Immagine del Corpo “sintesi vivente delle nostre esperienze”.


 

Luisa De Rosa, psicologa e psicoterapeuta ITP, docente della scuola di psicoterapia ITP.

 

Vorrei introdurre il mio contributo al tema del Seminario di oggi “Il ricordo è il tessuto dell’identità”, con le parole  di  Alice Miller (da A. Miller “Il Dramma del bambino dotato e la ricerca del Vero Sè” ed Bollati Boringhieri psicologia, Torino 1996):

“Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia . Possiamo però cambiare noi stessi “riparare i guasti”, riacquisire la nostra integrità perduta. Possiamo farlo quando decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati  e che sono memorizzate nel nostro corpo per accostarle alla nostra coscienza. È una strada impervia ma l’unica che ci dia la possibilità di trasformarci da vittime inconsapevoli a individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa.”

Considero queste frasi vere i quanto utili per il lavoro terapeutico che svolgiamo con i nostri pazienti nella psicoterapia.

Come riparare i guasti  degli eventi del passato memorizzati nel corpo per riacquistare l’ integrità, a partire dall’integrazione corporea all’integrità del Sé?

Come  modificare la posizione passiva data dal subire “vittime inconsapevoli” in quella posizione attiva dell’essere responsabili, comprensivi della propria storia,  “saggi” e “compassionevoli”?

I tre brevi  esempi clinici, il primo in fase di consultazione, il secondo in corso di psicoterapia e l’ultimo in conclusione della psicoterapia, possono aiutarci a considerare queste domande e a  fare delle osservazioni e riflessioni.

Quando ci occupiamo di eventi del passato  e della loro memorizzazione sul corpo perlopiù  facciamo riferimento alle fasi iniziali dello sviluppo, quando si depositano nella memoria implicita quei contenuti, collegati a esperienze, di cui si ha poca o nessuna coscienza (preconscio e inconscio). Questo è di grande  importanza nella pratica clinica e nelle  psicoterapie del profondo che si occupano e considerano fondamentali  le esperienze delle prime fasi della vita quando, ancor prima della nascita biologica, si costituiscono le basi dell’identità.   

Per considerare questo ambito  della memorizzazione sul corpo di esperienze relazionali precoci (inconsce o pre consce) che rivestono  valore nella costruzione delle basi identitarie, una nozione che ci è stata e ci sarà particolarmente utile è quella di “Immagine del corpo”. Nozione complessa e variamente intesa ma particolarmente importante perché è grazie al confronto con l’Immagine del corpo che sono possibili cambiamenti e  passi in avanti  riparativi e maturativi  nel corso della terapia con l’imagerie mentale. L’ Immagine del corpo è in effetti l’immagine fondamentale/basilare  di cui si occupa la terapia ITP.

