare persone che devono scaricare tensioni lavorando sul movimento di espirazione, espellendo l’aria con tre colpi forti, finché il soggetto non sentirà che ha raggiunto una certa calma.

Esiste una linea virtuale o circonferenza che protegge il nostro spazio vitale che, se superata, può dar origine a delle sensazioni di intrusione, invasione o per contro amore, eccitazione. Persone che hanno subito traumi possiedono un confine labile, instabile, eccessivamente neurocettivo. Il confine inerente lo spazio vitale possiede le caratteristiche di: Barriera, Limite, Filtro, Segnalatore di neurocezione. Il confine è pressoché assente in soggetti autistici ed invece iper reattivo in soggetti che hanno subito abusi, anche lievi.

Segnali come irrigidimento muscolare, sfarfallio nello stomaco, cuore percepito con movimenti vermicolari, iper o ipoventilazione, indicano che la distanza spazio personale tra me e l’altro è stata superato e io sono in pericolo, quindi c’è bisogno di distanziamento. La richiesta gestuale o verbale del tipo “Stammi lontano” è una classica difesa collegata ad un bisogno di sopravvivenza. Il problema potrebbe essere il vissuto di colpa che la persona percepisce quando le sensazioni registrate nella memoria corporea si attivano, e  questo si può verificare anche con la persona che si ama. In questo caso vi è una sovrapposizione tra una memoria corporea antica e un evento attuale.

 

Psicurgia e piccolo Io attivo.

 

Anche questa tecnica richiede una preparazione specifica che si apprende durante il periodo di formazione della Scuola ITP e nei Corsi di formazione successivi. Leopoldo Rigo fa derivare il termine psicurgia da psiche e da urgia lavoro. Con psicurgia si intende quindi una azione o lavoro sulla psiche affinché si attivi. Nel nostro caso, l’I.T.P può provocare una modificazione attiva, ovvero un lavoro di modellamento della psiche.

In determinate situazioni di difficile soluzione può essere richiesto l’intervento del piccolo Io attivo per individuare e produrre delle soluzioni.

Che cos’è il piccolo Io attivo? Il piccolo Io attivo è una immagine del soggetto della stessa età, ma di minime dimensioni, della stessa età e fattezza, che può entrare, discendere negli spazi corporei interni, anche anatomici, attraverso i fori naturali del corpo quali ad esempio le narici, le orecchie e successivamente una volta entrato nello spazio interiore modificare attivamente le funzioni.

Aggiungo una considerazione personale e cioè il piccolo Io attivo può essere anche personificato da parti del corpo come avviene nell’esempio della paziente che ha immaginato le proprie mani mentre estraevano un oggetto rappresentativo della tensione intrapsichica, oppure può immaginare lo sguardo interiore. Altre volte, quando l’Immagine del corpo è ipoevoluta e primitiva per risolvere la tensione può essere usato un indumento del soggetto che viene inserito immaginativamente nello Scenario. È quindi il senso del possesso o dell’appartenenza alla propria Immagine del corpo che produce dei cambiamenti attivi e partecipati.

Ritengo che gli interventi di psicurgia siano adatti negli interventi di attivazione di memorie somatiche che non riescono ad evolvere in stati mentali e che in sé hanno registrato elevati livelli di tensione alcune volte equiparabili a situazioni subite, situazioni di stress, situazioni di traumi. Sono tensioni che il corpo ha memorizzato in distretti specifici (ferita subita, o colpo violento subito in parti del corpo) o aspecifici (solo per associazione), ma entrambi non hanno raggiunto zone cerebrali superiori che hanno elaborato in significati. Sappiamo che le stazioni del sistema nervoso centrale di afferenza principali sono il talamo (sinestesie) e i nuclei sottocorticali. Fra questi ultimi è stato studiato, per quanto riguarda i traumi, l’amigdala, ma non solo. Nell’amigdala si elabora il significato emotivo e subito dopo vi è la formazione delle immagini, alle quali non sono ancora associate le parole.

Più volte durante le sedute di Imagerie possiamo trovarci nella situazione particolare in cui il paziente percepisce una tensione particolare in una parte del corpo che si trasformava nel vissuto di corpo estraneo, molto spesso localizzato all’interno dello stomaco o della gola, che bloccava queste zone o vie.

Ricordo a tal proposito, solo per assonanza, i casi clinici di Anna O. e Dora descritti da Sigmund Freud, dove, in entrambe le donne, la gola e l’afonia furono delle scie che portarono il futuro psicanalista all’utilizzo delle libere associazioni e dell’interpretazione come parti fondamentali della sua tecnica.

