L’immagine mentale, il segno, il simbolo e l’ermeneutica: tra fenomenologia e psicoanalisi


Qual è il rapporto dell’immagine mentale con l’affetto ?Le immagini mentali sono in effetti prese in considerazione da molto tempo nelle investigazioni cliniche, specialmente nel campo psicoanalitico, ma lo sviluppo delle tecniche psicoterapeutiche fondate sull’imagerie è relativamente recente. Qual’è l’interesse dell’utilizzo dell’imagerie mentale in in questo campo ? Michel DENIS, ricercatore francese in imagerie cerebrale, lo riassume così :

I vantaggi attribuiti all’imagerie,in questo campo,si riferiscono innanzittutto al valore emozionale delle immagini e al fatto che ,molto spesso, gli affetti che esprimono non sono direttamente accessibili all’espressione verbale.Inoltre, l’imagerie sembrerebbe essere una modalità di accesso privilegiato alla memoria dei periodi precoci della vita, anteriore allo stabilirsi del linguaggio o ,comunque alla sua predominanza.Infine,l’ipotesi che spesso viene fatta è che l’imagerie, confrontata con il linguaggio razionale, è un’espressione più diretta degli aspetti non coscienti dello psichismo umano. [1]

 

Lo psichiatra Pierre MARCHAIS, sottolinea gli stretti legami tra immagine mentale,percezione e affetto : l’imagerie mentale partecipa, secondo questo ultimo, alla tematica dei disturbi mentali e rimane il riflesso della vita emozionale dei pazienti. La considera come direttamente legata ai processi analogici che contribuiscono allo sviluppo della patologia mentale. MARCHAIS précisa inoltre che l’imagerie mentale si crea con l’aiuto di elementi psicosensoriali primari per tradurre un vissuto affettivo; essa presenta di fatto un significato personale per ciascun individuo.

MARCHAIS precisa peraltro, a proposito dell’utilizzo psicoterapeutico delle proprietà dell’immagine mentale, che lo studio dell’immagine permette di approdare a tre constatazioni direttamente utilizzabili sul piano psicoterapeutico [2] :

1 – Dati i rapporti tra l’immagine e la carica emozionale dell’avvenimento vissuto, la presa di coscienza da parte del paziente di immagini divenute subcoscienti gli permette di esteriorizzare le emozioni traumatizzanti e di liberarsene attraverso la catarsi emozionale.

 

2 – Un’immagine carica di un’emozione rassicurante può modificare l’azione patogena di un’altra immagine carica di un’emozione angosciante se il paziente arriva ad associarle.

 

3 – Il pensiero, allontanandosi dall’immagine, si libera progressivamente della carica emozionale legata a questa immagine e questo fenomeno può avere un effetto terapeutico.

 

In questa prospettiva, l’immagine diventa un materiale di studio sia per il paziente che l’esprime sia per il terapeuta che prova ad evidenziarne il significato ed il ruolo con l’aiuto del suo paziente.Altra differenza tra concezione psicoanalitica e approccio oniroterapeutico delle immagini mentali, è lo spazio accordato alla verbalizazione delle immagini tra paziente e terapeuta : « La psicoanalisi ci mostra una situazione dove l’espressione verbale è privilegiata non solamente per trascrivere in parole l’immagine , come nel racconto del sogno, ma per obbligare il soggetto a porsi nel suo fantasma nella modalità dell’enunciato verbale. » [3]

Certi approcci oniroterapeutici considerano in  effetti che non è sempre necessario che ci sia verbalizzazione delle produzioni immaginative perchè esse abbiano degli effetti psicoterapeutici :

« (le immagini che sorgono in un stato subvigile) presentano un carattere terapeutico…/… nella misura in cui esse permettono a delle emozioni bloccate o rimosse di esprimersi, realizzando una catarsi efficace, indipendentemente dalla comprensione razionale del loro contenuto. » [4] 

 

Questo si congiunge con i propositi di Jean-Claude BENOIT a proposito del rêve éveillé terapeutico e, in maniera più generale, a proposito dei metodi psicoterapici d’imagerie mentale : « L’immagine, in sè, possiede una potenza particolare di coordinazione, di sintesi, di regolazione psichica ». [5]

Pierre MARCHAIS sottolinea che è attraverso l’analisi descrittiva delle nevrosi che si sviluppa lo studio clinico dell’immagine mentale e della sua funzione nella patologia mentale.Egli ricorda che, dal punto di vista clinico, questo approccio fu inaugurato da Freud con il simbolismo dei sogni. Ma mentre, per FREUD, l’immagine prendeva il valore simbolico di pulsioni instintivo-affettive da un punto di partenza sessuale, essa rappresentava, per JUNG, il simbolo di miti nascosto dentro un inconscio collettivo. Egli sottolinea peraltro che questo approccio è proseguito per una strada un pò diversa con DESOILLE  che considerava ancor più la dinamica  emozionale legata  all’immagine, interpretando la soggettività del paziente a partire da immagini ascendenti o discendenti suscitate in un rêve éveillé. [6]

Sul piano filosofico, lo studio qualitativo  dell’immagine prese  sviluppo con BERGSON e soprattutto con Gaston BACHELARD che sviluppò, accanto ad un razionalismo applicato, degli studi sulla vita soggettiva a partire dall’immagine considerata sotto  forma di rêverie poética. Per BACHELARD, esistono,accanto a delle immagini della forma, delle immagini dirette della materia, espressione di forze naturali che bisogna saper ascoltare. L’immaginazione è, per questo autore, una potenza maggiore della natura umana, un « universo in emanazione », e l’immagine assume un significato poético non essendo sottomessa ad una verifica dalla realtà .