L’ITP è  una psicoterapia immaginativa dialogica  che si svolge alla presenza del terapeuta, in particolari condizioni, in isolamento sensoriale, di rilassamento profondo con immagini simboliche prevalentemente spontanee, che sono il tramite  per la cura. L’effetto curativo si ha quando, al modificarsi delle immagini simboliche e del loro svolgersi in sequenze drammatiche significative, corrisponde il modificarsi dello stato psicologico emotivo affettivo e relazionale della persona  nella esperienza immaginaria e nella vita reale e viceversa. Nello svolgersi della cura si realizza una progressiva maturazione della personalità. L’IdC in genere  viene comunemente intesa come rappresentativa del proprio corpo del “come ci si vede”. Ciò trova una naturale applicazione ed un riferimento privilegiato nell’ambito bei disturbi dell’alimentazione e delle dismorfofobie. Ci riferiamo sinteticamente al concetto di Immagine del corpo per come è stata approfondita da alcuni degli autori che se ne sono occupati  importanti nella nostra formazione teorica: P. Schilder, F Dolto e L. Rigo e S. Rigo Uberto, per psicoterapia ITP.   P. Schilder( “Immagine di Sè e Schema Corporeo” traduzione italiana1950, ed  F.Angeli 1986 Milano) presenta gli studi sull’IdC  basandosi sulle impressioni della vita psichica, “nel percepire non agiamo solo come apparato percettivo, c’è sempre dietro una personalità che sente la percezione e questo è il suo, proprio modo di percepire”. Ha introdotto la differenza tra Schema  e Immagine del corpo. Schema è termine riservato al significato di struttura fisiologica che integra i dati dell’esperienza sensoriale e motoria e vien inteso come schema di orientamento tra le parti corporee e tra ciò che ci circonda e come schema di azione, invece  l’Immagine del corpo “immagine che di noi abbiamo nella nostra mente” viene descritta “è una rappresentazione, non del corpo come si presenta, bensì una rappresentazione affettiva e simbolica che, originata  all’interno della dinamica degli investimenti libidici narcisistici e oggettuali ha la funzione di garantire la stabilità e l’integrità dell’individuo”.
Viene pertanto postulata come inconscia, subconscia, talvolta più o meno “ oscuramente presente alla coscienza”.
Una formulazione  di IdC approfondita e molto condivisa,  si deve a F. Dolto negli anni ‘60, nel testo “Immagine Inconscia del Corpo” ed Red , 1996,Como. Dolto scrive che lo Schema corporeo identifica l’individuo come rappresentante della  specie umana, è  un fatto di realtà, è l’uso materiale del corpo, media l’organizzazione del corpo col mondo spazio e tempo  ed è teoricamente il medesimo per tutti e nelle età dello sviluppo.  Idc è propria per ciascuno legata  alla sua  storia personale, è specifica di una condizione  e di una forma  di relazione libidica narcisistica e oggettuale, perciò è inconscia “è la sintesi vivente delle nostre esperienze emozionali, vissute ripetitivamente  attraverso le sensazioni (erogene elettive) antiche o recenti del nostro corpo e di quanto è stato elaborato negli scambi affettivi”. Rappresenta la memoria inconscia di tutto il vissuto relazionale e al contempo è  viva  dinamica e interrelazionale quando è concretizzabile nel qui ed ora  attraverso  il disegnare , modellare, nell’espressione verbale plastica musicale, come nella mimica e gesti. Si struttura  attraverso la comunicazione tra soggetti, grazie all’IdC possiamo entrare in comunicazione con gli altri.  Per Dolto è un concetto organizzatore per mezzo del quale descrivere le tappe dello sviluppo del bambino. Contribuiscono  alla costituzione dell’IdC tre aspetti, immagine di base, immagine funzionale e immagine erogena, che sono costantemente collegati tra loro dall’immagine dinamica. Insieme garantiscono ad ogni stadio evolutivo l’immagine viva del corpo e il narcisismo individuale. In ogni stadio evolutivo l’IdC è costituita dall’articolazione dell’immagine dinamica o substrato dinamico (che si riferisce a pulsione di vita-desiderio di comunicare attraverso oggetti e sensazioni), di un’immagine di base (si riferisce a stessità di essere ed  è garante della coesione narcisistica, esistere e funzionare), di un’immagine funzionale (si riferisce a tensione verso il compimento del desiderio collegato ad un bisogno, è discontinua e attiva) e un’immagine erogena( si riferisce a tensione pulsionale, piacere e dispiacere).
È legata all’Immaginario non come fantasia,  ma per quello che si pensa di Sé nella mente. Si modifica nel tempo.
Nell‘IdC, il passato inconscio riverbera le relazioni attuali, la libido può risvegliare un’immagine relazionale arcaica. E’ la rappresentazione immaginaria del nostro corpo nella mente e l’immaginario introduce diverse distorsioni dell’immagine in rapporto al corpo, per esempio riguardo alla propria forma, alle proprie dimensioni, alla propria forza, bellezza, apprezzabilità e altro
Immagine inconscia del corpo sana potrà coesistere con uno Schema corporeo malato disturbato.

