La concezione dinamica nell’ITP

image_pdfimage_print
Psicoterapia con l’ITPIvana Zanetti

La concezione dinamica nell’ITP

(Commento al caso di un paziente con vertigini)

I parte- La concezione dinamica nell’ITP di Leopoldo Rigo

Rigo sottolinea, nell’articolo “Concezione statica e dinamica dell’immagine simbolica” [1], l’importanza degli aspetti dinamici dell’Immagine. Osserva l’autore come il simbolo sia spesso stato trattato in modo statico da coloro che se ne sono occupati nell’ambito della psicologia del profondo, ma anche da coloro che si sono occupati del simbolo religioso.

Tralasciamo la simbolica freudiana – “tutto ciò che è allungato è simbolo del pene e ciò che è incavato è simbolo della vagina” – il cui riduzionismo è ben visibile a tutti. Un’immagine non va vista come qualcosa di distaccato con un significato ben definito e definibile, non va colta solo nel suo aspetto “visivo”, ma nel suo divenire. La concezione di Rigo dell’immagine è che essa sia dinamica e che come tale sia significativa: “L’attività mentale inconscia è un fluire in continuo mutamento ed è per sua essenza, fondamentalmente drammatica, vettoriale, radicata nella cenestesi e nella chinestesi, di cui le immagini visive non sono che delle scintille … le sequenze immaginarie concrete devono concatenarsi spontaneamente in una successione drammatica il più possibile intensa, prolungata e spontanea” [1].

Per quanto riguarda l’esperienza concreta nell’ITP, questa si riferisce al fatto che il soggetto si sente muoversi, agire, salire, scendere, eccetera, con modifiche nel suo stato emotivo e nel suo stato d’animo, come Desoille aveva ben messo in luce (variazioni nella dimensione verticale associata ad una variazione nello stato d’animo). Notiamo cosa dice Rigo nell’articolo “L’Imagerie Mentale: aspetti psicoterapici, antropologici, pedagogici” [2]: “L’immagine visiva può essere importante come punto di riferimento per il terapista, ma ha una importanza molto parziale: ancora più importanti sono le immagini tattili, cenestesiche, chinestesiche, cioè l’insieme delle percezioni che possiamo provare con il corpo reale”. Questa è l’Imagerie Mentale, dice Rigo.

Rigo, in un lavoro del 1962 “La psicoterapia dell’immagine” [3 - pag. 10], parla degli aspetti vettoriali dell’immagine. Egli dice che è importante “fissare la planimetria dei sogni e seguire lo spostamento del soggetto e degli altri personaggi onirici per tradurre le immagini visive in tendenze motorie e posture. L’analisi armonica consiste nel considerare le immagini  e le vicende oniriche come la risultante di tendenze, di vettori dinamici … per questo … non è necessario osservare la forma dell’immagine, quanto le variazioni, le metamorfosi in rapporto alla vicenda globale”.

Riguardo al nostro tema, “il movimento nell’immagine”, osserveremo come il movimento sia normalmente proiettato nello scenario, che Rigo dice essere l’“immagine spazializzata della psiche del soggetto”. In genere non vengono visualizzate solo immagini statiche, ma anche scene dinamiche: un ruscello che scorre, un uccello che vola, delle nuvole che passano, i movimenti della vegetazione, del mare, eccetera. Il soggetto stesso, nella sua qualità di “Io Corporeo Immaginario”, si sente in movimento – corre, cammina, salta, eccetera – in una modalità estremamente ampia, e porta in sé la dinamica dei due poli del movimento e della sensazione.

Le immagini di movimento sono per lo più spontanee; vengono utilizzate, proposte come interventi del terapeuta, in varie situazioni e con scopi diversi a seconda della situazione.

Rigo utilizza le immagini chinestesiche, come il camminare, come immagine di partenza, lasciando al soggetto la definizione dello scenario, ma possono essere utilizzati anche altri spunti di partenza, anzi il solo impulso chinestesico, come il semplice “procedere in avanti”.

Si ritiene importante nell’ITP che si attivino precise risonanze chinestesiche, per il raggiungimento delle cenestesie positive fondamentali nella fase ristrutturante per la ristrutturazione dell’immagine del corpo, immagine su cui si scaricano le ferite e i passaggi critici dell’evoluzione psicologica. L’immagine del corpo spesso può essere mutilata, lacerata, frammentata, determinata da un fantasma sottostante, eccetera.

