La Tecnica Immaginativa di Analisi e ristrutturazione del Profondo - ITP di Leopoldo Rigo


Intervento al convegno “Immagini che curano” (Ravenna, 22-23 Maggio 2005), organizzato da ICSAT.

 Sintesi – Nell’intervento si cerca di illustrare quando si può parlare di Immagini che curano e che cosa si intenda per cura con questo metodo.

Vengono sinteticamente riferiti alcuni punti chiave:la  necessità di attivare l’Io cosciente nel contatto diretto con l’Inconscio, le caratteristiche e le condizioni dell’onirodramma, quale sviluppo dinamico di immagini, il concetto di Immagine, non più relegata alla sola dimensione visiva.

 La cura si definisce attraverso le modifiche stabili al fondo fantasmatico, essendo il fantasma quel costrutto intrapsichico che tematizza immagini, fantasie, sogni, posture, giochi spontanei, sintomi. L’accostamento alle immagini, la loro trasformazione, tramite l’attività dell’Io, costituisce la vera terapia, rispetto alla quale l’interpretazione al paziente svolge un ruolo secondario, poiché rischia di restare su un piano razionale. Il tipo di comprensione si configura piuttosto come un  insight.

Viene sottolineato come per la cura sia fondamentale che tutti i passaggi, le modifiche dello “scenario” in cui si svolge la vicenda immaginativa, passino attraverso l’Io Corporeo Immaginario, il rappresentante dell’Io sul piano della coscienza onirica. Attraverso l’I.C.I. il soggetto si sente e vive la situazione immaginaria, con tutte le componenti sensoriali e chinestesiche; per questo si parla nell’ITP di “Immaginario Concreto”.

 Si accenna, anche con esemplificazioni tratte dalle sedute, alle fasi previste dall’ITP: due fasi prettamente terapeutiche (la fase ristrutturante e la fase conflittuale) e una fase di espansione della personalità (fase archetipica).

Nella prima fase vengono riparate simbolicamente, attraverso procedimenti tipici dell’ITP, le carenze e i traumi, nella seconda vengono affrontati i conflitti descritti dalla psicoanalisi. Il superamento degli stessi porta il soggetto al dominio del suo mondo interno (onnipotenza narcisistica) e mettere in atto le tendenze alla centralizzazione, che producono immagini con una struttura mandalica di tipo “mandala aperto”.

Si può giungere così alle definizione di “cura” come attivazione della stessa attitudine di cura e autosviluppo che è proprio dell’Immaginario creativo, quale concepito da Leopoldo Rigo.

La dimensione di libertà dell’autosviluppo richiede un terapeuta che eviti la suggestione e l’induzione, la cui guida  sia determinata non solo dalla comprensione o interpretazione della vicenda immaginaria, ma  soprattutto da una partecipazione intensa emotiva e dialettica.

(Prima Parte)

 Cercherò di illustrare,

L’esperienza diretta del sogno, la via regia dell’Inconscio, mostra l’Io in scacco.

Il personaggio del sogno a cui il soggetto si sente identificato cerca delle soluzioni, una nuova via d’uscita, ma non la trova.

Rigo spiegò questo con lo stato di passività che è dell’Io durante il sonno.

Ma lo stesso scacco è quello delle metafore autorappresentative con cui molto spesso il futuro paziente si presenta, sentendo spontaneamente il bisogno di usare un’immagine.

Così  mi si presentava pochi giorni fa una ragazza: “Ho gli attacchi di panico: sono un uccellino in una canna  fumaria, batto batto le ali in continuazione ma faccio solo confusione…”.

E’lo scacco stesso dell’Immaginario, che si ritrova bloccato nella sua funzione essenziale: far avanzare qualcosa di nuovo.

L’Inconscio, il “luogo” di queste sconfitte, non è così facilmente accessibile alla coscienza e alla volontà.

Il problema che si pose Rigo fu di rendere l’Io attivo, con un Inconscio aperto sulla coscienza e con la coscienza recettiva all’Inconscio (Rigo, 1980).

E’ a questo punto che la capacità immaginativa offre una possibilità unica di cura, in quanto l’Immagine stessa è più vicina all’Inconscio di quanto non lo sia la parola.

