L'Immagine: comprensione, spiegazione, interpretazione.


Da  più di un ventennio il nostro gruppo Gitim organizza questa scadenza di studio   con gli emeriti  professori  Burgos e Barthélémy. È la prima volta che il professor Burgos non è qui a condurre il seminario ma è forte la sua presenza. Gli   insegnamenti e le suggestioni che ha fornito hanno alimentando  il nostro interesse verso l’immaginario la sua conoscenza, la sua natura, la sua attivazione nei processi di creazione artistici come nei processi psicologici e nei processi patologici.                                                     

La costruzione di queste basi teoriche e culturali con una scadenza di formazione annuale con il professor Burgos e poi anche con il professor Barthélémy è stata introdotta, con la tenacia e determinazione che le era propria, e di cui la ringrazieremo sempre, dalla dott.ssa Serenella Uberto Rigo. Il ricordo  che  conservo muove in me un intenso sentimento di gratitudine che tiene viva la mia (ma credo di potermi esprimere al plurale per il gruppo) dedizione al paziente e alla cura rispettosa, dedita, amorevole e competente. Questi aggettivi richiamano fortemente i confini deontologici e le caratteristiche della formazione dello psicoterapeuta che opera con la tecnica immaginativa di analisi e ristrutturazione del profondo. 

I contributi teorici che riceviamo nel corso di questi seminari, soprattutto per noi terapeuti che operiamo con l’IM (Imagerie mentale)  sono preziosi per l’approfondimento e ampliamento delle conoscenze sul tema dell’immagine il senso dell’immagine  comprensione-interpretazione sono necessari per  l’applicazione clinica e psicoterapica  con l’ITP.

Il mio intervento è rivolto alla psicoterapia infantile con le tecniche derivate dell’ITP.

Il  materiale clinico che esporrò si presenta attraverso le immagini grafiche e cromatiche del disegno,  le verbalizzazioni e i silenzi (che abbiamo approfondito  nel seminario dello scorso anno), le espressioni posturali mimiche e toniche che si sviluppano con la regolarità del tempo della seduta, con la continuità-stessità dello spazio dello studio, nel contatto coi materiali “del gioco” che concretizzano l’attività creativa.   

Il valore che questo materiale assume è dato dalla relazione tra paziente e terapeuta che riesce a intercettare l’esclusività e la particolarità dell’ interazione e del contatto  che si innesca nel processo immaginativo compartecipato (sulle caratteristiche del transfert  e dell’interpretazione nell’ITP rimando all’intervento di domani della dott.ssa Zanetti e del dott. Secco)                                                                                                                          

L’azione clinica è curativa quando potenzia, libera e valorizza “le tendenze all’autocura e auto sviluppo” che secondo Rigo sono il motore esistenziale insito nell’uomo .  

Rigo scriveva “Analisi del Profondo e Psicoterapia” che lo scopo della psicoterapia è l’attualizzazione e talora la presa di coscienza  e lo scioglimento dei conflitti inconsci….                                                                  

A. è una bimba di 6 anni che ha appena iniziato la scuola primaria. È  nata da una relazione tra due partner già separati. Tale relazione si è interrotta al 4° mese gestazionale, il padre si è defilato dopo aver insistito per l’interruzione di gravidanza. La mamma di A si è ritrovata a proseguire da sola la gravidanza e ad occuparsi della bambina con appoggi familiari esterni.

La bambina non ha mai conosciuto suo padre ma sin da piccola ha chiesto di lui. Nell’ultimo anno le richieste si sono fatte più insistenti. La mamma  che si relaziona con A in modo brusco e intransigente, secca e frustante le risponde “Io sono la mamma e il papà”.

La madre dichiara  intenzioni protettive verso la figlia rispetto a un paterno completamente trascurante, che la madre stessa presenta come “male assoluto” “é un serpente, è un mostro”. Nega così alla bambina l’accesso a qualsiasi rappresentazione  “contenibile” condivisa rispetto alla figura paterna, che sollecita nella  madre  una fantasmatizzazione fallica aggressiva. Nega così il maschile -paterno e si presenta simbolicamente come madre-fallica.