F. Dolto riferisce poi che un bambino con infermità malgrado abbia il suo Schema corporeo  danneggiato dall’infermità può avere un’ IdC sana, creatasi attraverso una buona relazione con l’ambiente, in cui è amato senza negare o nascondere l’infermità, ma ne parla  con lui e riconosce la validità dei suoi desideri e li integra in un gioco proiettivo fornendo sostegno narcisistico  al  bambino  affrontando con il parlarne del correre e del saltare, potendosi esprimere  e potendo  vivere nella fantasia i propri desideri. L. Rigo, nell’articolo “Su alcuni procedimenti verbali e infraverbali atti a ristrutturare lo schema corporeo in soggetti carenziati” (1973 Rivista sperimentale di Freniatria) avvia una lettura dell’IdC relazionale (non si riscontra nella definizione di schema) che si  presenta nella nozione fondamentale di Fantasma del corpo, che corrisponde al vissuto inconscio dello schema, e sinteticamente riguarda le esperienze precoci, preverbali. L’IdC tende ad esprimersi  in immagini (in particolare nel sogno e imagerie) che hanno tonalità emozionali piacevoli/spiacevoli. Il fantasma del corpo è portatore di segni o cicatrici del passato come traumi e carenze,  di mancate o incomplete differenziazioni. In questa  realtà  psicofisica  prevalgono i vissuti psichici. Serenella Rigo si riferiva all’ IdC come immagine “vista da dentro”, dalla sua genesi al suo sviluppo. L’immagine del corpo si attiva  e si sperimenta, quindi si viene a rappresentare intorno a due grandi poli: il movimento e il sensorio,    fondamentali sono le sensibilità profonde entero e propriocettive.  L’IdC può essere letta in senso evolutivo, seguendo lo svolgersi delle esperienze relazionali lungo l’attivazione delle sensorialità da quelle meno differenziate e più arcaiche (come il tatto, l’udito, l’olfatto, il gusto, fino alla vista), sia in senso “puntuale”, intendendo  la fissazione anacronistica in cui è stato annullato il tempo, quando cioè l’IdC trattenuta dai fantasmi corporei è rimasta bloccata, incagliata nello sviluppo per carenze e difetti di scambio e di interazione. L.Rigo, in “La Psicoterapia dell’Immagine, estratti da rivista  Minerva  Medico Psicologica 1962, definisce come fantasie-virtualità- cristallizzazioni- inconsce che perpetuano i traumi, carenze e conflitti infantili ed hanno carattere di fissità e ripetitività – conserva perpetuano i rapporti traumatici con le figure significative con le componenti rappresentative energetiche dinamiche drammatiche somatiche).                   L’Immagine del corpo è relazionale perché si costituisce nella comunicazione tra soggetti, si tratta di una comunicazione empatica con  prevalente componente non verbale. Comprende la disposizione, capacità materna a rispondere coerentemente e adeguatamente (in modo equilibrato tra soddisfazione e frustrazione) ai bisogni del bambino, a comprendere e contenere e rispecchiare i suoi stati interni affettivi riducendone gli effetti negativi, rendendoli tollerabili, senza proiettare sul bambino o inglobarlo, riconoscendoli come separati dai propri, mentre si crea un ritmo emotivo nella diade. Con  linguaggi diversi si fa riferimento a questa comunicazione empatica profonda madre e bambino che mette quest’ultimo in condizione di fare esperienza del Sé, evolvere nelle interazioni nella costruzione del suo apparato psichico. Basti pensare ai concetti di Stern “sintonizzazione  e rispecchiamento” e di  Bion capacità di “reverie materna”.  Con  altri termini che mi sembrano assai efficaci e  richiamano analogie concettuali significative, Rigo scriveva “Sono condizioni necessarie all’empatia,  la capacità di comunicazione non verbale…, un’ immagine non rigida di sé…,  una capacità di “regressione controllata…”.  L. Rigo  ne scrive sull’articolo “Annotazioni su un T-Group condotto con tecniche di IM e di psicoterapia non verbale”estratti da Rivista Sperimentale di Freniatria1970. L’empatia ha origine  nelle comunicazioni non verbali madre-figlio ed ha una sfumatura “femminile marcata, perché gli uomini diventino capaci di empatia “devono aver fatto la pace con le loro componenti materne”.

S. Rigo nelle relazioni che aveva presentate nel Convegno a Chambery  “Immagine del corpo”, nel Convegno di Treviso  1990 “Immaginario materno e immaginario infantile” faceva riferimento alle esperienze di studio, condotte in collaborazione anche con il gruppo Gitim, su una  casistica di psicoterapie condotte con ITP di madri di bambini piccoli e di psicoterapie parallele madre e bambino. Bambini che presentavano varie psicopatologie dello sviluppo dal ritardo motorio e linguaggio fino a disturbi psicotici e di spettro autistico. Evidenziava che l’influenza dell’ immaginario materno era tale da  plasmare e condizionare quello del bambino e che questa relazione immaginaria già dal concepimento fondasse le basi dell’Idc del bambino. Idc appartiene all’immaginario. Questa definizione va contestualizzata nella visione “concreta” dell’Immaginario di  S.Rigo: “Per immaginario intendiamo le aspettative, i rifiuti e le emozioni in genere che passano nel bambino già dalla gravidanza come messaggi corporei di distensione e tensione e quindi di benessere e malessere. Tale relazione e dipendenza è suffragata da vari studi francesi e italiani …”.   Il corpo è rappresentato nella sua completezza quando si è svolto bene il gioco di tensione (polarità di malessere/dispiacere/insoddisfazione/privazione/frustrazione…) e  distensione(polarità del benessere/piacere/soddisfazione/ gratificazione/…), in una comunicazione intensa  prevalente a livello preverbale, nelle cure e nelle relazioni corporee investite affettivamente. L’esperienza  non positiva può portare ad un’immagine  non integra lacunosa fino a IdC frammentata e scissa  come si riscontra nei disturbi psicotici di cui si è occupata G. Pankow che descrive le due funzioni simbolizzanti dell’immagine del corpo: la prima concerne la relazione dinamica tra la parte e la totalità del corpo fa riferimento all’unità e alla capacità di riconosce le parti come proprie. La seconda riguarda il corpo in quanto contenuto e senso riguarda l’ambito delle relazioni.