Altri approcci psicoterapeutici priviligeranno e anche favoriranno all’inizio del 20° secolo  questa regressione temporanea ad una forma di cognizione più  primitiva, come dice Michel DENIS :

Nello stesso quadro teorico (cioè le psicotérapie d’ispirazione analitica – ndr), un’altra interpretazione si impegna a considerare l’imagerie come una sorta di linguaggio privilegiato dell’inconscio. Le immagini sarebbero insomma l’espressione diretta, eruttiva,nel campo della coscienza, delle idee e sentimenti rimossi. Cionostante, dato che il loro contenuto latente non è compreso dal soggetto, esse hanno poca possibilità di essere oggetto di una censura. Perciò le immagini, come rappresentazioni simboliche dei conflitti inconsci del soggetto, possono essere analizzate dal terapeuta e orientare la sua diagnosi. [7]

 

Per ciò che concerne le diverse interpretazioni dell’immagine mentale onirica, Pierre MARCHAIS sottolinea che la dimensione simbolica di essa non è affrontata nello stesso modo a seconda che siamo in una prospettiva  psicoanalitica o in una prospettiva fenomenologica delle produzioni immaginarie, essendo una centrata sui legami tra inconscio e sessualità, l’altra accordando uno spazio maggiore alla loro dimensione creatrice e poética.

MARCHAIS riassume le due vie possibili di comprensione dell’immagine mentale sul piano clinico e psicopatologico : un approccio centrato sul vissuto soggettivo  del paziente dell’immagine carica di affetti , l’altro approccio invece più vicino ad un percorso semiologico oggettivante centrato sullo spazio dell’immagine mentale nelle diverse patologie mentali.

Secondo lui, questa immagine vive e si trasforma, passando dalla percezione al simbolo o al segno. Per i suoi rapporti con la percezione, il simbolo o il segno, l’immagine mentale ha certe proprietà derivate dalla percezione, dal simbolo o dal segno che permettono di meglio comprendere e di meglio trattare i disturbi  névrotici.

Egli preconizza dunque che il suo studio si effettua in una doppia prospettiva.La prima la considererà nel suo valore soggettivo vissuto dal paziente, carico dei suoi affetti ; essa potrà essere fatta in maniera oggettiva attraverso l’analisi critica dei dati forniti dal paziente o in modo intersoggettivo nell’ottica psicoanalitica  o fenomenologica. La seconda considererà l’immagine oggettivamente in una maniera descrittiva come un «  modo di abbordare più scientificamente la psicopatologia». Il groviglio stretto dei due versanti soggettivo e oggettivo dell’immagine costituisce per MARCHAIS  tutta la difficoltà dello studio clinico dell’immagine.

L’approccio interprétativo tiene conto dei rapporti dell’immagine con il simbolo ed il segno. La scuola psicoanalitica ha largamente insistito su questo valore simbolico dell’immagine. MARCHAIS ricorda il punto di vista di  JUNG che considerava che l’immagine assume più il valore di un segno che di un simbolo nella prospettiva freudiana, nella misura in cui FREUD attribuiva a l’immagine del sogno un simbolismo sessuale fisso. JUNG attribuiva egualmente all’immagine un significato simbolico, ma sotto una forma essenzialmente individuale e a condizione che l’osservatore tenga conto del contesto del sogno e dell’atmosfera nella quale le immagini oniriche isolate sono celate. Esisterebbero per  questo autore alcune immagini mitiche nascoste nell’inconscio collettivo, che costituiscono delle immagini originali archetipiche ».

Gaston BACHELARD ha giocato un ruolo importante  in materia di lavori metodologici sull’immaginario. Se i suoi lavori hanno  segnato soprattutto le ricerche letterarie e filosofiche, la psicologia si è égualemente trovata arricchita dalle sue ricerche sui processi dell’immaginazione créatrice del 1935, lavori che porteranno alle cinque opere consacrate agli elementi  primari della natura (« La psicanalisi del fuoco », « L’aria e i sogni », « L’acqua e i sogni », « La terra e le rêveries della volontà », « La terra e le rêveries del riposo ») ed a diversi saggi ( « La poética dello spazio », « La poética della rêverie »  e « La fiamma di una candela »). BACHELARD esplora quelli che chiama i due versanti opposti e complementari dello psichismo umano, la concettualizzazione e la reverie. Il suo approccio non ha mancato di suscitare diverse critiche : i più positivisti gli rimprovereranno la sua unione tra ragione e immaginazione, portatrice di una concezione dello spirito  giudicata come troppo romantica ; altri, come Gilbert DURAND, gli attribuiscono d’aver messo in evidenza la dimensione creatrice dell’immaginario nella rêverie, anche se considèra comme eccessivo l’antagonismo che egli postula  tra immagine e concetto.

Per esplorare l’universo dell’immaginario, DURAND raccomanda l’approccio fénoménologico che, secondo lui, è il solo che permette di riesaminare con un sguardo  nuovo le immagini. Questo approccio mette in effetti l’accento sulla «  virtù d’origine delle immagini », esso « afferra l’essere stesso della loro originalità e beneficia così dell’insigne produttività psichica che è quella dell’immaginazione ». DURAND qualifica la fenoménologia bachelardiana dell’immaginario « scuola di ingenuità » che ci permette di « cogliere il simbolo in carne ed ossa ».

