Il corpo nel VIC: palcoscenico o protagonista?


Marzio Sabbioni, Psichiatria & Psicoterapia FMH Medicina Interna FMH, Medicina Psicosomatica e Psicosociale FA SAPPM, 3012 Berna, Svizzera

Il Vissuto immaginativo catatimico.

 Il Vissuto immaginativo catatimico (VIC) viene introdotto nel 1954 da Hans Carl Leuner in Germania come terapia psicodinamica che usa in maniera semi-strutturata l’immaginazione (Leuner, 1988).  Si basa sui concetti psicodinamici dell’Inconscio, del processo primario (PP) e del processo secondario (PS), del transfert e del controtransfert, del conflitto e dei meccanismi di difesa.

Il VIC permette la messa a fuoco dei conflitti ed il controllo dei processi regressivi.  Elicita nel paziente processi di simbolizzazione e di elaborazione dei simboli con tecniche specifiche e favorisce , grazie al sostegno del terapeuta, l’esplorazione e l’azione sperimentale nel campo immaginario.

La prima elaborazione, attivata con il VIC, si svolge al livello dei simboli considerati come immagini di rappresentazioni di Sé, come rappresentazioni di relazioni oggettuali e/o di relazioni di transfert. L’elaborazione dell’immagine catatimica continua con il protocollo e la rappresentazione (artistica) dell’immaginazione, si conclude con la riflessione sui contenuti dell’immaginazione col paziente in sedute susseguenti. (Martinelli, 2009)

Il Processo Primario nel VIC.

Il Processo Primario (PP) sta alla base dell’attività immaginativa, che noi utilizziamo nel VIC. I processi di elaborazione del PP si basano sulla capacità congenita di percezione amodale e sui meccanismi di spostamento, condensazione e simbolizzazione scoperti da Freud (Salvisberg, 2012)

I risultati di tale PP sono percezioni sensoriali, azioni, emozioni che devono essere simbolizzati (in immagini) e mentalizzati per essere rese accessibili al Processo Secondario (PS) e quindi alla riflessione cognitiva.

Il PP si basa su un allentamento del controllo cognitivo, indotto dal rilassamento, la chiusura degli occhi, il rivolgere l’attenzione verso il proprio vissuto, nonché su un’attivazione delle strutture cerebrali associative e sull’accesso a diversi sistemi di memoria come anche a centri partecipanti alla regolazione delle emozioni. Questo lavoro favorisce la formazione di pensieri divergenti con associazioni di ampia portata, la nascita di impulsi creativi di soluzione nonché una rappresentazione di contenuti in immagini visive, uditive o tattili, come nell’arte, gioco, fantasia, sogno.

Il PP comprende un processo associativo di ricerca, il sovrapporsi di episodi e di esperienze emozionali precedenti provenienti dalla memoria implicita, il confronto secondo la similitudine emozionale (spostare e condensare), il riunificare le esperienze provenienti da diversi livelli dell’inconscio (condensazione) ed eventualmente anche l’espressione in un’immagine (simbolizzazione), oppure in un modello di comportamento, nell’immagine o nella realtà. Il processo primario secondo, è soggetto a sviluppo per tutta la vita (Salvisberg, 2012).

Il processo secondario (PS) si attiva se sono richieste prese di posizione obiettive e concrete oppure soluzioni in relazione alla realtà esterna oggettiva. Il PS ricorre al linguaggio verbale ed alla logica di causa effetto, tempo e spazio, e si lascia guidare da percezioni e concetti controllabili. Il PS ricorre alla memoria esplicito-dichiarativa che comprende informazioni episodiche e contenuti semantici su persone, luoghi e cose. I vissuti emozionali e relazionali possono essere simbolizzati e mentalizzati, così da permettere una riflessione cognitiva e dunque una rielaborazione anche con l’aiuto del PS.

Come funziona il VIC? Outside off, inside on.