L’Immagine del corpo dice F. Dolto si rappresenta nelle produzioni grafiche pittoriche plastiche. Già nel ‘38 svolgendo le prime analisi con bambini  Aveva definito proprio IdC  il mediatore delle 3 istanze psichiche che si rappresentava allegoricamente nel materiale prodotto dal bambino “dietro a  queste rappresentazioni allegoriche c’è sempre incluso un qualcosa di simbolico, un vissuto che deriva dalle nostre condizioni in rapporto al mostro corpo, di cui portiamo l’immagine inconscia come substrato simbolico del nostro esistere. il corpo luogo materiale del soggetto cosciente ad ogni istante lo spazializza e temporalizza. L’Idc puro immaginario è fuori dal  tempo e dallo spazio, espressione degli investimenti libidici”.                                                                                                                    L’Immagine del corpo può proiettarsi su qualsiasi rappresentazione oggetto materiale vegetale animale e non solo in rappresentazioni umane ( Dolto, Chabert, Pankow).

Carlo è un bambino di anni 8, fa un disegno dell’albero eloquente, che presenta la sua IdC, in fase di consultazione. (Disegno dell’albero) È un bambino ribelle, irrequieto, aggressivo ha cominciato a far del male al fratellino prima che nascesse, colpendo il ventre della mamma in gravidanza. La madre soffre di ipertensione dalla gravidanza di C. è esasperata, finisce col picchiarlo. Ha avuto un primo aborto precedente alla gravidanza di C e uno successivo.
La brutta gravidanza è descritta come “turbolenta” sollecitando un’immagine  gravidica materna di intensità negativa, fino all’ 8° mesi nausea, vomito e minaccia di parto prematuro. La madre  considera il figlio  infelice che ha  pianto tanto, succhiava lentamente e la poppata si dilungava per ore . Ha avuto parecchi  ricoveri perché si ammalava spesso (infezioni vie respiratorie, disturbi gastroenterici e allergie e  eczema importante oltre il 6° mese ). Ha presentato difficoltà nelle separazioni piangeva tanto e non voleva andare all’asilo .  Tende a stare solo, poco socializzato, attaccato alle sue cose. C. è  un bel bambino, sviluppo fisico regolare per età. Ha modalità corporea adesiva che si manifesta nel rimanere fisicamente attaccato alla madre, impaurito. Afferra e si cinge la vita col braccio di lei, le trattiene la mano, si appoggia a lei. La guarda e la interpella prima di dare ogni risposta, attento alle sua parole puntualizza con ripetuti botta e risposta rivelando una buona capacità verbale. Teso, vivace, presente, intuitivo , manifesta una costante tensione  corporea, qualche parte del suo corpo è sempre  in movimento, collo, testa, mani, gambe.                                              Non esegue il disegno della persona. Il disegno dell’albero proposto a scopo diagnostico (secondo i criteri di analisi di Kock struttura e contenuto) appare eloquente per l’IdC. L’albero in analogia simbolica con la figura umana rappresenta vividamente l’IcC  di Carlo. Questo disegno dell’albero nella sua grandezza e completezza con buon livello di compimento del dettaglio mostra bene come sia integro lo Schema corporeo, ma mentre ci fa vedere il bel bambino che Carlo è, ci presenta una sorta di dura tensione, irrequietezza al limite dell’irruenza.                                                                                      