Per la ristrutturazione dell’Immagine corporea spesso si ricorre a immagini suggerite: il sorgere del sole, la rosa che sboccia, l’arrivo della primavera. Vari sono gli interventi sull’“Io Corporeo Immaginario”: possono essere ristrutturanti per l’immagine del corpo tanto le chinestesie di tipo passivo (dondolio, sostegno, contatto), che quelle di tipo attivo (correre, camminare, saltare, correre in bicicletta, in motoscafo, eccetera).

 

L’importanza del ruolo attivo dell’Io nella vicenda Immaginativa

E’ fondamentale nell’ITP il ruolo attivo dell’Io nella vicenda immaginativa, di fronte alle figure e alle situazione fantasmatiche preoccupanti o angoscianti. Durante la fase ristrutturante, l’Io deve rinforzarsi. In questa fase l’Io può vivere delle ristrutturazioni di tipo passivo estremamente ristrutturanti, anche perché possono andare a riparare livelli molto precoci. Esperienze passive ristrutturanti possono portare a esperienze immaginative molto gratificanti e appaganti, e costituiscono dunque la premessa per affrontare le situazioni più impegnative. Il passaggio da un ruolo passivo ad uno attivo è graduale; solo dopo un adeguato allenamento l’Io sarà capace di affrontare i propri fantasmi.

L’intervento del terapeuta spesso è quello del richiedere al paziente soprattutto di ascoltare, soffermarsi, e approfondire determinate  sensazioni.

Nella fase che Rigo chiama “ristrutturante” si ha il passaggio ad una posizione più attiva dell’Io, che punta ad avere dominio sullo scenario e sulle figura più disturbanti (destrutturazione del fantasma). è in seguito all’azione che lo scenario si modifica.

Nell’ITP è di fondamentale importanza l’atteggiamento attivo del soggetto, attraverso il suo “rappresentante”, cioè l’“Io Corporeo Immaginario”. Nelle immagini catastrofiche, dominate dai relativi fantasmi – essere aggredito, assorbito, attaccato, in pericolo, eccetera – il soggetto è in una posizione di passività, di subalternità, in cui la reazione sarebbe quella dell’immobilità o della fuga. Nel corso delle sedute, il soggetto reagisce, attacca, mette in fuga, distrugge. A questa modifica generalmente segue una modifica nello scenario: meno minaccioso, buio, o arido e ostile.

L’atteggiamento attivo è ciò che caratterizza la fase conflittuale, e corrisponde al superamento del fantasma. L’“Io Corporeo Immaginario” assume sempre più una posizione di controllo e dominio sugli eventi e sullo scenario.

Spesso questo costa molta fatica, ed è necessario ingaggiare una lotta faticosa, difficile accompagnata da stati emotivi forti e penosi, ma avviene una riparazione simbolica qualora il soggetto riesca a mettersi in una posizione attiva, posizione che spesso è resa possibile solo grazie agli interventi del terapeuta e soprattutto al transfert che consente, come elemento determinante, l’atteggiamento attivo che altrimenti il soggetto non saprebbe sostenere.

Il mutato atteggiamento dell’“Io Corporeo Immaginario” induce delle modificazioni nello scenario, sia a livello dell’ambiente che dei personaggi. Il soggetto assume un atteggiamento sicuro, attivo e libero.

 

II parte – Commento al caso G.: una persona che soffre di vertigini

La vertigine richiama la caduta. Dice Durand che “l’epifania dell’angoscia umana di fronte al tempo sembra essere fornita dalle immagini di caduta”. La caduta appare come la “quintessenza vissuta di tutta la dinamica delle tenebre”. La caduta non è altro che “il tempo nefasto e mortale”. La caduta quindi è “inibitrice dell’ascesa” [4 - pag. 105] e seguenti).

Durand sottolinea come il neonato sia subito sensibilizzato alla caduta, e ciò è confermato da molti autori nel campo psicologico, F. Doltò fra tutti. Andando alle origini della vita di ciascuno e alla formazione dell’Immagine del corpo, sappiamo che il neonato deve confrontarsi subito con la perdita di appoggio e contenimento, e con la caduta stessa. Durand: “il cambiamento rapido di posizione  nel senso della caduta, come nel senso del raddrizzamento, fa scattare una serie riflessa dominante, cioè inibitrice dei riflessi secondari. Il movimento troppo brusco che la levatrice imprime al neonato, le manipolazioni  e i dislivelli brutali che seguono la nascita, sarebbero, allo stesso tempo, la prima esperienza della paura” [4 - pag. 105]. Ci sarebbe dunque una esperienza della caduta, che farebbe dire a Bachelard che “noi immaginiamo lo slancio verso l’alto, e conosciamo la caduta verso il basso”. Sarebbero dunque i primi cambiamenti rapidi di livello a suscitare l’esperienza della vertigine. Per questo molti autori hanno parlato di trauma della nascita.