Lo psicoterapeuta attualizza la tematica e i temi conflittuali da affrontare tramite il VIC nel colloquio preliminare e decide sul motivo/tema da proporre al paziente per favorire l’immaginazione. Poi procede con l’induzione nel paziente di uno stato di semi-veglia, grazie al rilassamento iniziale e alla chiusura degli occhi. Per avviare e sostener l’immaginazione è essenziale favorire un’attivazione del PP, una riduzione dei meccanismi di difesa, ma anche delle ansie ed altre emozioni negative, grazie ai meccanismi del PP di simbolizzazione, spostamento e condensazione dell’immaginazione. Un altro meccanismo di base è l’attivazione delle risorse, della creatività e della sperimentazione alla ricerca di nuove soluzioni. In altri termini si tratta di promuovere l’attività di fantasia e la capacità di simbolizzazione, dando impulso allo spazio psichico interiore.

Lo psicoterapeuta accompagna il paziente durante l’immaginazione mantenendo un contatto continuo chiedendo al paziente di descrivere ciò che immagina e percepisce (Principio dialogico) intervenendo per sviluppare l’immagine con i suoi simboli, le risorse e l’elaborazione del conflitto a livello simbolico. La relazione terapeutica con il transfert specifico favorito dal setting durante l’immaginazione ed il modello del Principio dialogico corrispondono alla co-costruzione del legame sicuro, ovvero il terapeuta rispecchia con i suoi interventi, in modo marcato e contingente, gli stati mentali del paziente, aiuta il paziente a designare e regolare le esperienze corporali ed emozionali. La sicurezza di essere in “buone mani” favorisce un’esplorazione fiduciosa dei simboli e delle emozioni contenuti nell’immagine.

L’iniziativa, nell’immaginazione, arriva dal paziente (“regista interiore dell’immaginazione” in analogia al “regista interiore del sogno”), ma gli interventi terapeutici devono avvenire in modo efficace, favorendo il PP. Gli interventi devono limitarsi al “cosa” e al “come”, evitando descrizioni tecniche-quantitative o domande sul “perché”, ovvero accettare la “logica” del PP nell’immaginazione (p.es. volare, respirare nell’acqua, regressione di età).

Lo psicoterapeuta può seguire due strategie di intervento distinte quale “lo sviluppo della scena” o “la focalizzazione su di un elemento scenico problematico/conflittuale”. Favorire “lo sviluppo della scena” significa chiedere al paziente di descrivere tutte le qualità sensoriali dell’immagine (visive: forma, colore; uditive: suoni, rumori; olfattive: profumi, odori; gustative; tattili; temperatura; propriocezione, equilibrio, dolore). È importante includere nei vissuti anche le dimensioni corporee come la fame, sete, stanchezza, ma anche il benessere, il piacere di mangiare, bere, muoversi, ammirare la natura, raggiungendo così stati emotivi profondi, rendendo l’effetto dell’intero processo ancorato nel profondo. Nel contempo si tratta anche di seguire e sviluppare la narrazione della scena (senza conflitti) con interventi di risonanza, di incoraggiamento, di chiarificazione, arricchire e nutrire, avvicinarsi e riconciliarsi per esempio dare da mangiare, accarezzare, chiarire le sensazioni corporee e le emozioni vissute.

“Focalizzare l’attenzione su di un elemento scenico problematico /conflittuale” significa sostenere il paziente a rimanere nell’immaginazione regolando le distanze, garantendo l’incolumità del paziente e dei simboli usati, se simboleggiano parti del Sé del paziente, chiarire le sensazioni corporee e le emozioni vissute, far descrivere tutte le qualità sensoriali dell’immagine problematica/conflittuale. Focalizzare l’attenzione su di un elemento significa anche sostenere il paziente a sopportare le emozioni negative. Invitarlo a regolare le distanze rimanendo nell’immagine: bandire e confrontare (fissare l’oggetto), esaurire e diminuire (cacciare l’oggetto). Focalizzare l’attenzione immaginativa su alcuni elementi dell’immagine facendoli descrivere nel dettaglio assieme alle sensazioni corporee che li accompagnano, “usare la lente” ad esempio l’occhio con lo sguardo, un movimento particolare, una sensazione nel corpo, per poi indurre un loop associativo, per esempio indurre un’altra immagine, chiedendo se il fenomeno o la sensazione sia riconducibile a persone o situazioni conosciute in passato. Si tratta in questi contesti di favorire la ricerca di soluzioni creative e la sperimentazione nell’immaginazione (“cosa potrebbe essere di aiuto?”, “provi a vedere”).

