La Tecnica Immaginativa di Analisi e ristrutturazione del Profondo - ITP di Leopoldo Rigo -


Intervento al convegno “Immagini che curano” (Ravenna, 22-23 Maggio 2005), organizzato da ICSAT.

 

II PARTE

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Introduco un  esempio, relativo al caso di una giovane donna che illustra come la terapeuta elabori l’Imago Materna, sia per quanto riguarda i bisogni di dipendenza che di separazione.

Si tratta infatti di un caso che presenta grande difficoltà a vivere le situazioni di separazione.

Parte da un’immagine spontanea di essere seduta “come se fossi qui, in poltrona, solo che sento la parte che è a contatto che è calda, mentre quella sopra è fredda, come se il mio corpo fosse formato da due strati”.

Adesso si sente all’interno di una grotta, lei è rivolta verso l’apertura della grotta e vede che fuori è buio. Alle sue spalle c’è un fuoco acceso, per questo sente la parte dietro del suo corpo calda. Il bagliore del fuoco illumina la grotta, che altrimenti sarebbe buia e inquietante.

In un primo momento ha in mano una pila o un bastone, però poi non li sente più necessari.

La terapeuta richiama le sensazioni di calore alle sue spalle, poi suggerisce di girarsi verso il fuoco in modo da riscaldare anche la parte fredda del corpo.

Il calore adesso avvolge tutto il corpo che sente così come qualcosa di tutto unito. Descrive un senso di contenimento protettivo da parte del calore che viene dal fuoco. Si sente ben sostenuta e al caldo: “Adesso posso chiudere gli occhi e riposare”.

Viene invitata a dormire “Tanto quanto le fa piacere – tanto quanto sente che è una cosa che le fa piacere”. Prova un senso di distensione , di benessere, calma e tranquillità.

Poi dice che il fuoco si trasforma in quella grassa e benevola nutrice che aveva incontrato tante volte. Adesso sono le braccia della nutrice ad avvolgerla e a sostenerla, sente il contatto con il suo corpo rotondo.

Le viene suggerito che forse quella donna ha preparato qualcosa per lei. Dice spontaneamente che la nutrice  ha preparato una ciotola con del latte caldo, l’aiuta a bere e la osserva benevolmente. Il latte è profumato e dolce.

Dall’esterno adesso filtra la luce del giorno.

Viene suggerito che la donna adesso la porta fuori dalla grotta.

La giornata è luminosa, c’è una fitta vegetazione, sembra una jungla – il verde della vegetazione è intenso, ci sono fiori colorati e la vegetazione è bagnata dalla rugiada. E’ stata messa dalla donna in una specie di culla, da cui si sporge per toccare una foglia – la sente umida e le piace la sensazione di rugiada che le scivola su una mano.

Le viene detto che adesso la donna l’aiuti a mettersi in piedi. Appena uscita dalla culla è però nuda, la donna la veste di una tunica leggera, e le avvolge anche i piedi con della scarpe di lana.

Comincia ad esplorare le zone attorno alla grotta. Tutto l’ambiente è animato – ci sono fruscii di foglie, animaletti – è un ambiente molto allegro. Le viene voglia di ridere e ride molto allegramente. Le viene suggerito di fare amicizia con un animaletto che incontra – uno scoiattolino: “E’ come se lui fosse il grande e io la piccola”

Lo scoiattolo le fa da guida nell’esplorazione del posto: “Mi accompagna come se mi avesse preso per mano e mi fa notare tante cose”. Procede con stupore alla scoperta di piante, e particolari della foresta. Continua ad inoltrarsi nella foresta, accompagnata dallo scoiattolo. Adesso dice che sa da dove è partita: la grotta, la donna – è consapevole di poterci tornare, ma intanto sente che ha la possibilità di  esplorare …

Vediamo, in questo esempio, la ristrutturazione dell’interezza dell’Immagine corporea dopo la momentanea scissione e le realizzazioni simboliche attraverso una  situazione regressiva di tipo “fondativo”. Si tratta di interventi di tipo anaclitico, in un rapporto regressivo con componenti trasferali di tipo duale materno, che fanno vivere esperienze varie cenestesiche, in questo caso attraverso il calore e soddisfazioni orali.

Le cure materne, riprodotte simbolicamente obbediscono da una parte al movimento di ricerca di distinzione e di autonomia dell’Io dall’Inconscio-madre, dall’altra all’esigenza di appoggio e di apporto energetico che il bambino sente nel suo rapporto con la madre.