Dall’esperienza clinica emerge la constatazione che in seguito al rilassamento si attua una situazione – o meglio uno stato – tra la veglia e il sonno, con un alto livello di coscienza e una bassa vigilanza.

Questo è il livello ottimale per il libero fluire delle immagini mentali in uno stato di veglia.

E’ lo stato studiato da Virel (Fretigny &Virel, 1968) che ne ha dato delle interessati prove a livello psicofisiologico. Egli ha dimostrato, con i noti esperimenti condotti presso l’Università di Parigi, la Sorbonne, che questo stato è contrassegnato da un ritmo cerebrale alfa e che si accompagna ad un abbassamento del tono muscolare.

Questo stato favorisce l’onirodramma. Con la rottura delle barriere intrapsichiche tra conscio e inconscio vengono ad essere presenti al soggetto  nell’“Imagerie”, livelli emotivi profondi.

Le immagini che appaiono non sono solo immagini visive, ma immagini fortemente vissute a livello sensoriale e kinestesico – hanno il carattere concreto e presente della cosa vista, sentita, vissuta, non diversamente da una cosa reale. Tutti possiamo avere come confronto l’esperienza del sogno; mentre sogniamo infatti non sperimentiamo solo immagini visive: quando una persona prova ansia, prova anche un senso di costrizione, mentre se un sogno è gioioso, si prova anche un senso di dilatazione.

Nell’onirodramma le immagini non sono statiche, ma si organizzano in scene drammatiche, nel senso che hanno uno svolgimento e un dinamismo.

Le scene si sviluppano in uno spazio immaginario, chiamato da Rigo “scenario”,  in cui  il soggetto si sente muoversi e agire, in modo drammatico, con differenti stati d’animo e con una ricchezza di sensazioni ed emozioni che equivalgono o superano l’esperienza reale. La partecipazione viva del soggetto è la garanzia che egli esprima il suo bagaglio di emozioni, che è innanzitutto basato su  sensazioni fisiche e psicofisiche.

In questo processo mentale poi, secondo Rigo, si poteva realizzare la possibilità di rendere l’Io attivo – in un contatto il più diretto possibile con l’Inconscio – e farlo uscire dalle posizioni di scacco e di sconfitta ripetuta (Rigo, 1980).

Il veicolo di questa esperienza è quello che Rigo ha chiamato “Immagine autorappresentativa del soggetto” o “Io Corporeo Immaginario” (ICI). In questa esperienza il soggetto, distinto in Io-che-osserva e Io-che-prova, si identifica completamente all’Io Corporeo Immaginario. Immerso nel suo corpo immaginario, prova tutte le diverse sensazioni visive, acustiche, tattili, kinestesiche e cenestesiche, come nella vita reale, come nel sogno.

L’ICI (Io Corporeo Immaginario) è libero da tutte le limitazioni sociali e dalle esigenze razionali che sono legate alla coscienza riflessa e pragmatica, per cui si presenta capace di spostamenti, modificazioni, trasformazioni inimmaginabili nella realtà, proprio così come avviene nel sogno. Esso porta nel contempo tutti i segni di frustrazioni, costrizioni o inibizioni, vissute lungo lo sviluppo emotivo, in rapporto con le figure significative del suo ambiente.

Nello stesso tempo l’ICI si mette in relazione con lo scenario immaginario – con personaggi immaginari che sono anch’essi rappresentazione della personalità.

“La personalità è espressa in vari modi. Non solo personaggi esprimono parti o fattori dinamici della personalità, difese, … ma le parti e i fattori dinamici possono avere repliche a livelli vari: naturali, animali, umani” (Rigo, 1980, Inconscio e personalità, pag.  48.).

La cura è stata descritta da Rigo stesso come un “viaggio terapeutico”, un insieme di spostamenti attraverso le varie zone della personalità, che durante il passaggio dell’ICI vengono riassestate e modificate: una palude viene bonificata, una sterpaglia ripulita, un paesaggio arido irrigato, eccetera. A seconda delle Imagerie, scenario e personaggi possono apparire ostili all’Io, tendere a distruggerlo o inglobarlo come nelle Immagini della “palude” o delle “sabbie mobili”, o fornirgli delle occasioni di gratificazione – “l’isola tropicale”, “la foresta rigogliosa” – come avviene in molte Imagerie del “livello ristrutturante”.