In queste situazioni quando utilizziamo l’TP è di una certa qual utilità offrire al paziente un suggerimento che l’aiuti a rimuovere, quasi in termini chirurgici, questa tensione simile ad un corpo estraneo che provoca successivamente una sorta di insight[13]. È una chirurgia di tipo immaginativo che è stata sotto certo aspetti codificata dai coniugi Simonton anche nel trattamento dei soggetti oncologici.

Sono consapevole che questa tecnica di induzione psicologica è, sotto certi aspetti, simile ai rituali di cura che lo sciamano faceva con i propri pazienti, quando la medicina era ai suo albori. Oltre ai molteplici rituali lo sciamano nella sua pratica utilizzava una stimolazione binaurale come il battito del tamburo. Questa tecnica sciamanica ha delle similitudini con la tecnica EMDR che utilizza la stimolazione visiva ritmica e attualmente anche quella tattile per aiutare la persona ad accelerare l’elaborazione dei traumi.

 

Porre attenzione al fenomeno dell’enactment e l’amore.

 

L’enactment[14] è un fenomeno di sovrapposizione di memorie che si può verificare in contesti diversi. Ad esempio lo possiamo trovare nella relazione di coppia, quando l’altro viene con-fuso con l’aggressore, oppure in una relazione tra un figlio adottato ed il genitore, o ancora in una relazione di cura come la psicoterapia. La richiesta del soggetto può essere duplice, o una richiesta di allontanamento che però si accompagna a vissuti di forte senso di colpa, o una richiesta inconsapevole di ripetizione della violenza ( rifiuto o abuso) subita.

I ricordi corporei o ricordi impliciti quando emergono non danno alla persona la percezione di sentire che sta ricordando qualcosa. È più che altro una sensazione indicibile, indecifrabile che può essere catturata solo tramite l’intuizione, è una sensazione di simpatia o antipatia, un’atmosfera di espansione o di implosione imbarazzante. Eppure queste memorie corporee si trasformano in schemi comportamentali nella quotidianità, così un padre che ci opprimeva e ci rimproverava si è trasformato nella postura del mio corpo, nel mio sguardo ovvero nella mia arrendevolezza, paura di dire quello che si pensa quando siamo in gruppo, eccetera.

Va spiegato al paziente che i ricordi corporei o ricordi impliciti sono accessibili per via situazionale cioè nel mentre si manifestano, per cui bisogna dirigere immediatamente la nostra attenzione e fermarci ad analizzarli quando si manifestano. Non solo, essi sono attivati da stimoli interni o esterni, che vanno identificati nell’immediato.

Una caratteristica del fenomeno (enactment) che rende difficile la sua analisi nel contesto di una relazione di coppia o di genitore adottivo è che, diversamente dallo psicoterapeuta, il patner o il genitore, non ha la stessa preparazione tecnica in termini di intuizioni. Inoltre il coinvolgimento emozionale è molto più intenso ed i confini sono più labili, sovrapponibili poiché l’amore tende a sciogliere i confini, per consentire all’altro di entrare nello spazio intimo personale.

Dobbiamo aggiungere un altro chiarimento, nel fenomeno enactment vi è una certa corrispondenza tra i vissuti dell’uno e dell’altro, ovvero vi è un effetto di risonanza. Così ad esempio ad un vissuto di abbandono dell’uno corrisponde un vissuto di abbandono nell’altro, oppure ad un vissuto di seduzione corrisponde un opposto bisogno di contatto nell’altro che invece ha avuto un storia di tipo depressivo. In altri termini ad un vissuto di pericolo per un certo motivo risuona nell’altro un corrispondente vissuto di pericolo magari per un altro motivo, ma sempre di vissuto neurocettivo si tratta. Alla fine sia l’uno che l’altro si percepiscono come un pericolo per la propria integrità e cercano una risposta risolutiva nella ripetizione della seduzione o dell’abbandono.

Il rafforzamento polimodale.

 

Nel lavoro sul o con il trauma noi psicoterapeuti ITP dovremmo avere come obiettivo quello di aiutare il paziente ad accelerare i meccanismi mentali e somatici di accelerazione nella elaborazione del trauma stesso e di conseguenza dei sintomi che si accompagnano.

La tecnica ITP è una tecnica di per sé polimodale nel senso che quando una persona immagina un cane forma quell’immagine con la partecipazione di più canali sensoriali, mentre quando una persona vede un cane, stimola per lo più circuiti visivi.