La trasparenza (caratteristica del disegno  nello stadio del realismo  infantile verso i 4 anni) appare in Carlo come limite della sua separatezza tra interno/esterno e soprattutto come visione dall’interno con la preminenza dei vissuti interiori oggetto di drammatizzazione psichica. Rivela il suo tema  ricorrente che gli crea inquietudine e disorienta in ogni fase dello sviluppo psico-corporeo,  dentro i segmenti dell’albero, nelle radici, nel tronco e nella chioma. La drammatizzazione spontanea di C. sembra mettere efficacemente in scena l’origine precoce dei suoi problemi attuali di irrequietezza aggressività e dipendenza, scarsa socializzazione collegati ai vissuti corporei della madre. Nel corso dell’esecuzione grafica C. diviene confuso verbalmente e agitato con modalità instabili (sospende in un punto il disegno per proseguire in un altro.)  È soprattutto la zona inferiore – il sottosuolo – che lo richiama in più  riprese, interessato e attratto ad esprimere e narrare esperienze alla base dell’albero così a fondo radicato  quali espressioni dell’origine del suo esistere e collocate appunto in una polarità inferiore più organica, che sembra investita di affetti materni leggermente più  distesi (come si può evincere dalle linee un po’ più aperte e un po’ sinuose ). Qui i piccoli viventi formiche sono impegnati in attività tra  fuori e dentro la terra, nei pressi del formicaio riserva  di cibo ( verbalizza “formiche  vanno verso il formicaio a procurare il cibo”). Questa attività assimilativa dentro -fuori la superficie della terra così partecipata sembra evocare le poppate lente e prolungate. La qualità tattile dei piccoli insetti richiama anche a quelle  percezioni sollecitazioni cutanee sgradevoli (prurito) date dall’eczema di cui ha sofferto penosamente nel primo semestre di vita. Nel tronco, che si considera in rapporto a stabilità e consistenza dell’Io appaiono  troncature che rimandano a  frustrazioni e castrazioni. A questo livello della sua Immagine,  ricompare  con una certa durezza (data da linea più marcata e dritta) il tema che lo agita e confonde relativo alla guida e alla sicurezza del contenimento del nido-casa , con la presenza del fratellino.  Dice  qui è “Il percorso per l’ape che deve andare da uno scoiattolo, no dallo scoiattolo! praticamente nel nido che è dentro all’albero dove un’altra ape è già arrivata …”. La chioma ben sviluppata tende a richiudersi(come si evince dal movimento dei rami) in sé contraendo le aspirazioni come le  possibilità sociali e così si concretizza il suo conflitto con l’ambiente. Ancora nella sua rappresentazione l’Immagine del corpo replica  il tema del rifugio in una drammatizzazione di perdita della sicurezza e del contenimento, di impreparazione alle separazioni con il conseguente smarrimento. Spontaneamente racconta “l’uccello che deve andare al nido e sta cercando la strada per andare sul nido … La mamma era andata via e gli aveva detto di stare attento che non rubassero le uova. Lui era andato via con i suoi amici e adesso non riusciva più a trovare la strada per tornare al nido”. La sua IdC  vitale appare come  narrazione  di vissuti corporei di carenze di inconsistenza del contenimento con senso di perdita e abbandono e bisogni di contatto e i desideri di sicurezza precocemente influenzati da un immaginario materno gravidico negativo e da una difficile comunicazione nelle interazioni precoci scarsamente sintonizzate.