Nel suo articolo “Immaginario materno e immaginaro infantile “ la dott.ssa Serenella Uberto Rigo scriveva che l’attività psicoterapeutica ha fatto sperimentare come l’immaginario materno plasmi e condizioni l’immaginario del bambino. Intendendo per immaginario le aspettative, i rifiuti e le emozioni in genere che passano nel bambino già dalla gravidanza come messaggi corporei di distensione o tensione e quindi di benessere o malessere….e possiamo aggiungere ricordando le sue parole ‘iscriversi nell’immagine del corpo del bambino ‘come affetto costitutivo della sua IC che vincola tempo e spazio (immaturità, incompletezza , dipendenza…)

Il sintomo masturbatorio, per cui viene richiesta la consultazione si è fatto più compulsivo negli ultimi mesi. La madre è sinceramente preoccupata per questo comportamento sconveniente della figlia, temendo inoltre che  possa accrescere un giudizio negativo sociale della bambina che si trova già segnata dalla  privazione del  riconoscimento di paternità.

Le sedute valutative  hanno permesso di creare un buon rapporto con A.

La bambina inizialmente manifestava disagio di separazione e diffidenza,  facilmente era invasa da ansie “abbandoniche” improvvise che la spingevano incontrollatamente a verificare la presenza della madre in sala d’attesa. Le caratteristiche che erano state riportate come iperattive-disattentive dalla madre apparivano piuttosto come insorgenza repentina di stati di angoscia di perdita che travolgevano la continuità del contatto e il mantenimento delle capacità di proseguire l’attività. Questi “strappi” nel  continuum si rilevavano anche nella comunicazione verbale, A. affrontava con enfasi  un argomento lasciandolo subito dopo e faceva interventi diretti e incontrollati anche quando si trovava a scuola faticando a rispettare le convenzioni comunitarie.                         

Nella sua vita quotidiana c’erano paure che insidiavano l’addormentarsi sul suo letto, l’uso del bagno oltre a banalizzate e  forti insicurezze riguardo all’accettazione delle compagne e alla sua appartenenza alla comunità dei pari.                                                                                                                       

Il suo aspetto fisico gradevole era sempre valorizzato dalla cura dei particolari dell’abbigliamento e del coordinamento dei colori. Questa attenzione accentuata all’estetica e alla pulizia richieste dalla madre e corrisposte da A. limitavano la sua spontaneità influenzandola anche a livello posturale e gestuale, sebbene standole accanto si percepisse la germinalità della sua carica vitale. 

La debolezza delle basi identitarie rivelava la sua fragilità narcisistica, carenze profonde di riconoscimento di sé come entità separata rendevano i suoi investimenti d’oggetto di qualità ambivalente e poco differenziante. Anche i caratteri arcaici  punitivi del  Super-io, riducevano la forza e la coesione dell’istanza egoica.     

Le sanzioni punitive adottate dalla madre verso il sintomo rientravano nella modalità castrativa della madre unitamente alle carenze di tenerezza e contatto empatico che  allontanano le possibilità di sviluppo psichico della triangolazione nella bambina trattenendola  nell’autoerotismo.  

Nel corso di un breve ciclo di sedute psicoterapeutiche concordate con la madre e A propongo una sequenza breve di disegno drammatizzato nelle tecniche adattate per l’infanzia dell’ITP.  La modalità  dei fogli successivi come la tecnica del fumetto bande Dessinè, consistono in applicazioni derivate dal RED di Desoille che sono state suggerite per uso psicoterapeutico da Lowestein e da Levine .

Nel  lavoro del 1970 “Concezione Statica e Concezione Dinamica dell’Immagine Simbolica” L. Rigo scriveva che “la disposizione a quadri o successione del disegno  suggerisce la successione temporale e quindi la drammatizzazione e la metamorfosi delle immagini. Per la stessa ragione è importante che il bambino realizzi rapidamente il disegno, senza che preoccupazioni di perfezione  o esecuzioni formali blocchino il contatto con il nucleo fantasmatico da cui la ‘storia’ trae tutto il suo significato e il suo valore psicoterapeutico”.  Aggiungeva in maniera molto chiara che “… il vero significato delle immagini non può essere afferrato che in un contesto , che comprenda le caratteristiche di partenza del S, l’evoluzione del rapporto psicoterapico e il livello di evoluzione personale raggiunto”.