 

Fenomenologia e psicoanalisi dell’immaginario

 

BACHELARD precisa ciò che intende per un approccio fénoménologico dell’immaginario :

Solo la fenoménologia – cioè la considérazione dell’inizio  dell’immagine in una coscienza individuale  – può aiutarci a restituire la soggettività delle immagini e a misurare l’ampiezza, la forza, il senso della trans-soggettività dell’immagine.[8]

 

L’approccio fenomenologico dello psichiatra Ludwig BINSWANGER evoca il linguaggio delle immagini in psicotérapia comme appartenente  ad un altro dominio rispetto a quello del linguaggio corporeo e del corpo vissuto, che supera di molto quello del sogno, cioè il dominio della coscienza e del linguaggio immaginativo. Egli considera che la psicoterapia  adempie qui alla stessa funzione dato che, egli dice, « la sfera corporea e la sfera metaforica sono strettamente legate ».

Lo psichiatra Henri MALDINEY, situa così la fenomenologia di BINSWANGER riferendosi alla parola d’ordine di costui, il « ritorno alla cosa stessa» :

L’interprétazione non precede , ma segue il comprendere…/…

Della fénoménologia, Ludwig BINSWANGER, citando HUSSERL, formula così il progetto : « tutto ciò che , nel fenomeno,è realmente visibile anzicchè interpretarlo,bisogna prenderlo come si presenta da se stesso e descriverlo lealmente ». La fenomenologia espone il fenomeno come esso stesso si dà…/…

Una tale analisi tratta il vissuto come se fosse un oggetto, alla stregua di un qualsiasi altro oggetto. Essa suppone che tutta la vita cosciente sia una conseguenza o un insieme di componenti reali, chiamati stati o contenuti, o vissuti di coscienza, ma che sono dei fatti che hanno in comune la qualità cosciente. La coscienza ne è il riccettacolo o il substrato. [9]

 

Karl JASPERS, uno dei primi psichiatri che ha introdotto la dimensione fenomenologica in psicopatologia, raccomandava così, dentro una concezione molto husserliana, di liberarsi dagli a priori e dai pregiudizi, in particolare dal 

pregiuzio psicologico che vuole comprendere tutto sotto il pretesto che la comprensione  attraverso l’immedesimazione empatica è importante, andare aldilà di ciò che può essere compreso psicologicamente o ancora rischia di prendere le immagini o i confronti per una rapresentazione delle cose…/…

Bisogna allora distinguere la comprensione propriamente detta (“verstehen“, comprendere), riservata alla conoscenza ottenuta attraverso l’empatia (“Einfühlung“) di una messa in relazione, dalla spiegazione (“erklären“, spiegare), riservata alla scoperta di un legame oggettivo di causa ed effetto constatato dall’esterno con i metodi delle scienze naturali. [10]

 

Il filosofo francese Jean-Jacques WUNENBURGER posiziona BACHELARD rispetto alla psicoanalisi, il che permette di meglio comprendere perchè alcuni filosofi e una parte degli psicotérapeuti che si riferiscono implicitamente o esplicitamente ad un approccio fenomenologico dell’immaginario onirico abbiano  preso una certa distanza rispetto ad essa:

Questo è il motivo per cui, dopo aver appreso molto da essi, BACHELARD testimonia una diffidenza ironica riguardo ai metodi freddi, sempre troppo contaminati dal concetto, in particolare quelli della psicoanalisi. In quanto gli psicoanalisti si tengono il più delle volte alla superficie delle immagini, non distinguendo abbastanza immagine esplicita e immagine implicita, accontentandosi di approcci troppo globali, disincarnati, che mascherano l’importanza delle forze psichiche valorizzando in modo eccessivo i simbolismi  sociali. [11]

 

BACHELARD spiega in diverse occasioni la sua posizione rispetto alla psicoanalisi rifiutando di assimilare il simbolo al concetto, il sogno alla reverie e di fatto lo denuncia come un approccio intellettualizzante , riduttivo, che si oppone ad un approccio fenomenologico dell’immaginario :

La psicoanalisi classica ha spesso maneggiato la conoscenza dei simboli come se i simboli fossero dei concetti.Possiamo anche dire che i simboli psicoanalitici sono i concetti fondamentali dell’indagine psicoanalitica. Una volta che un simbolo è stato interpretato, una volta che abbiamo trovato il suo significato « inconscio », egli passa al rango di semplice strumento di analisi e crediamo di non aver più bisogno di studiarlo nel suo contesto e nelle sue varietà.[12]

Quanto allo psicoanalista, egli perde la risonanza, tutto occupato nello sbrogliare la matassa delle sue interpretazioni. Per una fatalità del metodo, lo psicoanalista intellettualizza l’immagine. Egli comprende l’immagine più profondamente rispetto allo psicologo. Ma, precisamente, egli la « comprende »…/… Interpretando l’immagine, egli la traduce in un linguaggio altro dal linguaggio poetico. Mai come in questo caso, a giusto titolo,possiamo dire : « traduttore, traditore ». [13]

In breve, conviene, per determinare l’essenza della rêverie, tornare alla rêverie in se stessa. E’precisamente attraverso la fenomenologia che la distinzione tra il sogno e la rêverie può essere messa in chiaro, dato che l’intervento possibile della coscienza nella rêverie apporta un segno decisivo. [14]

 

Abbiamo dunque qui una sorta d’inversione di senso dell’approccio « poetico-analitico » di BACHELARD rispetto a quello di FREUD, inversione che è stata messa bene in evidenza dal filosofo François DAGOGNET : « La psicologia analitica uccide l’immagine che fa risalire, se non a dei condizionamenti istintuali, perlomeno a delle situazioni infantili ». [15]