Secondo Rigo anche le posture la mimica-gestuale informano sull’Idc, ma la situazione per noi privilegiata in cui si autorappresenta  l’Immagine del corpo (inconscia) è la situazione di imagerie preceduta da una messa in condizione (rilassamento) alla presenza del terapeuta. L Rigo nell’articolo del ‘68 “La Tecnica Immaginativa di Analisi e Ristrutturazione del Profondo” scrive che  il processo terapeutico come si realizza nell’Itp è reso possibile dal rapporto intenso, profondo, semplice e continuato col terapeuta: “Che ci sia  bisogno di un contatto comunicativo profondo in cui si mettono in contatto gli immaginari è essenziale per le Tecniche psicoterapiche come ITP”. Questa qualità del rapporto terapeutico è necessaria perché si creinoscambi adeguati ai reali stati emotivo, affettivi, laddove carenze  traumi frustrazioni e conflitti precoci avevano bloccato rendendo insufficiente incompleta- mutilata- distorta o frammentata l’IdC. Con la psicoterapia ITP  le Ristrutturazioni con immagini simboliche portano  riparazioni delle carenze e traumatiche del passato e a riacquistare l’integrità dell’ IdC.  La seduta  si svolge in uno stato di rilassamento profondo  come messa in condizione preparatoria per la fase immaginativa quando essa si svolge come nell’Itp con IM, che è un processo di immagini mentali che si svolge in uno stato intermedio sonno, veglia. Con il rilassamento  fatto in  poltrona, con allentamento delle difese e l’emergere delle sensazioni, si invita a portare l’attenzione al mondo interno. La tecnica di rilassamento che si adotta con ITP ha una “maggiore anacliticità” scrive L. Rigo . Estratti da “Rivista sperimentale di Freniatria” 1969 “Alcuni fenomeni e condizioni nel corso  preparatoria  e  oniroterapica della psiocoterapia con imagerie mentale (IM)” che  l’attenzione sulle sensazioni,  l’ascolto delle stesse  sono facilitati dal contatto verbale (facilitazione col dialogo)  ascoltare  sensazioni di calore diffuso e  di unità e talora  pesantezza( data dallo stato di distensione muscolare) . Tutto questo riguarda il sensorio enterocettivo e propriocettivo. Nel rilassamento e successivamente nel processo immaginativo emerge l’Immagine del corpo con le sue falle e mancanze, vuoti, distorsioni. La persona può non sentire l’unità, avvertire parti mancanti, distorsioni, dismorfismi, asimmetrie, vuoti, accompagnati da vissuti di ansia, paura estraniazione, dissociazioni, disintegrazione. Interventi opportuni riportano all’integrazione corporea, attraverso le esperienze di calore diffuso, distensione e senso di unità corporea. Attraverso  il respiro la regolarizzazione e l’approfondimento  si ottiene un approfondimento del rilassamento con sensazioni di distensione e calma interna all’intero organismo.  Nel rilassamento  le esperienze che creano sensazioni di calore interezza appoggio sostegno  nell’accompagnamento verbale danno il senso di coesione unità interezza a volte centralità con senso di benessere. Lo  stato di piacevole passività che  ne deriva è evocativo di un rapporto duale di tipo materno regressivo che attiva la componente fantasmatica. La implicazioni transferali vengono considerate insieme alla dimensione interpersonale che attraverso il ripetersi  di esperienze cenestesiche piacevoli e partecipate possono fornire già nel corso del rilassamento ristrutturazioni che  sono significative sul piano psicoterapico. L’effetto mutativo avviene nella vicenda immaginativa, vissuta a livello di partecipazione corporea, sensoriale ed emotiva, in cui si attua la riparazione attraverso la gratificazione simbolica. Nella terapia immaginativa Itp la persona è  coinvolta profondamente nella vicenda immaginativa partecipa ed è fondamentale che si senta vivere, respirare, camminare, nuotare, e essere in tutta la gamma di attività cinetiche e statiche che si realizzano nel sogno da svegli, sensorialmente e dinamicamente nella scena immaginaria. L.Rigo infatti dice che nell’imagerie si vive l’immagine “concreta” (vissuto immaginario concreto) partecipata con tutta la sensorialità  a livello emozionale in profondità per concludere in sensazioni cenestesiche intense e prolungate di distensione, benessere, energia, rinsaldamento  che danno al paziente un senso di esiste vivere e rivivere in maniera prolungata e piacevole la  cenestesie che “cementa” l’Idc. L.Rigo  scrive  che  la cenestesi riguarda l’interno dell’organismo le sensibilità  profonde e intime e primitive ed è la presenza  empatica con  il coinvolgimento della madre che le rende  partecipate  le riconosce e dà valore restituendo il senso di essere insieme, creando le basi per identificazioni positive. Quando precoci, continuate e intense esperienze di fallimento saranno state  vissute più corrispondentemente a quel livello le esperienze compensative e riparative si ripeteranno e richiederanno prolungati approfondimenti nella cura della fase ristrutturante  con ITP .