In tutte le Terapie Immaginative, dal RED di Desoille in poi, è presente con costanza lo schema della caduta tipico dell’inconscio: “le regressioni psichiche si accompagnano frequentemente a immagini brutali della caduta, caduta avvalorata come incubo che sfocia spesso nella visione di scene infernali”. Vi è il rifiuto ad ascendere, che prende l’aspetto della pesantezza.

L’immagine della caduta è rafforzato fin dall’infanzia dalla pesantezza che il bambino sperimenta quando comincia a camminare. Dice Durand che camminare non è altro che una caduta correttamente utilizzata come supporto della stazione eretta, in cui c’è lo scacco delle cadute reali. Quindi la caduta e la pesantezza accompagnano tutti i nostri tentativi cinetici e locomotori.

Bachelard analizza il complesso di Anteo, il gigante che trae la sua forza dal contatto con la terra, che viene sconfitto da Ercole, che lo solleva semplicemente in alto; definisce questo il “complesso vertiginoso”, che si ha con l’allontanamento da un appoggio stabile terrestre. L’allontanamento dal suolo fa morire il gigante; così, per chi soffre di vertigini, la salita e lo sguardo sull’abisso, la lontananza dal solido appoggio della terra innesca una difficoltà insuperabile. Sia per Bachelard che per Desoille la vertigine è l’immagine  inibitrice di ogni ascesa, blocco psichico e morale che si traduce in fenomeni psico-fisiologici violenti. La vertigine è un richiamo brutale alla nostra umana e presente condizione terrestre.

Molti miti e leggende evidenziano gli aspetti catastrofici della caduta: Icaro precipitato dopo il suo eccessivo avvicinarsi al sole, Fetonte, figlio del sole, folgorato da Zeus e poi precipitato sula terra, Atlante schiacciato nella sua lotta per la verticalità. Nella tradizione Giudea, vi è la caduta di Adamo, e la caduta degli Angeli malvagi. Come ha  sottolineato Durand, questo tema della caduta non è altro che il tema “del tempo nefasto e mortale, moralizzato sotto forma di punizione” [4 - pag. 107].

 

Considerazioni sul caso

G. quindi soffre di vertigine, ed ha un rapporto molto disturbato con il movimento, ma, nello stesso tempo, anche con la luce.

Egli non accetta la luce, si ripara dalla luce, deve stare al buio, deve indossare degli occhiali scuri.

Non accetta il movimento, sia sul piano reale che su quello immaginario. Infatti non guida, fatica a seguire con gli occhi il movimento, e infine avrà serie difficoltà nelle immagini a introdurre la chinestesia (rifiuta il movimento anche a livello immaginario).

In questo caso, l’Immagine del corpo è statica e il movimento fa paura. L’immagine qui è fortemente condizionata dal fantasma del corpo. Si tratta di un fantasma di caduta, o di mancanza di sostegno, e che non contempla il movimento in cui compare l’immobilità come difesa.

Nell’Immagine è fondamentale la chinestesia, sentirsi attivi, sentirsi muovere, camminare, saltare, sedere. E’ fondamentale per dare sensazione quasi concreta alle esperienze immaginarie, assieme alle esperienze sensoriali anch’esse “quasi concrete”.

Nel caso di G. era necessario integrare nell’Immagine del corpo la dimensione attiva, che è l’attitudine che permette di affrontare le difficoltà della vita (che nella situazione immaginativa si propongono sotto forma di fantasmi), e di sbloccare nello stesso tempo l’immagine dinamica della verticalità, di cui parlano Bachelard e Durand. Si trattava di riattivare lo schema ascensionale, in cui l’archetipo della luce è contrappunto della caduta e delle tenebre.

 

Il rilassamento e la prima seduta

Nelle sedute di rilassamento, da un lato emergono le difficoltà relative al fantasma di “mancanza di sostegno”: sensazioni di caduta, di scivolamento dalla poltrona. Osserviamo dall’altro lato immagini quali il dondolio in acqua, l’immagine del galleggiare, la sensazioni di essere coccolato, protetto, che rimandano a un bisogno passivo primario (di tipo orale fetale): sono immagini di “intimità” relative ad un regime “notturno dell’Immagine”, secondo la terminologia di Durand.