 

MARGOLIN précisa così la divergenza della linea di ricerca di BACHELARD in rapporto a quella di FREUD :

Un simbolo psicoanalitico, per quanto proteiforme sia, è tuttavia un centro fisso, inclina verso il concetto ; è insomma con una certa precisione un concetto sessuale. L’immagine è altra cosa. L’immagine ha una funzione più attiva…/…

La ricerca e la terapeutica freudiana sono orientate dalla scoperta della realtà sotto l’immagine, essendo questa ultima solo un mezzo per decriptare quella. Ma essa dimentica  la ricerca inversa : sulla  realtà, cercare la positività dell’immagine. Troppo spesso, per lo psicoanalista, la fabulazione  nasconde qualcosa. E’ una copertura. E’ dunque una funzione secondaria. [16]

 

Così, alla luce dell’ « erméneutica instaurativa » di BACHELARD – per riprendere l’espressione di Gilbert DURAND -,  possiamo dunque  postulare che l’immagine mentale non è solamente un sintomo régressivo verso una ferita nascosta o l’espressione d’una « castrazione simbolica ». Essa è una incarnazione simbolica delle nostre assenze ma anche dei nostri progetti. L’immaginario ha un senso solo se ci appare in un eternamente nuovo. Pierre EMMANUEL diceva  d’altronde che « analizzare un simbolo, è pelare una cipolla per trovare… la cipolla »… L’immaginario possiede dunque la propria realtà simbolica ; a questo proposito, il corpo è concettuale allo stesso titolo che il pensiero è corporeo. « La rêverie è la propédeutica di tutta la créatività, di tutta la poética », ci dice Gilbert DURAND. [17] Se numerosi psicoanalisti e psicoterapeuti contemporanei vedono nell’immaginario un rischio di una regressione verso un mondo magico dove l’immagine è sovrana, nondimeno rimane che le psicoterapie che fanno appello all’imagerie mentale onirica di veglia costituiscono una « via regale » d’accesso alle sorgenti psichiche della creatività.

L’immagine è dunque per Gilbert DURAND viziata, nella prospettiva psicoanalitica , da un’anomalia, incastrata com’è tra due traumatismi : il traumatismo dell’adulto che provoca la regressione nevrotica e il traumatismo dell’infanzia che fissa l’immagine ad un livello biografico di « perversità ». Il metodo associativo – nel quale l’associazione non possiede alcuna libertà – confuso con la ricerca strettamente deterministica d’una causalità non può che ridurre, di associazione in associazione, l’apparizione anodina e fantastica di un’immagine a non essere che l’effetto necessario della causa primaria e delle sue trasformazioni (derivazioni), cioè la libido e le sue trasformazioni biografiche.

Egli rimprovera alla psicoanalisi di ridurre il simbolo ad un segno-sintomo facendo appello ad un sistema pansessuale che riduce il polimorfismo del simbolo, essendo sempre l’immagine ,in questa prospettiva, significativa d’un blocco della libido, cioè di una regressione affettiva. DURAND fa così l’esempio della déa Minerva :

Si assiste ad una cascata di « riduzioni » psicoanalitiche : quando il comune dei mortali considera Minerva che esce dal cranio di Giove come il simbolo, o almeno l’allegoria, dell’origine divina della saggezza, lo psicoanalista, eguagliando nella  derealizzazione Minerva e la Saggezza, e secondo la stretta nécessità della causalità, facendo derivare l’astratto dal concreto, considera la Saggezza come il simbolo – o meglio l’indizio-effetto – di Minerva. Dunque, dopo una prima riduzione del simbolo ad una pura rappresentazione associativa, in  nome del principio lineare di causalità, si inverte il senso comune del simbolo : il simbolizzante è  eguagliato logicamente al simbolizzato e si può allora, con un’operazione di reversibilità, rimpiazzare l’uno con l’altro.

Secondariamente, di riduzione in riduzione, Minerva che esce dal cranio di Giove è « ridotta » a sua volta alla rappresentazione della nascita dalla vulva… c’è solo un passo da superare e l’emergere della saggezza non è altro che l’effetto-segno della volgare nascita del comune mortale dalla vulva femminile. La saggezza stessa,  come Minerva, non è alla fine che un effetto-segno della sessualità. [18]

 

DURAND aggiunge che il difetto essenziale della psicoanalisi di FREUD è di aver combinato un déterminismo stretto che fa di un simbolo un semplice « effetto-segno » con una causalità unica, cioè la libido. Di qui, il sistema esplicativo non può che essere un sistema univoco dove un segno rinvia ad un segno, ed un sistema pansessuale nel quale il segno ultimo,la causa, è incidente della sessualità, essendo quest’ultima una sorta di motore immobile di tutto il sistema. Egli scrive nella sua opera « L’immaginazione simbolica » :

La terapia è qui una ermeneutica (uno sforzo di decifraggio) del messaggio simbolico. Troverà anche consonanza ed eco nei metodi del « rêve éveillé », diretto o no – caro al mio amico  André VIREL – e di cui Léon DAUDET, romanziere apprezzato da JUNG, fu il precursore ; eco anche nella « realizzazione simbolica » del Dr. SÈCHEHAYE, ed in generale in tutti i metodi  che  utilizzano a  fini terapeutici, ma anche a dei fini pedagogici « l’immaginazione attiva ». [19]

 

E’ possibile una convergenza delle due ermeneutiche ?