Dopo l’immaginazione lo psicoterapeuta incoraggia il paziente ad elaborare con metodi artistici, come ad esempio mediante il disegno, uno degli episodi dell’immaginazione e a scrivere un protocollo dell’immaginazione. Il prodotto artistico/disegno struttura lo spazio tra terapeuta e paziente, aiuta il paziente a vedersi dall’esterno e favorisce le capacità di riflessione/mentalizzazione. Il prodotto artistico/disegno associato alla stesura del protocollo aiutano a chiarire malintesi sull’immaginazione, favorisce lo sviluppo di indipendenza e autonomia, così che il paziente affronta da solo i contenuti dell’immaginazione disegnandoli e descrivendola. Questo rafforza anche il ricordo dell’immaginazione, che già di per sé viene ricordata di solito senza problemi, al contrario dei sogni.  L’immaginazione continua alle volte anche dopo la seduta.

In un successivo incontro lo psicoterapeuta elabora i contenuti dell’immaginazione con il paziente. Non tutti gli elementi di un’immaginazione devono essere elaborati esplicitamente. L’effetto terapeutico dell’immaginazione si manifesta anche senza elaborazione esplicita dei contenuti quando si tratta di attivare le risorse, di restituzione narcisistica e di soddisfazione di bisogni arcaici o di colmare le lacune affettive e relazionali con l’aiuto dell’immaginazione. Promuovere la capacità di simbolizzazione e lo sviluppo di uno spazio psichico interiore, favoriscono una maturazione delle strutture dell’Io. I simboli sono considerati come immagini di rappresentazioni di Sé, come rappresentazioni di relazioni oggettuali e/o di relazioni di transfert. La dinamica della narrazione nell’immagine è considerata come espressione del conflitto psicodinamico.

La sequenza del conflitto psicodinamico nell’immaginazione catatimica.

All’inizio dell’immaginazione vi è un desiderio/motivazione ed il primo livello di conflitto è un conflitto di motivazione, un altro desiderio diverso. Il conflitto di motivazione produce una reazione emozionale negativa come paura, vergogna, senso di colpa. Poi possono manifestarsi fattori di disturbo contro l’imposizione del desiderio.

Il secondo livello di conflitto è un conflitto di imposizione del desiderio dovuto ai fattori di disturbo, contro l’imposizione del desiderio, che è anche accompagnato da una reazione emozionale negativa

Poi c’è la reazione di difesa contro il conflitto innescata dalla reazione emozionale al conflitto o la ricerca di una soluzione. La psicodinamica del conflitto è influenzata dalla struttura psichica, della capacità di mentalizzazione e di simbolizzazione, dai modelli di relazione e dalla relazione terapeutica. Collegati a questi fattori troveremo in primo luogo una reazione di difesa o la ricerca di una soluzione, grazie all’immagine e alla relazione terapeutica.

Meccanismi terapeutici nel VIC.

I meccanismi terapeutici nel VIC possono essere così elencati:

L’inconscio.

Tutte le funzioni psichiche (COME) sono inconsce. I contenuti (COSA) possono essere coscienti e riflettuti. Le funzioni dell’Io come percezione, simbolizzazione, cognizione, mentalizzazione sono inconsci. Sono il frutto delle relazioni primarie a partire dall’infanzia, ovvero dalla capacità dei caregivers di rispecchiare in modo marcato e contingente gli stati mentali del bambino e sono legati all’acquisizione del linguaggio verbale e della Theory of Mind che permettono all’infante di riflettersi e di generare una coscienza di Sé.  La qualità delle funzioni psichiche inconsce è un riflesso della qualità delle relazioni primarie di attaccamento (Klöpper, 2014).