Riferisco brevemente  di Marta con riferimento a rilassamento e ristrutturazione dell’IdC. Marta è una donna disabile di 40 anni  ha una diagnosi neurologica  di meningomielocele con spina bifida  e  idrocefalo operato  ed epilessia secondaria dai 10 anni. In  diagnosi neurologica viene descritta con “marcia tallonante impossibile sulle punte e in tandem con tendenza allo sbandamento pluridirezionale”. La Diagnosi psichiatrica dice che la donna soffre di  una forma di allucinazione con  paura e pianto e disturbi ossessivi. Vive un forte senso di una minaccia.                                                               Il disegno della figura umana rinvia al corpo percepito come asimmetrico disarmonico rigido e all’instabilità del suo incedere tremolante. Lo sguardo abbassato dice che la persona è lei stessa con gli occhi chiusi per guardare dentro di sé. 2°disegno femm   Vive un forte  senso di una minaccia. Descrive che frequentemente avverte  qualcosa di minaccioso che ha intenzioni malevole e aggressive nei suoi confronti. Riesce dopo qualche tempo ( in cui effettuiamo dei colloqui diradati ) a definirlo come un “orco.” Tale immagine compare nel test di Rorschach (in due tavole compatte  che favoriscono maggiormente la rappresentazione dell’IdC) come prima risposta orco, dalla forma perché è nero, ha un’espressione cattiva , occhi da cattivo , bocca aperta aggressivo, sia alla tavola IV  il famoso orco, massa incombente e imponente, immagine che mi vedo io quando mi viene questa paura, sta camminando verso di me, passo dopo passo , mi raggiunge prima o dopo” . In seduta dice “qualcuno mi vuole prendere minaccioso incombente alle mie spalle”. Inizialmente fa fatica a definire nel tempo  riferendo una minaccia che ricorda da sempre nella sua vita, in uno spazio-tempo indefinito.   Cercando di ricostruire più puntualmente la comparsa di questa “figura” minacciosa e malevola  quasi con sorpresa la colloca  all’età dei 10 anni. E’ una paura dominante per cui non riesce a stare da sola. Riesce a localizzarla nel tempo in cui era stata sottoposta a interventi  per idrocefalo. Collega questa paura alla sensazione sgradevole e dolorosa, nonché minacciosa relativa all’intervento chirurgico che era coinciso temporalmente con la morte del padre. La localizza nel suo corpo proprio nella zona dx della testa  dove dice “ho la valvoletta” (si tratta di una valvola uniderezionale che è connessa ad un catetere ventricolare, che regola il flusso del liquido cerebrale).                                                             Sembra dunque che la figura minacciosa, caratterizzata in modo infantile possa essere la proiezione di  sensazioni dolorose di tipo fisico protratte dalla prima infanzia ed emotive che determinano  un vissuto persecutorio a carico della sua immagine corporea. La pesantezza è un altro elemento che caratterizza il suo vissuto sia corporeo che affettivo relazionale. Avverte la rigidità, come un tronco, e soprattutto la pesantezza del suo incedere difficile e instabile e  avverte la pesantezza di essere fin  dalla nascita un peso per la madre.                                                                                         Minaccia e pesantezza caratterizzano la sua immagine corporea, motivata in parte dai suoi vissuti corporei , in parte dai suoi vissuti relazionali. Nel rilassamento appaiono inizialmente numerose disarmonie soprattutto a carico della pesantezza e di disturbi di dislocazione corporea  relativa alla postura degli  arti che sente in modo anomalo (più sollevato più abbassato più pesante o leggero). Il corpo percepito come un tronco dal bacino in giù  viene sentito sgradevolmente pesante. E’ innegabile che queste sensazioni siano  conseguenti al suo corporeo reale. Nel corso del rilassamento  conquista un senso di unità corporea soprattutto dato dalle sensazioni di contatto e di affidamento alla voce del terapeuta assimilata come presenza benevola in armonia con lo stato di distensione che inizia  a provare. Successivamente nelle prime sedute ristrutturanti  riesce a sperimentare con sorpresa  e  a fare propri  vissuti di leggerezza  a livello corporeo  e a scoprire il piacere  “ la contentezza” di sentirsi particolarmente leggera la parte inferiore del corpo  e di muoversi “in modo leggero” con contatti freschi e morbidi e solidi al terreno. Sente il corpo più energico, dinamico e dice “cammino più attiva”.  Approfondisce queste sensazioni di postura cinestesia e contatto con emozioni di gioia e sentendosi più sicurezza. questo stato di distensione creato e conservato  con emozioni buone è la cenestesia che cementa l’IdC.  Tutto questo rappresenta uno stato di integrazione positivo e una modifica a livello dell’immagine del corpo più vitale  e apprezzabile.  Due elementi appaiono rilevanti per la sua evoluzione futura: l’esperienza del rilassamento  e la collocazione / riconoscimento  nella sua origine del suo “incubo” che l’ha fatta sentire sempre con un corpo danneggiato e  immagine corporea minacciata e inaccettata. Segue un desiderio più determinato e finalizzato a costruirsi una certa indipendenza al di fuori della Comunità in cui è inserita. Si definisce anche il desiderio di rendersi meno influenzabile dall’immagine materna che la vuole bisognosa e dipendente autorizzandosi delle iniziative in autonomia. Mentre si sta avviando questo consolidamento vitale e rassicurante della sua IdC , le comparse dell’orco si stanno riducendo e sta perdendo di minacciosità al punto che Marta  può tenere con questa figura un tono di dialogo quasi scherzoso  dicendogli un po’ come fanno i bambini nei loro giochi, “vattene via che non ho tempo da perdere con te , ho cose più importanti da fare!”.  Potremmo dire che è in corso un depotenziamento di questo fantasma del corpo costituitosi  in esperienze somatiche reali dolorose  precoci e protratte che sono state scarsamente contenute e metabolizzate nella  relazione materna. 