 

Approccio psicoanalitico e approccio fenomenologico sono così incompatibili? Se si segue il pensiero di BACHELARD, sembra di si. Per parte sua, Gilbert DURAND concede del credito solo alla prospettiva junghiana, rigettando l’approccio freudiano per il suo riduzionismo. Si sa nel frattempo come la fenomenologia abbia influenzato certi approcci psichiatrici che hanno tentato di conciliare  psicoanalisi e fenomenologia, in particolare nell’analisi esistenziale di BINSWANGER. Una strada di complementarietà possibile è stata proposta dal filosofo Paul RICŒUR, malgrado l’opposizione che egli sottolinea tra una archeologia del soggetto – rappresentata dalla psicoanalisi – ed una teleologia del soggetto – rappresentata dalla fenomenologia; egli raccomanda in effetti di riunirle  come due erméneutiche legate entrambe all’origine del senso, e dunque dalla  questione della interpretazione delle produzioni di immagini, per ciò che concerne il nostro proposito, su un versante simbolico :

L’esistenza  che la psicoanalisi scopre, è quella del désiderio ; e questa esistenza è rivelata principalmente in un’archeologia del soggetto. Un’altra ermeneutica – quella della fenomenologia dello spirito, per esempio – suggerisce un’altra maniera di spostare l’origine del senso, non più  all’indietro del soggetto, ma  avanti a lui…/…

 

E’ essa che, in ultima analisi, anima la « Fenomenologia dello spirito » di HEGEL. La cito qui perchè il suo modo di interpretazione è diametralmente opposto a quello di FREUD. La psicoanalisi ci proponeva una regressione verso l’arcaico, la fenomenologia dello spirito ci propone un movimento secondo il quale ogni figura trova il suo senso, non in quella che precede, ma in quella che segue ; la coscienza è così tirata fuori di sè, in avanti, verso un senso in marcia, di cui ogni tappa è abolita e ritenuta nella seguente. [20]

 

Così, per RICŒUR, una « teleologia del soggetto » si oppone ad una « archeologia del soggetto ». Questa teleologia, allo stesso titolo dell’ archeologia freudiana, non si costituisce che dentro il movimento dell’interpretazione costituito dal passaggio da una figura ad un’altra ; è la dialettica delle figure  dalle quali il soggetto è tirato fuori dalla sua infanzia, strappato alla sua archeologia. E’ per questo che la filosofia resta per RICŒUR una ermeneutica, cioè una lettura del senso nascosto nel testo del senso apparente.

Non è inutile ricordare qui, anche se è un luogo comune, che l’immagine è sempre la metà visibile del simbolo di cui l’altra metà è il simbolizzato al quale rinvia e con il  quale solamente esso prende significato.

André GUIMBRETIÈRE insiste sul fatto che il simbolo è innanzitutto « l’unione di due metà una di fronte all’altra, e di cui l’una appartiene all’universo simbolizzato e l’altra appartiene all’universo simbolizzante, dunque all’universo dell’espressione, o della manifestazione, o dell’emanazione o della rappresentazione ». [21] 

Dal canto suo, Jean CHEVALIER ricorda che « all’origine, un simbolo è un oggetto diviso in due, frammenti di ceramica, di legno o di metallo. Due persone ne  tengono ciascuna una parte, due ospiti,il creditore e il debitore, due pellegrini, due esseri che stanno per separarsi per un lungo tempo… Riunendo le due parti, riconosceranno più tardi i loro legami di ospitalità, i loro debiti, la loro amicizia…/… Il simbolo separa e mette insieme : comporta le due idee di separazione e di riunione :  evoca una comunità, che è stata divisa e che può riformarsi. Ogni simbolo comporta una parte di segno spezzato ; il senso del simbolo si scopre in ciò che è allo stesso tempo rottura e legame dei suoi termini separati ». [22]

 

RICŒUR riprende la distinzione dialettica tra archeologia e teleologia del soggetto come ermeneutica complementare nella sua opera « Sull’interpretazione. Saggio su FREUD », cosa che gli permette di porre la questione della dimensione esistenziale – presente in ogni percorso psicoterapeutico aggiungiamo noi – anche se limita il suo proposito al  percorso psicoanalitico :

Non basta, perchè acceda al suo vero essere, che il soggetto scopra l’inadeguatezza della coscienza che assume di se stesso, neppure la potenza del desiderio che lo pone nell’esistenza. Bisogna ancora che egli scopra che il « divenire cosciente », attraverso cui egli si appropria del senso della sua esistenza come desiderio e come sforzo, non gli appartiene, ma appartiene al senso che si fa in lui. Egli deve mediatizzare la coscienza di sè attraverso lo spirito,cioè attraverso le figure che danno un  « telos » a questo « divenire cosciente ». [23]

 

Vista da fuori, la psicoanalisi appare così, sottolinea RICŒUR, come una « ermeneutica riduttrice, demistificante ». A questo titolo, essa si oppone ad un’ermeneutica che egli qualifica  « restauratrice », ad una « meditazione del sacro ». La dialettica dell’archeologia e della teleologia è così per lui il « suolo filosofico vero sul quale può essere compresa la complementarietà delle ermeneutiche irriducibili e opposte ».Ne conclude che se il  freudismo è una archeologia esplicita e tematizzata, rinvia da sè, per  la natura dialettica dei suoi concetti, ad una teleologia implicita e non tematizzata. Egli considera che FREUD associa una « archeologia tematizzata dell’inconscio » ad una « teleologia non tematizata del divenire cosciente », come HEGEL lega la teleologia esplicita dello spirito ad un’archeologia implicita della vita e del desiderio.