Inizialmente nella terapia gli interventi riguardano, in modo riparatorio, l’approfondimento della sensazione di pesantezza e di adesione alla poltrona, che vanno a far assimilare il senso di appoggio, di  fondamentale importanza.

Quanto osservato in precedenza ci permette di rilevare in G. l’isomorfismo altezza, verticalità, luce, ben evidenziata dagli studi di Durand e dalle esperienze fatte con l’Imagerie Mentale a partire da Desoille. Nelle prime due sedute si evidenzia la difficoltà nel movimento, ad immaginare il movimento. Non si può dire che G. non sia inserito nell’“Io Corporeo Immaginario”: molte sono infatti le sensazioni che lui riferisce. Vi è però questa pesante inibizione del movimento.

Unico segnale di una certa vitalità e della possibilità di vivere un’Immagine dinamica  in quel  senso di “freschezza alle gambe”.

A questo punto si trattava di introdurre nella sua immagine il movimento, ma come abbiamo visto questo non poteva avvenire attraverso una normale sollecitazione. In queste sedute viene messo in atto il processo di indurre il movimento attraverso il contatto con le immagini dinamiche.

Allora si sono introdotte varie immagini dinamiche in cui il movimento è percepito nell’ambiente, nella natura, negli animali (quindi nello “Scenario”): il volo degli uccelli, l’acqua del torrente, il movimento del fuoco, eccetera.

Si è tenuto conto che questo avvenisse per passaggi graduali, con vissuti rassicuranti e che fissassero l’attenzione su sensazioni fisiche rassicuranti, facendo integrare con molta gradualità il movimento in un’esperienza che fosse cenestesicamente positiva. Ricordiamo che è solo la cenestesi positiva, e il senso di benessere che ne deriva, che rende possibile la coesione e l’integrazione corporea [2].

Naturalmente gli interventi fondano la loro efficacia sulla qualità del rapporto personale con il terapeuta.

 

Commento sulle ultime sedute

Nell’Imagerie in cui viene proposto di “trovarsi in un giardino”, Il terapeuta decide di far osservare il volo di un uccello, significativo richiamo alla verticalità. Qui il paziente accetta l’osservazione e l’immedesimazione del movimento accanto alla attivazione del sensorio: vista dell’uccello, verso dell’animale, fino a quel minimo di immedesimazione che fa percepire al paziente le ali, il movimento (il volo), la forza delle ali e la libertà del volo libero. Osserviamo che il paziente accetta, attraverso questo approccio graduale, l’avvicinamento a stati o a sensazioni che sono difficili, che echeggiano sensazioni e stati per lui molto critici.

Nell’Imagerie successiva viene proposto “un fuoco” in cui viene riproposto il tema del movimento e della sensorialità evocata dal fuoco, riguardanti sia il polo del movimento che quello della sensazione. È importante ricordare che l’immagine del fuoco evoca la “verticalità”, come ben ha detto Bachelard.

Viene fatta quindi una proposta più diretta, riguardante il movimento vissuto dal soggetto. Nell’immagine suggerita, di “essere trasportato dal treno”, si introduce il movimento quale vissuto diretto nell’“Io Corporeo Immaginario” del soggetto. Il movimento proposto è di tipo “passivo”, in considerazione del fatto che nella fase evolutiva il bambino sperimenta inizialmente molte situazioni di movimento di tipo passivo, in riferimento alla fase orale passiva della psicoanalisi. L’esperienza ci ha dimostrato come la fase passiva sia fondamentale per una ristrutturazione dell’Immagine del corpo. Sempre per lo stesso motivo, viene proposta una visualizzazione passiva quale quella del “bagno”, che viene vissuta con molte sensazioni positive (cenestesi positiva ristrutturante dell’Immagine del corpo).

Attraverso altri simili  passaggi – il bagno, la barca, eccetera – si passa gradualmente all’Imagerie finale, che appare sotto il segno dell’Immagine dinamica attiva e gratificante.

Vediamo come nelle ultime sedute sia capace di accogliere anche una proposta di “camminata in collina”,(movimento verticale) arrivando anche a godere di una vista dall’alto, che possiamo leggere come anticipo di una possibilità di dominio e di conciliazione con la salita-verticalità.

Quello che si muove ora nello scenario è un “Io Corporeo Immaginario” che sa includere il movimento, riesce anche a conciliarsi con il movimento attivo del camminare e del salire.