Le nostre azioni, ma anche i nostri pensieri, sono guidate da emozioni primarie, ben descritte da Panksepp (Panksepp & Biven, 2012), da schemi emotivi comportamentali impliciti procedurali, nonché da un sapere relazionale implicito procedurale. Questi elementi essenzialmente inconsci possono tuttavia essere percepiti.

Il sapere relazionale implicito-procedurale è strutturato in rappresentazioni preverbali, senza immagini, di sequenze azione-sensazione-azione, oppure sensazione-azione-sensazione derivanti dalle prime interazioni con importanti figure di riferimento, non esprimibili in parole.

Solms mette in questione la definizione di “conscio” come sapere o memoria verbalizzata ed afferma che il vissuto affettivo è “conscio”, anche se questo non può ancora essere simbolizzato o verbalizzato. Noi lo percepiamo, agiamo di conseguenza, tuttavia non lo “sappiamo” (Solms, 2013).

Le modalità di elaborazione dell’inconscio utilizzano: schemi emozionali e senso-motori memorizzati implicitamente, rappresentazioni del Sé e oggettuali con relativi affetti e le interazioni memorizzate quali schemi senso-motori.

Emozioni primarie, secondarie, terziarie.

Panksepp ha studiato e descritto le emozioni primarie, anoetiche negli animali. Sono emozioni inconsce e omeostatiche, interocezione come ad esempio la fame, la sete. Le emozioni sensoriali sono sensazioni piacevoli o spiacevoli o disgustose innescate dal esterocezione sensoriale. I sistemi di azione emotiva, l’intenzione nell’azione sono SEEKING, FEAR, RAGE, LUSTR, CARE, PANIC, PLAY (Panksepp & Biven, 2012)

La trasformazione secondaria delle emozioni avvengono attraverso l’apprendimento noetico (gangli basali), il condizionamento classico, ad esempio FEAR tramite amigdala basolaterale e centrale, il condizionamento strumentale e operante, ad esempio SEEKING attraverso il nucleo accumbens, gli schemi emotivi e comportamentali  per lo più inconsci, tramite striato dorsale, come l’esplorazione, fight/flight  (lotta/fuga), il sesso, il nutrimento materno (Panksepp & Biven, 2012)

La trasformazione terziaria delle emozioni e le funzioni cognitive neocorticali auto noetici avvengono attraverso le funzioni cognitive (pensiero e di pianificazione, neocorteccia di associazione), il rivivere affettivo e la regolazione degli affetti tramite il cingulum, corteccia orbitofrontale e mediale (Panksepp & Biven, 2012)

Modelli neurobiologici dello sviluppo.

Il cervello sottostà ad un processo di sviluppo e maturazione delle sue strutture neuronali, che vanno a pari passo con le capacità affettive, cognitive, e sociali. L’emergere di queste capacità è limitato dalla presenza di finestre di tempo per lo sviluppo e da condizioni ambientali e relazionali favorevoli. L’attaccamento si può considerare come la base per lo sviluppo del Sé e della regolazione degli affetti. A partire dal 9 mese inizia a svilupparsi l’intersoggettività. Il bambino può leggere le emozioni materne e le riferisce a se stesso, può percepire le reazioni della madre come reazioni ai propri segnali. La memorizzazione attiva di esperienze e contenuti di apprendimento richiede una maturazione sufficiente del sistema limbico (Ullmann, 2012).

Il proto-Sé è una descrizione neuronale, raccolta di mappe neuronali, immagini, di aspetti relativamente stabili dell’organismo, inteso quest’ultimo come ambiente interno, struttura degli organi interni e lo stato fondamentale dei portali sensoriali. Il Sè-nucleo è generato quando il proto-Sé è turbato da una interazione tra l’organismo ed un oggetto. Le innumerevoli ripetizioni di questo processo descrive il processo di formazione del Sè. In questo processo gli oggetti ottengono gradazioni di valor, emozioni relative agli oggetti, quindi le immagini sono organizzate secondo le esigenze e gli obiettivi dell’organismo, omeostasi, sopravvivenza. La memorizzazione delle immagini risultanti dall’interazione tra organismo ed oggetti porta alla nascita di un protagonista ben definito, un Sé- autobiografico (Damasio, 2012).