Si tratta quindi di rafforzare questo processo naturale di base presentando ad esempio in determinati momenti di elaborazione immaginativa dei ricordi uno stimoli acustico adeguato. Dico stimolo acustico perché quando lavoriamo con gli adulti questi sono in rilassamento con gli occhi chiusi. Come stimolo acustico possiamo usare la nostra voce mono tona (stessa intensità) che suggerisce al paziente una frase breve o una parola chiave. Altre volte potrà essere il battito regolare precedentemente concordato con il paziente per evitare il senso di un disturbo perché troppo veloce o troppo lento.

Altre volte si potrà usare il battito delle mani o dita del terapeuta sulle ginocchia del paziente. Quindi nel mentre la persona immagina il ricordo disturbante si può chiedere di ascoltare contemporaneamente questi battiti e lasciar andare le sensazioni negative.

 

Sandor Ferenczi (1873-1933)

 

Interessanti sono le teorie di Ferenczi sul trauma e sulla tecnica di cura. Egli apportò delle innovazioni alla tecnica che sono chiamate terapia attiva. Egli partì dall’osservazione che la tecnica delle libere associazioni induceva il paziente a esprimere dei pensieri, fantasie fuorvianti e quindi inutili per quello che riguardava la cura in sé.

Ferenczi riteneva inevitabile che il paziente ripetesse fasi del suo sviluppo nel setting analitico. Questa ripetizione consentiva il riemergere del materiale inconscio in un contesto protetto. Quindi il ripetere era una fase preliminare al ricordare e consentiva la trasformazione degli elementi della ripetizione in un ricordo attuale:

Ci richiameremo dunque direttamente all’ultimo saggio di Freud a carattere tecnico sul tema “Ricordare, ripetere ed elaborare”: saggio in cui alle tre attività menzionate nel titolo viene attribuita un’importanza diversa, in quanto al lavoro analitico viene assegnato uno scopo specifico: ricordare, di conseguenza il voler rivivere anziché ricordare è considerato un sintomo di resistenza e, come tale, da evitarsi. Tuttavia, dal punto di vista della coazione a ripetere, è assolutamente inevitabile che il paziente ripeta durante la cura intere parti del suo sviluppo; non solo, ma l’esperienza ha dimostrato che la ripetizione concerne proprio quelle parti che nella forma di ricordo non è possibile far riemergere, dimodoché se al paziente non resta altra via che riprodurle, anche l’analista, se vuole afferrare il materiale specificamente inconscio, non può far altro che seguire il paziente su questa via. Occorre perciò comprendere anche questa forma di comunicazione, il linguaggio gestuale, e spiegarlo al paziente …

Chiarito questo punto, ne risultò innanzitutto la necessità pratica di non inibire le tendenze alla ripetizione durante l’analisi, anzi di stimolarle, posto che si sia in grado di padroneggiarle; altrimenti il materiale più importante in senso assoluto non sarebbe giunto né a manifestarsi né a risolversi …

È così che ci siamo infine risolti ad attribuire il ruolo principale, nella tecnica analitica, al ripetere anziché al ricordare. Ciò non significa però lasciare semplicemente sfumare l’affettività nel vissuto; il procedimento consiste invece … in un graduale concedere e in una risoluzione o trasformazione del riprodotto in ricordo attuale[15]”.

 



[1] Inserisco questo avverbio, come elemento dubitativo, perché non è detto che questi due livelli comunichino, se non in particolari condizioni. Anche Bachelard G.  si era posto la stessa domanda.

[2] Peritraumatic distress is defined as the emotional and physiological distress experienced during and/or immediately after a traumatic event and is associated with the development and severity of posttraumatic stress disorder (PTSD) and related psychological difficulties. The Peritraumatic Distress Inventory (PDI) is a widely-used self-report measure for which psychometric evaluation has been limited.

[3] Il Fantasma è la risultanza della pressione esercitata dall’OSTI (Oggetto Significativo Traumatico Internalizzato) e l’Io infantile o l’Io estremamente debole rispetto all’vento in sé onnipotente e pericoloso.

[4] Quattro le categorie interessate. Il primo gruppo, l’8,5%, che comprende quei settori come la farmaceutica, attività legate alla cura della casa, servizi connessi allo smart working, video conferenze, vedono aumentare tra il 2% e il 6% la loro attività in conseguenza dell’epidemia virale.

Il secondo gruppo,54,6% dell’intera economia e non risente di sostanziali variazioni di attività a causa del virus.