L’ITP permette una ripetuta esperienza della buona Imago Materna, vissuta a livello dell’ambiente e del personaggio (esperienze di fusione, di distinzione-opposizione, di separazione).

 In questo esempio vediamo poi che nella nozione di “oggetto interno”, è necessario considerare lo schema di atteggiamento posturale ed affettivo che vi è connesso. (Rigo,1962)

La buona Imago Materna è connessa con la grotta, la culla, il vettore incistamento, raccoglimento, in rapporto dialettico con il vettore egressione, espansione, caratterizzato da linee irraggianti.

Da quanto detto emerge come si  possa parlare di modificare gli schemi motori e posturali inconsci.

Un’altra osservazione:  le sensazioni cenestesiche positive, il benessere totale non sono dovute solo alle cure, ma anche all’accordo con i diversi ritmi di tendenza all’autonomia e all’appoggio, per cui il terapeuta deve mettersi in sintonia con questi bisogni, in tempi e ritmi  quasi perfetti. E’ questo che pone le basi per una vera comunicazione.

Ad una buona fase ristrutturante – in cui sono stati elaborati i fantasmi carenzianti e traumatici – segue la “fase conflittuale”, in cui si tratta di affrontare personaggi che si manifestano come minacciosi e sovrastanti, che possono assumere forma umana o animale.

Quello che è importante in questa fase è l’atteggiamento attivo del soggetto, che può assumere varie forme. A volte, per superare una situazione angosciante basta semplicemente affrontarla, a volte è necessario che il soggetto agisca l’aggressività. Bisogna infatti  fare i conti con l’aggressività se si vuole davvero compiere una ristrutturazione del profondo.

Il soggetto deve accettare di sentirsi aggressivo e non soccombere o fuggire.

Molti sono  gli interventi, previsti nell’ITP, con cui il terapeuta aiuta il paziente, dall’uso dello sguardo, all’uso di interventi presi dal mondo della fiaba, o, possibilmente, presi dall’Immaginario che il paziente ci avrà rivelato nell’anamnesi o in precedenti sedute, in cui abbiamo potuto cogliere le sue “risorse immaginative”.

Le imagerie sono complesse drammatiche e movimentate, ma ci sono anche distinzioni e contrapposizioni, scenari benevoli con animali aggressivi o personaggi umani che fanno da guida in scenari impervi e difficili.

I personaggi e gli animali appaiono via via sessuati e  anche il soggetto si descrive e si sente come sessuato. Con l’apparire delle distinzioni compare anche l’identità psicosessuale. Tutto ciò indica il passaggio ad una fase “triangolare”.

Il superamento dei conflitti porta il soggetto a quella che Rigo definisce “onnipotenza narcisistica” a cui segue la ”centralizzazione.

Essa è rappresentata nello scenario dalla conquista di luoghi elevati, panoramici.

Ecco uno stralcio da una imagerie.

Si trova all’interno di una chiesetta, nel cui centro convergono le luci delle vetrate policrome. Si mette, al centro dove convergono le luci, luci curative. Improvvisamente si trova all’aperto – la chiesetta è svanita – si trova con il sole davanti, forte, lo sente, ne accoglie la luce il calore e ne assorbe l’energia.

Si sente piena di forza, vede a questo punto un estesa vallata; è come se  fosse su di una montagna altissima e dalla montagna dominasse il mondo.

Sento – dice, non incredula per sé stessa, ma per l’imbarazzo nel comunicarlo – un grande senso di gratitudine. “Non come se non avessi problemi, ma come se i problemi non avessero me. Un grande senso di felicità, non so come…”.

Talvolta il soggetto prova un vero senso di libertà, dato dalla possibilità di muoversi in tutte le direzioni, magari nell’esperienza del volo, in una padronanza completa dello spazio….

Un esempio ancora, che ci porta verso il cuore dell’esperienza con l’ITP.

Il superamento della situazione conflittuale, il confronto con figure archetipiche – che meriterebbero più ampia trattazione – porta il soggetto a configurare lo scenario in raffigurazioni centralizzate, di cui il soggetto occupa il centro.