Il movimento viene integrato nell’immagine così come nella vita reale (autonomia negli spostamenti nella vita quotidiana, ritrovata capacità  di guidare l’auto ecc. precedentemente inibiti); contemporaneamente si osserva la scomparsa delle vertigini.

 

Conclusione

Come è avvenuto questo passaggio? Innanzitutto con la gradualità che funge da rassicurazione di fronte al timore della caduta e al conseguente arresto del movimento. Vediamo come l’abbandonare la terra che protegge dalla verticalità sia venuto con un avvicinamento al movimento e con una graduale integrazione dello stesso (osservazione, partecipazione a immagini dinamiche), con il  sentirlo passivamente nell’“Io Corporeo Immaginario” (imagerie del “treno”), vivendo il movimento nei piccoli gesti parziali (alzarsi, far volteggiare un sasso sull’acqua, eccetera). Vediamo quindi questo superamento dell’angoscia della caduta e la possibilità di lasciare la terra, cosa così impossibile ad Anteo. Naturalmente qui è fondamentale il terapeuta e il tranfert positivo (che avevamo visto emergere nel timore manifesto di “essere abbandonato”).

Ma altrettanto importante si è rivelata la capacità di G. di attivare il polo sensoriale. Se leggiamo attentamente le sedute, vediamo come sia molto presente in lui la sensazione e la sua capacità di stare nell’imagerie. Allora, pare che si attui sul piano della sensazione e del movimento (i due poli dell’immagine corporea) quello che ci aveva ben illustrato il professor Burgos quando, parlandoci del movimento, leggeva il testo di Valerie “L’ame et la dance” (L’anima e la danza). Ecco, Socrate faceva notare a chi guardava con occhi diversi la danza di Athikte: “ciò che passa sotto i loro occhi, la danza sempre più sfrenata di Athikte, deve essere contagioso, perché le sensazioni amplificate hanno risvegliato in lui ogni sorta di ritmi e movimenti interni, che egli non sospettava nemmeno di avere” (dall’intervento di Jean Burgos al seminario GITIM del Dicembre 2001).

 

Bibliografia

1)      L. Rigo, “Concezione statica e concezione dinamica dell’immagine simbolica”, Rivista Sperimentale di Freniatria, Vol. 94, Fasc. 5, 1970.

2)      L. Rigo, “Su alcuni procedimenti non verbali e infraverbali atti a ristrutturare lo schema corporeo in soggetti carenziati”, Rivista Sperimentale di Freniatria, Vol. 97, Fasc. 3, 1973.

3)      L. Rigo, “La psicoterapia dell’immagine”, Minerva Medicopsicologica, Vol. 3, Fasc. 4, 1962.

4)      G. Durand, “Le strutture antropologiche dell’Immaginario”, Edizioni Dedalo, 1972.

 

Nota – Il mito di Anteo (da Wikipedia)

Anteo era un Gigante, figlio di Poseidone e della Madre Terra; viveva in Libia, dove costringeva gli stranieri a lottare con lui finché fossero esausti, e poi li uccideva. Era atleta forte e abile, e ogni qual volta toccava terra riprendeva forza.

Non si sa se Anteo fu sfidato per primo da Eracle, oppure se lo sfidò. Anteo comunque non era un avversario facile da battere; viveva in una grotta ai piedi di un picco roccioso, dove si nutriva di carne di leone e dormiva sulla nuda terra per conservare e aumentare la sua forza colossale.

Preparandosi alla lotta, ambedue i contendenti si liberarono delle loro pelli di leone, ma mentre Eracle si ungeva il corpo con olio alla maniera olimpica, Anteo si massaggiò le membra con sabbia calda, per timore che il solo contatto delle piante dei piedi con la terra non fosse sufficiente a rinvigorirlo.

Eracle non appena ebbe messo a terra il Gigante, con grande stupore vide i suoi muscoli gonfiarsi e il sangue scorrergli benefico nelle membra, poiché la Madre Terra gli ridava forza. I contendenti si avvinghiarono di nuovo l’uno all’altro, e di nuovo Anteo si gettò a terra, questa volta di sua spontanea volontà, senza aspettare che Eracle lo sopraffacesse. Al che Eracle, rendendosi conto di ciò che stava accadendo, sollevò il Gigante alto tra le braccia e gli strizzò le costole, sordo ai profondi gemiti della Madre Terra, finché Anteo morì.