Possiamo parlare di differenziazione psico-somatica dove all’inizio cerano il corpo e la relazione. Le percezioni sensoriali, propriocettive sono rappresentate mentalmente e costituiscono un primo spazio mentale. Queste esperienze, stati, azioni fisiche ed emotive, sono alla base di prime esperienze di unità del Sè. L’esperienza del corpo avviene fin dall’inizio in interazione con i caregivers. Le rappresentazioni del corpo sono quindi immagini di esperienze di relazione e di confino, separatezza. L’esperienza di confino, separatezza è centrale per la formazione del Io e del Sè. Il caregiver giuoca un ruolo importante nella designazione e regolazione di esperienze corporali e affettive e nella formazione di un oggetto interno buono. Il vissuto corporale si evolve anche nella differenziazione tra il corpo che ho e il corpo che sono (Küchenhoff & Agarwalla, 2012).

Desomatizzazione e resomatizzazione.

Lo sviluppo della capacità di simbolizzazione linguistica e la capacità subsimbolica – simbolica / non verbale – rappresentazione verbale simbolica, porta ad una desomatizzazione dell’esperienza e permette la riflessione. Le esperienze perdono l’immediatezza e guadagnano in universalità e comunicabilità. Al fine di preservare sia l’accesso alle emozioni associate al corpo che la capacità di riflessione linguistica e necessario saper oscillare tra resomatizzazione e desomatizzazione. Sotto pressione c’è la possibilità di una regressione a esperienze della prima infanzia, dove esperienze fisiche ed emotive accadevano simultaneamente, equivalente al processo di resomatizzazione. I pazienti in situazioni conflittuali non risolvibili a livello linguistico-simbolico sono inondati da reazioni affettive-corporee (Küchenhoff & Agarwalla, 2012).

Accedere alla memoria procedurale tramite micro-narrazioni.

Le prime esperienze preverbali non possono essere ricordate come episodi, ma sono memorizzati come procedure senso-motorie, la conoscenza procedurale è implicita ed è costituita da unità narrative, micro-narrazioni. Le micro-narrazioni hanno una struttura costituita dall’azione, dalla motivazione, dallo scopo, dall’intenzione, e da un contorno di vitalità, curva di tensione drammatica. L’esplorazione di micro-narrazioni mette a fuoco le cose di cui non saremmo altrimenti stati consapevoli, in quanto sono note solo implicitamente, ma non sono espresse a parole. Ogni parola, ogni emozione, ogni azione, ogni postura, ogni sensazione, ogni percezione è importante. Si lavora quindi prima sui contorni di vitalità e solo dopo sui contenuti: Qual è la sensazione di essere nel mezzo delle cose. (Stern, 2000)

I disturbi precoci di relazione.

I disturbi precoci di relazione producono delle conseguenze sull’Immagine del corpo e del Sé corporeo. La struttura del Sé corporeo è insufficientemente sviluppata, la vitalità dell’esperienza del corpo è limitata, la percezione dei propri bisogni, che è mediata da segnali del corpo è compromessa, l’esperienza di appartenenza del proprio corpo è dubbia, l’immagine del corpo come rappresentazione del proprio corpo rimane vaga e soggetta distorsioni. Il corpo che ho, non è parte affidabile a disposizione della propria persona, c’è solo un limitato senso di sicurezza nel proprio corpo, l’esperienza di riluttanza è vissuto fisicamente e meno psicologicamente (Küchenhoff & Agarwalla, 2012).