Spesso sono vere e proprie raffigurazioni mandaliche spontanee. La sottolineatura non è insignificante in quanto per Rigo questi passaggi, anche se vanno proposti non vanno stimolati eccessivamente, ma devono corrispondere ad un moto spontaneo del soggetto che trova il proprio centro, dove vive significative sensazioni di sintesi e di integrazione di contrari.

Vorrei riportare un breve, ma significativo esempio. E’  la conclusione di una Imagerie di una giovane donna.

Ha portato dall’atrio di una villa un vaso, screpolato, che sentiva appartenerle  intimamente,  e l’ha posto nel centro di un’aiuola circolare: c’è un grande giardino tutto attorno.

Adesso la villa sparisce. Il vaso è diventato intatto e vivente: lei si sente anche il vaso.

Il paesaggio intorno all’aiuola, visto dal centro, ha assunto una struttura regolare concentrica. Attraverso il vaso  lei può guardare fino al centro della terra e vedervi il fuoco centrale. Il cielo è a cupola e sopra il vaso, nel cielo diurno, c’è una stella. Il vaso raccoglie “l’acqua del cielo”, che non è la pioggia comune.

Vive sensazioni di grande completezza e grandiosità.

La differenza rispetto al mandala junghiano sta nel fatto che il mandala si presenta come aperto, cosa che comporta la possibilità di movimento in tutte le direzioni e di uso spontaneo del moto verticale nei due sensi della salita e della discesa.

In questo caso la presenza dell’asse è data dalla possibilità di collegamento fra la sfera superiore ed inferiore.

Ma questo ci introduce in un altro argomento, che vorrei solo accennare.

Nell’opera postuma “Simbolismo e Simbologenesi”, Rigo sviluppa un’idea già presente in forma sintetica in altri scritti: la descrizione della personalità come sistema dinamico a più livelli.

Rigo ne dà una rappresentazione spazializzata, tridimensionale, con un centro ed un asse – realmente esperibili in molte imagerie.

Quando il soggetto riesce a raggiungere il centro, facilmente accede anche alla possibilità di spostarsi lungo l’asse, rappresentato da un raggio, oppure da una colonna o da un albero maestoso, con la possibilità di accedere a livelli più alti dello spirito.

Le esperienze di questo tipo, se i conflitti sono stati elaborati, non rendono il soggetto autosufficiente ed estraneo al mondo, ma più aperto, impegnato e oblativo, generoso verso gli altri.

Nel concludere questa veloce e non esauriente presentazione dell’ITP vorrei sottolineare come questa terapia consenta veramente lo sviluppo del senso di Sé e la costruzione dell’identità, partendo dalle radici psicocorporee. 

La coesione a livello corporeo e psicocorporeo, che si raggiunge attraverso le esperienze cenestesiche, costituisce il fondamento del senso di esistere.

Nelle fase conflittuale, le figure schiaccianti si disintegrano, e il soggetto ne registra l’inconsistenza con un gran senso di liberazione. Il raggiungimento dell’onnipotenza narcisistica  dà un senso di  sicurezza, di iniziativa, e una padronanza rispetto ai propri oggetti interni, e definisce ulteriormente il senso di identità. 

Le figure Archetipiche lasciano al soggetto un’impressione di arricchimento, ampliamento del Sé. I livelli superiori dell’ITP permettono un allargamento della coscienza, con sentimenti di completezza e di pace, in cui il soggetto non perde mai il senso della “presenza” e della propria esistenza individuale.

Vorrei quindi tornare al punto di partenza: le Immagini che curano.

Spero di aver fatto comprendere come la cura consista innanzitutto nel mettere in moto le tendenze all’autocura e all’autosviluppo, rimuovendo gli ostacoli che  inceppano, bloccano l’Immaginario.

Oltre alla tendenza all’autocura, il percorso con l’ITP dimostra che nell’uomo agisce  una spinta verso una maturazione ulteriore: l’integrazione della sua personalità, che tende al suo centro, fino a livelli superiori dello spirito umano.

La guarigione è dunque la mobilizzazione dell’Immaginario, che riesce a produrre una realtà sempre nuova, nel divenire di ciascuna persona.

Non sembri che in tutto ciò il terapeuta abbia un ruolo insignificante: è il compagno di viaggio che sostiene, autorizza, giustifica, e a volte sollecita e induce.

E’ – come dice Rigo stesso – un compagno di gita in montagna, che fa osservare certi aspetti interessanti del panorama, certi particolari, dando una mano nelle situazioni difficili.

 

Bibliografia

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