Così si rappresentava in una spontanea identificazione simbolica una paziente.

“Sono un laghetto a forma di otto; in superficie è tutto bello, ci sono i fiori e animaletti sull’acqua e lungo la riva, che lo rendono molto vivo e allegro.

L’acqua è trasparente e si vede il fondo pulito.

Però questo quadretto è turbato dalle correnti impetuose. Ci sono mulinelli, gorghi sotterranei, che mi trascinano qua e là, come i miei sentimenti contraddittori.

Sento la durezza delle pietre bianche sul fondo; è la mia stessa rigidità fisica che mi infastidisce. Crescono troppe radici che fanno confusione e bloccano il movimento, il fluire.”

C’è un grande senso di disagio e di fastidio; soprattutto manca il libero fluire dell’energia psichica.

Nell’ITP, la paziente viene sollecitata a impegnarsi attivamente nella modifica dell’immagine,

L’esperienza a livello immaginario, il confronto diretto e l’elaborazione delle situazioni immaginative espressive delle carenze e dei conflitti, mutano i rapporti intrapsichici tra l’Io e gli oggetti e le figure rappresentative di limitazioni, di tendenze e possibilità.

Non è richiesta, per lo più, una successiva esplicitazione interpretativa. Non è necessario cioè fornire una interpretazione dettagliata dei vari passaggi.

Il contatto diretto, infatti, mette in moto un’intuizione profonda e immediata della situazione personale, che appaga il soggetto.

Nel percorso con l’ITP, il transfert è ripartito tra lo scenario e il terapeuta. La guida del terapeuta è determinata tanto dalla portata simbolica delle immagini quanto da una percezione emotiva, intensa, fisica, che porta ad un sentire e fantasmizzare insieme.

Un concetto fondamentale nel sistema di Rigo è il concetto di fantasma.

Il fantasma non tematizza solo le Imagerie, ma anche le immagini coscienti o subcoscienti, le fantasie, i sogni, le narrazioni, ed è presente nelle metafore autorappresentative, come abbiamo visto.

Il fantasma è infatti, secondo Rigo, la cristallizzazione di carenze o di conflitti  precoci, internalizzati e divenuti inconsci, in cui il soggetto ha sperimentato una situazione di sconfitta e sopraffazione

I fantasmi possono essere di distruzione, di frammentazione, di divorazione, di assorbimento, di mancanza di sostegno, di laceramento, di mutilazione.

L’origine dei questi fantasmi è molto lontana nel tempo e risale nelle prime esperienze di tensione e distensione, di malessere e di benessere.

Più ci si avvicina, dunque, a queste radici fantasmatiche, che sono anche a livello intrauterino, più la cura sarà efficace.

Parlare del fantasma significa parlare di cura.

Cosa si intende per cura, dunque?

La risposta sinteticamente è, come abbaiamo detto: il ridimensionamento o la modifica del fantasma.

La modifica del fantasma è qualcosa di più della liberazione del sintomo, perché il fantasma informa a  sé  tutte le esperienze del soggetto.

Solo le immagini in cui il soggetto si sente e non si vede, in cui è egli è presente quindi a livello di Io Corporeo Immaginario, in cui vive a tutti i livelli sensoriali e kinestesici la sua vittoria sul “fantasma”, nella sua dimensione corporea, sono dunque “le immagini che curano”.

Il terapeuta si mette così nella situazione dialogata di Imagerie accanto al paziente. Entra con lui nel vivo del dramma, presente con il suo bagaglio interpretativo, ma anche con la sua partecipazione corporea, emotiva.

La cura tipica dell’ITP si articola in tre fasi.

Vorrei fare qualche accenno alla pratica, soffermandomi solo su qualche aspetto, prendendo quale linea di riferimento il senso di esistere, la conquista dell’identità.

Vorrei abbozzare una traiettoria del senso di sé in divenire, quale si viene realizzando nell’ITP. Occuparsi di questo “senso di esistere” è quanto mai necessario in un’epoca come la nostra in cui c’è molto il senso di vuoto, la mancanza di scopo, la difficoltà ad esistere.