Il terzo gruppo incide per il 25,1% e soffre di una contrazione produttiva limitata al massimo al 4%.

Infine, del quarto gruppo, l’11,7%, che stanno subendo contraccolpi molto forti, 10% o 40%, dalla filiera del turismo a tutte le attività legate a centri di aggregazione.

[5] Vorrei evidenziare, non per polemica, una contraddizione, ovvero nessuna Nazione né le singole popolazioni fanno molto caso ai morti per malnutrizione che secondo i dati dell’UNICEF è concausa della morte di 3.5 milioni di persone l’anno e del 35% delle morti dei bambini sotto i 5 anni, mentre nella situazione del Covid 19, che provoca certamente una particolare mortalità, che per ora interessa in particolare gli anziani, l’attenzione dei politici e le misure di contenimento della epidemia messe in atto sono state draconiane.

Draconiane è un termine che trae le sue origini dal nome del legislatore greco Dracone che fu l’autore del primo codice penale scritto nel 621 a.c..

[6] Brunet, A., Weiss, D.S., Metzler, T.J., Best, S.R., Neylan, T.C., Rogers, C., Fagan, J. & Marmar, C.R. (2001, September). The Peritraumatic Distress Inventory: A Proposed Measure of PTSD Criterion A2. American Journal Psychiatry, 158, 1480-1485.

[7] Andrews, G., Creamer, M., Crino, R., Hunt, C., Lampe, L. & Page, A. (2003). The Treatment of Anxiety Disorders. Clinician Guides and Patient Manuals – Second Edition. Cambridge: Cambridge University Press. Trad. it. Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e Manuali per chi soffre del disturbo (pp. 447-487). Torino: Centro Scientifico Editore.

[8] Porges,S.W.(2001).The Polyvagal Theory:Phylogenetic substrates of a social nervous system. International Journal of Psychophysiology,42, 123 –146.

Porges,S.W.(1993,October/November).The infant ’s sixth sense: Awareness and regulation of bodily processes.Zero to Three 14 (2),12 –16. – Porges,S.W.(1995).Orienting in a defensive world:Mammalian modifications of our evolutionary heritage.A Polyvagal Theory. Psychophysiology,32,301 –318. – Porges,S.W.(1997).Emotion:An evolutionary by-product of the neural regulation of the autonomic nervous system.In C.S.Carter,B.Kirkpatrick,&I.I.Lederhendler (Eds.),The integrative neurobiology of affiliation.Annals of the New York Academy of Sciences,807,62 –77. – Porges,S.W.(1998).Love:An emergent property of the mammalian autonomic nervous system.Psychoneuroendocrinology,23,837 –861.

[9] Marc Bloch, La guerra e le false notizie, Roma, Donelli, 2004 .

[10] Dalle Odi di Orazio (Odi 1, 11, 8)

[11] Mettere la mano sul proprio petto può avere il significato di auto protezione, nello stesso tempo può fornire anche una sensazione fisica di contenimento e di calore. Se invece sono presenti meccanismi autopunitivi, masochistici non è da suggerire. Il cuore come il respiro sono funzioni vitali che possiedono una molteplicità di implicazioni, significati.

[12] Siegel Daniel, Mindsight, La nuova scienza della trasformazione, Raffaello Cortina, 2011, Milano.

[13] Il termine insight letteralmente significa “visione interna” e in psicologia viene usato con il significato di intuizione.

[14] Il termine enactment o riattualizzazione è stato introdotto dallo psicanalista Jacobs Theodore nel 1986  esprime il tentativo messo in atto dal paziente di inserire nella mente dello psicoterapeuta un proprio bisogno collegato ad una esperienza fallimentare al quale è collegato un analogo bisogno del terapeuta. Ad esempio il bisogno di essere amata al quale è stato corrisposto nel passato un abuso da parte di un caregiver viene inserito nella mente dello psicoterapeuta con la richiesta implicita di ripetere assieme il bisogno di amore che lo psicoterapeuta stesso ha sperimentato i maniera altrettanto dolorosa. È quindi una co-creazione dove è data ad entrambi l’opportunità di evolvere, oppure di ritraumatizzarsi reciprocamente. La risoluzione non sta nella tecnica, ma nella capacità di immergersi insieme consentendo che tramite l’interazione il significato emerga e così anche l’elaborazione.

[15]Ferenczi S., 1924, Prospettive di sviluppo della psicanalisi. Reciprocità tra teoria e prassi, trad. it. Fondamenti della psicanalisi, Guaraldi, vol. 3, pg. 177, Rimini, 1974