Per concludere accenno al caso di A. per confrontare tramite due produzioni grafiche  in forma di fumetto, l’evoluzione positiva dell’IdC associata al rafforzamento del sentimento e sicurezza di Sé in questo bambino che ha fatto una completa psicoterapia, condotta con le tecniche derivate secondo i principi dell’Itp, gioco, disegno e fumetto e modellaggio. Il disegno della figura umana iniziale con riferimenti a IdC desunta dal Rorschach. IdC non integrata del corpo portava senso di devitalizzazione e deterioramento con  depotenziamento del sé. Percezione del corpo prevalente di sensazioni propriocettive dall’interno all’esterno, dal rigido osseo dello scheletro a successive immagini animali scheletro di bue” e ancora “scheletro solo la faccia con i denti”. Movimento passivo , pressoché assente identificazione umana.  3 °figura maschile piccola  A. di 9 anni aveva iniziato la psicoterapia di gioco con ITP perché presentava una balbuzie importante unita a una forte inibizione che limitavano il rendimento scolastico e ostacolavano la socializzazione. Educato e serio aveva un comportamento esecutivo da bravo bambino, rinviava una impressione di fragilità emotiva e una sensazione corporea di blocco, come se fosse legato, trattenuto nella sua fisicità, rigida e costretta. Aveva disegnato con incertezze la figura umana piccola rigida e completa che trasmetteva la stessa staticità  corporea della sua persona fisica. Svolse  successivamente a un fase di psicoterapia di gioco, il fumetto sul tema suggerito della passeggiata nel bosco, che efficacemente evidenziò “l’atteggiamento attivo” che la  psicoterapia aveva suscitato nel  bambino.  4° fumetto bosco All’inizio il protagonista bambino affrontò la salita, si organizzò per superare “difficoltà fisiche” e ostacoli  che si presentavano nello scenario come attraversamento del fiume che egli disse “interrompere la strada nel bosco per ritornare a casa”. Riuscì a correre e ad arrampicarsi sull’albero, però rimase impotente di fronte al coccodrillo e impaurito dalla feroce carica di aggressività orale che tanto dissesto conseguente aveva. Il fumetto dava conferma sulla “fase ristrutturante” che A. stava percorrendo  con la ristrutturazione del senso-motorio che lo rendeva  più efficace  e intraprendente e  ma ancora non abbastanza. È necessaria la ripetizione, vivere e rivivere, di esperienze simboliche con vissuti di soddisfazione e integrazione,  per affrontare il persistere dei fantasmi orali aggressivi.  L’altro fumetto sul tema suggerito della visita al castello, è stato realizzato in fase avanzata verso la conclusione della psicoterapia durata circa un anno. 5° fumetto castello Questa sequenza immaginativa ci permette di fare una sintesi interessante dello sviluppo psicoterapeutico. Il suo protagonista era  “un bambino, vorrei che fosse un cavaliere”  così introducendo il desiderio realizzabile del “poter essere” in rapporto ad aspetti identitari ideali.                                                                                                      All’inizio il bambino si presentava come un corpo avvolto  in  movimento a passo sicuro; così intabarrato, va incontro alle intemperie come sono i travagli della vita, dando conferma che questo suo essere avvolto/chiuso è ben lontano dal blocco iniziale, è piuttosto la giusta, opportuna protezione per andare avanti con determinazione su verso il castello . E come sappiamo nel corso dell’imagerie già la disposizione attiva data da una buona integrazione  con effetto di coesione  e con emozionalità positive di fiducia  crea condizioni di facilitazione  nello scenario immaginario  predisponendo ad una situazione più favorevole. L’atteggiamento attivo modifica direttamente le imagos, causate dalla passività, e cambia contemporaneamente sul piano dell’azione immaginaria il modo di reagire abitualmente passivo del soggetto. L’atteggiamento attivo nei confronti delle fantasie è raccomandato da Jung  e da Desoille. La via si spiana  “Si abbassa il ponte levatoio”, egli entra nel castello a volto scoperto  incontra il mago, figura di potenza in questo caso benevola. Intraprende al suo seguito la direzione in salita, ad innalzare il valore del Sé. Dopo aver effettuato le ristrutturazioni corporee, affrontato i conflitti, raggiungendo attraverso la cura, una modificazione dei fantasmi del corpo, la sua  l’Idc integrata, più forte, più evoluta anche a livello identificazione maschile e identitaria con riappropriazione del narcisismo sano. Con l’accoglimento, la valorizzazione, la benevolenza della figura magica, egli ottiene in dono i simboli di forza e di coraggio del cavaliere.  Una  mitica eroica come una saga, si svilupperà in avventure  di conquista e  vittoria, nella fase conclusiva della psicoterapia. Mentre nella vita immaginaria si svolgevano queste avventure nella vita reale il bambino divenuto più sorridente e comunicativo era più integrato e  partecipativo al gruppo e avviava amicizie.

  albero di Carlo

  persona femminile di M.

3^ persona maschio caso di A   persona maschio caso di A.

  fumetto bosco caso di A.

  fumetto castello caso di A.