La nostra esperienza ci dice che ci sono grandi carenze per quanto riguarda l’integrità dell’immagine del corpo, pur nella spasmodica attenzione al corpo.

Il primo problema che si pone è quello dell’esistere.

Nello scenario immaginario questo si esprime come minaccia – a vario livello – alla stessa esistenza psichica dell’Io, vissuto come ICI.

Ci sono minacce di inglobamento o annientamento, quando appaiono sabbie mobili, paludi, precipizi (Rigo, 1980).

Tali situazioni sono frequentissime nei casi borderline, che spesso si trovano minacciati proprio nel senso di esistere. Rigo ne ha riferito in un interessante lavoro sui soggetti borderline, in cui si hanno immagini di frammentazione, dissoluzione, sparizione (Rigo,  1970).

Sono importanti soprattutto le esperienze di coesione, affinchè il soggetto possa provare il senso di esistere in autonomia. Questo avviene attraverso la ristrutturazione dell’Immagine corporea, quando il soggetto vive delle  esperienze di cenestesie positive.

Le cenestesie, dice Rigo, hanno un valore cementante dello schema corporeo e permettono una buona immagine corporea. Le varie tecniche usate nell’ITP sono molto interessanti: sono le realizzazioni simboliche, le regressioni di età, le identificazioni simboliche ( Rigo, 1973).

Mi soffermo un momento sulle realizzazioni simboliche.

Le realizzazioni simboliche caratterizzano la tecnica ITP.

Se la Sechehaye (1950) dava alla paziente delle mele simboliche del seno materno, Rigo porta la realizzazione simbolica  sul piano immaginativo, anzi sul piano fantasmatico, dove si sono iscritti i traumi.

Le realizzazioni simboliche ripercorrono la storia dell’Immagine del corpo, si svolgono in un modo estremamente “concreto”, per cui il paziente vive quelle soddisfazioni primarie che sono essenziali per il senso dell’esistere (Winnicott, 1986): il contatto, l’appoggio, il calore, il sostegno, il contenimento, il sentirsi trasportato in una iniziale situazione di passività ricostruttiva, o per meglio dire “fondativa”.

Ugualmente andranno riparati tutti i bisogni relativi all’oralità e alle varie fasi dello sviluppo psicosessuale.

Vorrei riportare solo un esempio, relativo alla ristrutturazione che  si avvale delle sensazioni tattili.

Le sensazioni piacevoli, secondo l’ITP, sono riferibili al tepore del liquido amniotico, mentre le spiacevoli sono riferibili ad urti o pressioni, alle quali si accompagnano le sensazioni labirintiche associate ai fantasmi primitivi. Le sensazioni tattili e labirintiche, sono fondamentali per la percezione totale del proprio corpo e si realizzano nelle manipolazioni che avvengono nelle cure materne.

L’isolamento sensoriale in cui si svolge il rilassamento, l’ambiente oscuro e tranquillo, facilitano l’attenzione, suggerita dal terapeuta, sui contatti e sugli appoggi del proprio corpo: con i vestiti, con la coperta, con la poltrona, con il pavimento.

Il rilassamento condotto secondo la tecnica di Rigo sollecita l’attenzione primariamente sul tatto, senso meno mediato, primario. Il richiamo alle sensazioni tattili viene sentito  come un richiamo ad esserci. Per questo il richiamo al tatto, dà quasi sempre risposte positive, anche in quei soggetti che hanno difficoltà a rilassarsi o ad immaginare.

Nel rilassamento così condotto, il paziente arriva a sentire, senza suggestioni, nel proprio corpo, contemporaneamente il calore e il peso, ripescando così la prima fondamentale sensazione data da un passaggio caldo (il latte) e da un pieno (il senso di pienezza dato dal nutrimento).

E’ già una specie di introiezione delle prime funzioni materne di contenimento e di appoggio, attraverso le quali si struttura, per dirla con Anzieu, l’Io pelle (Anzieu, 1985).

Ecco uno stralcio di registrazione di una seduta, che è esemplificativo del tipo di ristrutturazione che é molto comune nelle sedute di Imagerie Mentale.