Rigo metteva in guardia gli psicoterapeuti scrivendo che “le eventuali somiglianze al di fuori di questo contesto sono per lo più esteriori o casuali”. Definendo  chiaramente che l’azione terapeutica delle terapie che si basano sull’immagine è strettamente connessa alla proprietà fantasmatica individuale del paziente, al suo livello evolutivo, alle caratteristiche della relazione terapeutica col il tipo di transfert specifico che viene a crearsi e naturalmente nell’ITP al processo di imagerie mentale che si realizza nelle particolari condizioni psicofisiche e psicofisiologiche che lo caratterizzano.  

Nel disegno drammatizzato (Rigo1962) e nel Gioco (Serenella Uberto Rigo 1969) l’accento deve sempre essere posto sulla “vicenda drammatica” e sull’impegno dell’ICI (Io corporeo immaginario). Nella stessa pubblicazione del 1970 “Concezione Statica e Concezione Dinamica dell’Immagine Simbolica” scrive “la singola immagine visiva non si potrebbe che isolare artificialmente, ciò che importa è la vicenda, lo psicodramma, l’avventura immaginaria in cui l’ICI del paziente è impegnato per ristrutturarsi, dominare il mondo interno, crescere e amplificarsi  aprendosi al rapporto con gli altri … non ha valore la singola immagine simbolica, che serve al massimo come punto di repere specialmente se arricchita dalle considerazioni delle pulsioni e vettori complementari (cfr Rigo 1962,63,64)” 

Nelle sedute con A. il disegno spontaneo realizzato con pennelli e colori a dita inizia con la manipolazione del colore che crea in A un graduale stato di distensione a partire dal quale la bambina è invitata a lasciare che emerga un’immagine. “è questo stato di distensione accompagnato dall’allentamento del controllo sull’ambiente circostante con riduzione della motricità  delle risposte agli stimoli esterni che conferma che si sta costituendo un ambiente che chiamiamo “scenario” in cui si avvia una sequenza immaginativa”.

Nell’ITP ribadisco non è l’immagine vera e propria che costituisce la vicenda immaginativa che è importante, ma è il vissuto immaginativo mobilitato dalla sollecitazione sensoriale che dà accesso a quella partecipazione emotiva che si realizza attraverso la cenestesi in relazione e in contatto col terapeuta. Rigo scriveva nel 1964 che “la guida dell’imagerie nell’ITP non è fatta solo sulla base delle emergenze visive  delle immagini simboliche  ma in prevalenza , attraverso la partecipazione intima, emotiva e perfino cenestesica dello psicoterapeuta alla vicenda immaginaria del paziente”.

Queste considerazioni ci chiariscono la qualità del transfert su cui l’azione mutativa ed evolutiva della terapia si basa e sull’efficacia degli interventi del terapeuta che Rigo ricordiamo definisce “diretti” cioè fondati sulle azioni del soggetto e su interventi del terapeuta sempre sotto forma di azione immaginaria … nel 1962 in “ la Psicoterapia dell’Immagine” scriveva “anche se la comunicazione dell’immagine al terapeuta si ha attraverso la descrizione che ne fa il paziente l’azione psicoterapeutica efficace è possibile solo se il terapeuta riesce a rivivere le stesse immagini”. 

È  fondamentale questa partecipazione cenestesica questa intima presenza e condivisione. Il concetto di cenestesi è centrale nella nostra psicoterapia. L’elemento che permette l’integrazione di percezioni corporee è la cenestesi., come ha ben spiegato L. Rigo nell’articolo del 1973 dal titolo “Su alcuni Procedimenti non Verbali o Infraverbali atti a ristrutturare lo schema corporeo in soggetti carenziati ”.

Per cenestesi si intende “un vissuto che riguarda tutto l’organismo e che appartiene al versante introversivo della personalità, in quanto riguarda lo stato interno dell’organismo stesso, ma può diventare mezzo di rapporto con l’ambiente, punto di incontro e riferimento d’identità, quando è partecipata dalla persona significativa”.

La sensibilità prima e più profonda che si riscontra già nella vita fetale e poi nei primi 2 anni di vita è quella cenestesica.

Le sensazioni cenestetiche originate da stimolazioni tattili, termiche e labirintiche “sono fondamentali per la percezione totale del proprio corpo e per l’integrazione dello schema corporeo”, così le stimolazioni post-natale legate alle cure materne.