Situandosi aldilà del « conflitto delle interprétazioni », egli propone dunque una dialettica dell’interpretazione i cui poli opposti sono costituiti da una ermeneutica archeologica e una ermeneutica teleologica e il cui « misto » concreto è il simbolo e la sua sovradeterminazione :

Ciò che la psicoanalisi chiama sovradeterminazione non si comprende al difuori di una dialettica tra due funzioni che pensiamo in opposizione, ma che il  simbolo coordina in una unità concreta. L’ambiguità del simbolo non è allora un difetto di univocità, ma la possibilità di portare e di generare delle interpretazioni avverse e coerenti ciascuna in se stessa.

 

Le due ermeneutiche girate l’una verso la ricomparsa di significati arcaici appartenenti all’infanzia dell’umanità e dell’individuo, l’altra verso l’emergere di figure anticipatrici della nostra avventura spirituale, non fanno che spiegare in direzioni opposte gli inizi di senso contenuti nel linguaggio ricco e pieno di enigmi  che gli uomini hanno inventato e ricevuto per  dire la loro angoscia e la loro speranza. Bisognerebbe dire allora che gli stessi simboli sono portatori di due vettori : da una parte, essi ripetono la nostra infanzia, in tutti i sensi, cronologico e non cronologico, di questa infanzia. Dall’altra, esplorano la  nostra vita adulta. [24]

 

Queste due funzioni non sono più, per RICŒUR, esterne  l’una all’altra ; esse costituiscono la sovradeterminazione dei simboli autentici, simboli  che qualifica come « regressivi-progressivi », per la reminiscenza e l’anticipazione, per il loro carattere allo stesso tempo arcaico e profetico.

I veri simboli, egli dice, sono al crocevia delle due funzioni che, a turno , ha opposto e fuso l’una nell’altra ; nello stesso tempo in cui travestono, essi svelano ; nello stesso momento in cui nascondono le mire delle nostre pulsioni, essi portano alla luce il  processo della coscienza di sè : travestire, svelare ; nascondere, mostrare. Queste due funzioni non sono più esterne l’una all’altra ; esse esprimono le due facce di un’ unica funzione simbolica. E’ il simbolo che, per la sua sovradeterminazione, realizza l’identità concreta tra la progressione e la regressione verso i significanti-chiave dell’inconscio. Ciò che chiama la « promozione di senso » si produce allora a livello delle proiezioni del desiderio, dei prodotti dell’inconscio, delle ricomparse  dell’arcaismo.

 

RICŒUR ritiene che questa concezione dialettica del simbolo sia compatibile con l’approccio psicoanalitico; egli fa dell’interpretazione simbolica delle immagini oniriche un complemento all’interpretazione basata sul metodo delle associazioni,dato che il rapporto simbolico si aggiunge ai meccanismi di condensazione, di spostamento e di rappresentazione figurata.

RICŒUR prosegue evocando la polisemia del simbolo. In questo senso, egli raggiunge in parte il punto di vista  del poéticien Jean BURGOS per il quale l’immagine non è che approssimazione nella misura in cui la realtà che richiama resta per sempre assente,segreta, inafferrabile, cosi che la sua funzione simbolica rinvia ad una molteplicità di qualità non raffigurabili. Egli scrive nella sua « Poetica dell’immaginario » :

E’ riconoscere l’infinità delle virtualità semantiche dell’immagine, è anche  riconoscere,allo stesso tempo, che non solamente l’immagine non ha equivalente concettuale e non potrebbe dunque essere tradotta, ma che racchiude ancora una pluralità di significati allo stesso tempo  complementari e contraddittori, inglobando nel totale  i contrari.Questo ci costringe a non privilegiare a priori qualcuno di questi  significati particolari, ma piuttosto ad attaccarci costantemente al loro confronto e alla loro sovrapposizione. [25]

 

Secondo RICŒUR, non è il sogno che istituisce il legame simbolico, esso lo utilizza già fatto. La conoscenza del significato dei simboli dei sogni si appoggia a delle fonti molto diverse, citate da FREUD, cioè i racconti/favole ed  i miti, gli scherzi e le facezie, il folklore, detto altrimenti lo studio de costumi, delle usanze, dei proverbi e dei canti dei diversi popoli, del linguaggio poetico e del linguaggio comune. Non è dunque il « lavoro del sogno » che costruisce il legame simbolico ma il lavoro della cultura per RICŒUR.

Gilbert DURAND sottolinea ugualmente l’interesse di una convergenza possibile delle ermeneutiche  partendo da una doppia polarità, quella del simbolo, lacerato tra il significante e il significato e quella della simbolica tutta intera. Egli  riprende i lavori di Paul RICŒUR sul simbolismo del male [26] che porta la sua  riflessione sulla doppia polarità delle ermeneutiche. L’ermeneutica archeologica e l’ermeneutica teleologica che abbiamo già considerato con RICŒUR sono riprese da DURAND che qualifica la prima come riduttiva (essa riduce il simbolo a non essere che l’epifenomeno, il sintomo) mentre  la seconda è definita come instaurativa o amplificatrice (essa amplifica il simbolo, « si lascia portare dalla sua forza d’integrazione per accedere ad una sorta di sovracoscienza vissuta ». [27] 

Proprio come RICŒUR, DURAND legittima le due ermeneutiche per il fatto che ogni simbolo è doppio :

Significante, esso si organizza archeologicamente tra i determinismi e le concatenazioni causali, esso è « effetto », sintomo ; ma portatore di un senso, esso orienta verso una escatologia  del tutto inalienabile come le colorazioni che gli sono date dalla sua  incarnazione stessa in  una parola, un oggetto situato nello spazio e nel tempo…/… [28]