Le conseguenze di disturbi precoci (di relazione) sull’Immagine del corpo e del Sé corporeo sono varie. Quello che succede nel proprio corpo rimane incomprensibile, l’immagine corporea non è parte di un Sé olistico, che integra aspetti mentali e fisici. Gli eventi corporei non hanno un significato emotivo naturale legato all’Io, ma sono accompagnati da stati affettivi violenti, difficili da capire e da esprimere in parole. L’Io che percepisce, pensa e sente, percepisce il proprio corpo come corpo altro, un oggetto, che sembra minacciare il Sé. Il Sé cerca di far fronte all’esperienza del corpo minaccioso con degli sforzi cognitivi, formazione di credenze di malattia. Il Sé assediato si sente pressato a chiedere aiuto a potenti salvatori (Küchenhoff & Agarwalla, 2012).

 

Il corpo come protagonista e palcoscenico dell’inconscio

Le immagini catatimiche sono il risultato di un processo di simbolizzazione di motivi/desideri, conflitti, meccanismi di difesa a ricerca di soluzioni. Le percezioni sensoriali nell’immaginazione costituiscono la base della percezione delle emozioni e della relativa elaborazione secondo il PP che si basa sulla capacità congenita di percezione amodale e dei meccanismi di spostamento, condensazione e simbolizzazione. Durante l’immaginazione gli interventi terapeutici devono sostenere il PP per poter usare terapeuticamente la capacità creativa del PP alla ricerca di soluzioni, mediante l’accesso a diversi sistemi di memoria e di emozioni, attivazione delle strutture cerebrali associative con pensieri divergenti, rappresentazione di contenuti simbolizzati in immagini visive, uditive o tattili, come nell’arte, gioco, fantasia, sogno (Salvisberg, 2012).

Durante l’immaginazione catatimica il “buon” terapeuta incoraggia il paziente a prendersi cura del proprio corpo mediante la soddisfazione di bisogni primari come il bere, mangiare, riposare, l’attivazione di risorse, soddisfazione di bisogni arcaici, esperienza emotiva correttiva.

La strategia di “sviluppo della scena” prevede che durante l’immaginazione catatimica gli interventi terapeutici siano rivolti ad arricchire e chiarire le percezioni sensoriali: cosa vede, sente, quale il colore, la forma, l’odore, il gusto, il tatto. Il buon terapeuta chiede come si muove, quali sono le sensazioni che prova movendosi. Solo in un secondo momento e non sempre, domandiamo “come si sente?”. Questa strategia può essere anche perseguita in presenza di forti reazioni affettive. Ci interessiamo alla percezione vissuta non all’osservazione tecnica o alla comprensione scientifica.

Nella strategia della “focalizzazione su di un elemento problematico” gli interventi terapeutici sono rivolti ad arricchire e chiarire le percezioni sensoriali e di movimento. Rallentare la narrativa e mettere a fuoco ad esempio mediante la lente d’ingrandimento, le posture, i movimenti, le unità micro-narrative.

È possibile indurre dei processi di modifica attraverso la richiesta di sopportare gli affetti negativi, il riconoscere qualità sensuali e tattili alternative, chiedendo se non ci sia dell’altro che del negativo nell’immagine, o indurre un loop associativo.

 

Bibliografia.

Damasio A. (2012). Il sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente. Adelphi

Klöpper M. (2014). Die Dynamik des Psychischen: Praxishandbuch für das Verständnis der Beziehungsdynamik.

Leuner H.C. (1988), IL vissuto Immaginativo catatimico Città Nuova 1988 (fuori catalogo)

Martinelli M. (2009), La psicoterapia con il Vissuto Immaginativo Catatimico,  Edizioni Librerie Progetto, Padova.

Panksepp J, L Biven (2012). The Archaeology of Mind. Neuroevolutionary Origins of Human Emotions. WW Norton & Company, New York

Salvisberg H (2012) Symbolbildung und Symbolverwendung. In: H. Ullmann, E. Wilke (Hrsg.) (2012). Handbuch Katatyhm Imaginative Psychotherapie. Verlag Hans Huber, Bern

Solms M. (2013). The conscious id. Neuropsychoanalysis, 2013, 15 (1): 5- 19

Ullmann H (2012). Mnestische Systeme und ihre Veränderung. In: H. Ullmann, E. Wilke (Hrsg.). Handbuch Katathym Imaginative Psychotherapie. Verlag Hans Huber, Bern