Si trova in un lago, circondato da vegetazione senza colore, la luce è molto chiara.

Gli viene suggerito di guardare l’acqua del lago: è pulita e trasparente, decide di entrare.

L’acqua tiepida scorre sulla superficie del corpo.

Il terapeuta può se lo ritiene opportuno approfondire questi aspetti sensoriali. Potrà cioè soffermarsi sul contatto cutaneo, sullo scorrere dell’acqua sulla pelle, sul fatto che l’acqua disegni i confini del corpo, eccetera. Potrà ripercorre tutte le parti del corpo, nominandole.

La parete sommersa del bacino è solida, liscia, calda: aderisce bene a questa parete con il davanti del corpo, in modo da sentire bene il massaggio tiepido dell’acqua sulla schiena. Adesso, dice, percepisce la colonna vertebrale. Rimane a lungo in questa situazione, descrivendo un senso di benessere e tranquillità.

Dopo un po’ comincia a muoversi spontaneamente nell’acqua, infine decide di uscire.

Su una spiaggia sabbiosa si stende al sole e con stupore dice che adesso è tutto colorato: l’acqua è azzurra, il celeste del cielo è intenso, il verde degli alberi è brillante, il sole è luminoso.

Dopo essere uscito dall’acqua ed essersi asciugato al sole, decide di salire una montagna. Ha dei sandali rudimentali ai piedi ed è vestito con la pelle di un animale – come gli uomini primitivi – dice. Cammina a lungo con vigore ed energia, fino a raggiungere la cima di una montagna, da cui domina un ampio paesaggio, sentendo bene la solidità e la compattezza della montagna in cui si trova. Anche lui, gradualmente, sente questa solidità e compattezza, si sente fiero e finalmente sicuro di sé. La terapeuta fa approfondire ulteriormente il senso della solidità e compattezza, anzi suggerisce una identificazione simbolica alla montagna, che il paziente, allenato, vive in modo molto profondo, introiettando la solidità, la forza e la compattezza.

Si può osservare la ristrutturazione dell’immagine del corpo, attraverso il recupero simbolico del corpo a corpo primitivo con l’appoggio ventre-contro-dorso contro la parete del lago, con il massaggio simbolico alla schiena, che permette la successiva percezione della colonna vertebrale.

Ripercorrendo le parti del corpo, la terapeuta dà al corpo – con la sua voce e con la sua presenza – dignità e valore.

In questo caso la presenza del terapeuta è necessaria per passare dal “corpo vissuto” al “corpo riconosciuto”, come dice Pankow (1979).

Sono principalmente le sensazioni tattili, che sono importanti per la definizione dei limiti corporei, che consentono il formarsi dell’Io–pelle (Anzieu, 1987).

Nell’ITP, è giusto ricordarlo, tutte le dimensioni sensoriali concorrono allo stabilirsi della coesione corporea.

In alcuni casi si possono avere anche realizzazioni simboliche  molto interessanti, che riguardano lo stadio “olfattivo” (Doltò, 1966) situato tra lo stadio fetale e quello “orale passivo.”

Le cenestesie positive, il senso di benessere – in qualsiasi modo sia ottenuto – costituirà il cemento dell’Immagine corporea, la ristrutturazione e la coesione del sé psicocorporeo.

Si potrebbero fare molte altre osservazioni. A questo punto si noti come vi sia stato un miglior investimento energetico, segnalato dal comparire dei colori nel paesaggio, e come insorga spontaneamente l’attivazione, e soprattutto il movimento ascensionale. E’ interessante come il moto ascensionale non abbia bisogno di essere suggerito o indotto, ma venga direttamente delle risorse dell’Immaginario creativo, con tutti suoi effetti, ben noti da Desoille in poi.

 

Bibliografia

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Dolto, F. (1984). Au jeu du désir. Paris: Editions du Seuil.

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Fretigny & Virel, (1968).L’Imagerie mentale:Genève:Editions du Mont-Blanc.

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Sechehaye, M. (1950). Journal d’une schizophrene. Paris: PUF.

Stevens, A. (1998). Ariadne’s Clue: The Symbols of Humankind. Princeton: Princeton UP.

Winnicott, D. (1986). Home is where we start from. London: Penguin Books.