 

Ermeneutica dell’immaginario e oniroterapia

 

Gli psicoterapeuti che utilizzano l’imagerie mentale si situano tra un approccio psicoanalitico freudiano, junghiano o lacaniano dell’immaginario (per esempio nel caso del « rêve éveillé analitico » « post-desoiliano », abbandonando  le prospettive di analisi riflessologiche pavloviane poi junghiane dell’immaginario che costituiscono i punti di riferimento concettuali di DESOILLE), un approccio cognitivo dell’immagine (che si è sviluppato soprattutto negli Stati Uniti e ha dato luogo a diverse tecniche cognitivo-comportamentali) ed un approccio fenomenologico come nel quadro dell’oniroterapia d’integrazione di VIREL, più  interessato alla dinamica creatrice dell’immaginario onirico cioè alla sua dimensione poetica e per il quale l’immaginario è definito come « contraddittoriamente e allo stesso tempo terra  di archeologo e cielo di poeta ». [29]

 

Le immagini oniriche ed il transfert

 

Quanto al transfert, Robert DESOILLE considera che bisogna farlo vivere al paziente, posizione che egli  oppone alla comprensione intellettuale di esso che regnerebbe , secondo lui, in psicoanalisi. L’evoluzione dei sentimenti verso lo psicologo va a liberare il paziente e « questa evoluzione è assicurata, in generale, dalla sublimazione delle immagini stesse del rêve éveillé ». [30]

Nel 1966, egli pubblica, con altri 4 altri terapeuti ,tra cui André VIREL, un testo sul transfert ed il contro-transfert nel rêve éveillé dirigé, nel quale gli autori précisano :

Nel rêve éveillé dirigé, il transfert avviene innanzitutto nel rêve éveillé stesso…/…

Il paziente rivive nella dinamica dello scenario (immaginario, ndlr) gli eventi del passato realmente traumatizanti o vissuti come tali. E’ certo che nel corso di questo processo il soggetto transfera, cioè trasporta sugli elementi dell’ immaginario il suo vissuto attuale o storico, cosciente o inconscio. [31]

 

Questi 5 autori considèrano che nel rêve éveillé dirigé, i sentimenti provati dal soggetto e sui quali porta  l’analisi non saranno quelli che egli proietta sull’analista ma quelli che manifesta davanti ai personaggi immaginari del suo sogno, personaggi che, spesso, prendono la loro vera identità nel corso del sogno stesso o che saranno riconosciuti in seguito grazie all’analisi di questi stessi sogni. La nozione di transfert si riduce così per loro nel rêve éveillé dirigé, essenzialmente, ad una relazione semplicemente umana tra  paziente e psicoterapeuta perchè il soggetto affronta soprattutto se stesso nell’immaginario invece di avere a che fare solo con lo psicoterapeuta. Essi concludono che uno dei contributi del rêve éveillé dirigé è di poter fare a meno del transfert difficile da maneggiare e da liquidare e di poter condurre  a buon termine la ristrutturazione di uno psichismo.

Questo punto di vista non fu condiviso dai medici che costituirono, dopo la morte di DESOILLE nel 1966, il Gruppo Internazionale del Rêve Éveillé Dirigé di DESOILLE (G.I.R.E.D.D.). Créato nel 1968,   esso  si orientò verso una direzione esplicitamente freudiana poi lacaniana per una parte di loro.

La nostra pratica clinica dell’oniroterapia conferma il fatto che, anche se degli elementi transferali sono effettivamente l’oggetto di proiezioni negli scenari immaginati indotti o spontanei nei pazienti, e il quadro psicoterapico dell’utilizzazione dell’imagerie mentale non induce una « nevrosi da transfert » nel senso psicanalitico, non è meno vero che esistono, come in tutte le psicoterapie, degli elementi transferali e contro-transferali a livello della relazione instaurata tra paziente e terapeuta, non fosse altro che per il dispositivo stesso che alterna delle sedute d’imagerie e delle sedute nelle quali hanno luogo degli scambi sulle  imagerie precedenti o sui sogni notturni – con la modalità delle associazioni libere del soggetto – e sulle difficoltà incontrate dal  paziente nella sua vita quotidiana.

La psicologa e psicanalista francese Juliette FAVEZ-BOUTONIER sperimentò su se stessa il rêve éveillé dirigé e ne rese conto nell’ l’Encyclopédie Médico-Chirurgicale nel 1955 [32]  così come nella sua tesi di dottorato  in lettere sull’angoscia nel 1947  tentando di minimizzare le divergenze di DESOILLE rispetto alla psicanalisi:

 Come  dice Robert DESOILLE, il soggetto nel corso del rêve éveillé parla il linguagio dell’inconscio…/… il rêve éveillé si svolge allora come una opera drammatica, dove le gesta e l’attitudine di ogni personagio, così come la natura della scena , hanno un valore affettivo che ha la forza di un dato oggettivo. E’ da li, che possiamo comprendere l’effetto terapeutico del rêve éveillé, effetto che pare quasi indipendente dalle interpretazioni coscienti che possiamo darne. [33] 

 

Come scrive Jean-Claude BENOIT:

Ogni oggetto o personagio, reale o favoloso, porta una parte d’un messaggio simbolico, allorchè il RED possiede una sufficiente coerenza. L’emozione che segna certe scene è intensa. In questo mondo immaginario, l’interpretazione simbolica è sempre delicata: “Non esiste un dizionario universale dei simboli“, diceva DESOILLE, insistendo molto sull’importanza delle conoscenze e dell’esperienza del terapeuta nel dominio dell’antropologia simbolica. L’essenziale è l’analogia vissuta, e questa capacità di reminiscenza del passato affetivo nel RED, molto vicino qui al sogno notturno. [1]

 

Il rêve-éveillé-dirigé appare per Nicole FABRE come uno spazio che permette che si dica l’indicibile e che gli affetti primari siano espressi, sia che riguardino il passato del soggetto o il qui ed ora della relazione con l’analista. Le figure del sogno diventano luogo del transfert degli affetti, così che gli affetti rivolti al terapeuta trovano la loro via di espressione e di transfert nel rêve-éveillé stesso, « il che permette di trattare allo stesso tempo la relazione con l’analista e ciò che questa relazione riporta del passato  patogeno ».

 

Ella aveva già abozzato nel 1971 questa questione dello statuto dell’interpretazione e la riprenderà in due opere nel 1982 e nel 1985 [2]:

Il nostro proposito non è di interrogarci sulle diverse forme che p assumere uninterpretazione. Neppure di chiederci se è sempre opportuno interpretare…/… Ci interroghiamo piuttosto su ciò che accade quando una cura si svolge senza che il terapeuta comunichi un’interpretazione al suo paziente, senza che il paziente formuli la minima interpretazione concernente ciò che sta vivendo o ciò che ha appena vissuto, senza che manifesti il desiderio di vedere esplicitato dal suo terapeuta ciò di cui soffre…/…  le cure che non comportano una interpretazione formulata non sono  meno efficaci e di un efficacia duratura…/… il ruolo primario del rêve-éveillé, prima di qualsiasi interpretazione, e senza interpretazione, è di rendere possibile e non colpevole l’espressione davanti ad un terzo  dei desideri proibiti.Grazie alla presenza, alla partecipazione, all’assenso del terapeuta, la soddisfazione simbolica dei desideri proibiti apre l’accesso ad una successione di scene. E finalmente, da desiderio espresso a desiderio soddisfatto sul piano del simbolo, da desiderio soddisfatto al superamento del desiderio verso dei desideri p adulti, si opera la maturazione della personalità. [3]

 

Nicole FABRE sottolinea l’interesse del vissuto nel  RED aldifuori dell’interpretazione ma giustifica comunque il ricorso ad essa in rapporto all’angoscia e rispetto alla necessità di una comprensione intellettuale delle problematiche nevrotiche, restituendo il valore dell’interpretazione sul piano culturale della diffusione delle idee psicoanalitiche. Ella considera che il R.E.D. è efficace in sè perchè permette che si esprima l’angoscia e il desiderio, perchè è « complicità d’espressione tra il terapeuta ed il paziente » e che questa complicità permette allo stesso tempo di « sapersi compreso » e di « sapersi invitato a superare i desideri proibiti e le angosce », perchè infine l’immage è in se stessa dinamica.

 

Ella aggiunge che se per ciò che riguarda numerose psicoterapie di bambini e alcune psicoterapie di adolescenti, così come alcune fasi delle psicoterapie d’adulti, una attitudine non interpretativa può essere soddisfacente ed efficace, nondimeno succede che i pazienti tentino o domandino una interpretazione del materiale simbolico.

Il ruolo dell’interpretazione è allora per lei di rassicurare, di placare l’angoscia che nasce dalla confusione e dal timore d’avere espresso più di quello che il soggetto  desiderava esprimere. Il sentimento « di essere con » il terapeuta passa allora attraverso la condivisione esplicita dell’interpretazione.

Gilbert MAUREY, terapeuta del rêve éveillé analitico, pone due approcci psicoterapici possibili dell’imagerie mentale. L’uno è, secondo lui , sul versante della sublimazione, come l’oniroterapia d’integrazione di VIREL, che permette, secondo quest’ultimo, « a delle emozioni di sbloccarsi in un modo catartico, senza che ci sia bisogno di interessarsi del loro significato ». L’altro è sul versante di una « soddisfazione simbolica della pulsione rimossa » e di un « potere di sfogo e catartico dell’immagine », come il « metodo delle immagini » di Marc GUILLEREY, « tecnica d’associazione libera sul piano delle immagini », questa si trova « collocata nella sfera d’influenza dell’inconscio » ed è oggetto, anche se la comprensione delle immagini non è sempre necessaria, di un’attività interpretativa di ricerca di senso. [4]

Concluderò con questa citazione di Gaston Bachelard tratta dalla sua « Poetica della rêverie » :

« L’immagine non può essere studiata che attraverso l’immagine, sognando le immagini così come esse si riuniscono nella rêverie. »

 



[1]              BENOIT J.C. Le rêve éveillé thérapeutique in SIVADON P. Traité de psychologie médicale, Paris, Presses Universitaires de France, 1973, Tome 2 “La rencontre thérapeutique“, p. 189.

[2]              FABRE N. L’enfant et le rêve-éveillé. Une approche psychothérapique de l’enfant, Paris, Editions Sociales Françaises, 1982.

                FABRE N. Le rêve-éveillé analytique, Paris, Privat, 1985.

[3]              FABRE N. Cures par le rêve éveillé dirigé sans interprétation, Etudes Psychothérapiques, 1971, 3, p. 28-34.

[4]       MAUREY G. Les cousins du rêve. A la découverte de l’onirisme éveillé. Production des mediums, rêve éveillé dirigé, délires oniriques. Rêve éveillé en psychanalyse, Paris, Bayard, 1992.