Gli effetti riparativi e ristrutturanti della terapia sono confermati dalle esperienze cenestesiche piacevoli di distensione, dilatazione, calore piacevole, energia , rinsaldamento , vitalità ecc…

Il vissuto piacevole diventando qualcosa di partecipato, di riconosciuto in una validazione reciproca che è la base per le identificazioni positive, renderanno il paziente capace di accettare gratificazioni, di essere insieme in stati di esperienze psicofisiche appaganti e strutturanti.

 

A. disegnando si sofferma a lungo a colorare il sole verbalizzando “mi piace il sole, ha tanti raggi e tanti colori”. Si avvia così una ristrutturazione attraverso la sensorialità partecipata, favorita dal contatto contenente della terapeuta che affianca il bambino analogamente a quanto si realizza in stato di rilassamento con il paziente adulto.  La  invito a socchiudere gli occhi e “ascoltare questo piacere termico e luminoso del sole, approfondendo questa sensazione” procedendo nella conduzione della seduta di  livello ristrutturante , in cui è favorita l’attivazione e l’integrazione di tutte le sensorialità. E’ così che A. dice: “ci vuole più colore, rosso e giallo”, informando che c’è mobilitazione di una forte carica energetica e un buon inserimento nello scenario. 

 

Nel bambino la condizione di “terzo stato” è facilitata da quella immaturità funzionale che permette di vivere come realtà cosciente la storia immaginaria che inscena nel  gioco come nel disegno o nel modellaggio.

La confermo e sostengo, invito a soffermarsi nel sentire i movimenti del corpo, di allungamento nella distensione plastica della materia-colore mentre colora cielo e terra. Ciò produce in A. un senso di distensione, una riduzione delle sue caratteristiche  iperattive e di ipercontrollo ambientale. Indugia a lungo con movimenti circolari nel creare e ricreare il sole.

L’accompagnamento terapeutico è sostenente rispetto a questo simbolo maschile che è particolarmente importante nel mondo interno di A., ma carico di vissuti di carenza e di conflitto.  Diviene più eccitata e impasta più colore, lasciando ipotizzare la correlazione tra l’immagine  maschile-paterna del Sole e il sintomo masturbatorio consolatorio rispetto all’essere defraudata completamente del paterno che è costretta a ricreare nell’eccitazione corporea.

Nell’ITP l’interpretazione  resa al paziente è minima o assente ma gli interventi sono sempre effettuati su base interpretativa, così per A. il potenziamento di questo simbolo può realizzarsi mediante il potenziamento del vissuto corporeo che è costituito da “immagini concrete”.  Rigo usa  la definizione di Immagini concrete nell’articolo  “Procedimenti  non verbali o infra- verbali atti a ristrutturare lo schema corporeo in soggetti carenziati 1973 “il fantasma è un vissuto protocoscenziale o inconscio , tende ad esprimersi in immagini in particolare le immagini concrete del sogno e dell’Imagerie onirodrammatica, esso è sempre accompagnato da tonalità emotiva piacevole o spiacevole”.

Invito A.  a sentire la materia-colore che si intiepidisce al tatto, compatta e duttile; si sofferma su questa sollecitazione tattile e termica sulle sue dita, ciò le permette di superare l’eccitazione e di vivere tempi più distesi e di avere un tono di voce più pacato.

La concessione da parte del terapeuta della gratificazione provata in questo gioco sensoriale puro rimanda alle prime cure materne termiche e tattili gratificanti  prolungate che come descrive Doltò costituiscono l’immagine del corpo di base fetale-orale fondativa del senso di essere.

A. rimane seduta assorta; mi richiama a guardare la linea dell’orizzonte “vedi la riga del cielo che finisce”. Mi accosto a lei più vicina, un po’ rassicurata in questo sentimento  del “finire”  che sembra raccogliere  le perdite da cui è ferita: i confini originari che perde nei contatti  negati come il papà che non ho mai visto.

Le rimando di vedere bene l’orizzonte, le dico “lo guardiamo che è lontano”.  Valorizzo la sua iniziativa di “vedere insieme” come restituzione di una possibilità di far esistere qualcosa che non finisce come perdita  ma che è lontano ed esistente.

Si rinsalda,  in un tempo di condivisione emozionale che trascorre silenzioso, la possibilità di “guardare lontano”. La distensione che A. ha raggiunto le ha permesso di compensare in uno sguardo possibile – sostenuto dalla vicinanza psicocorporea – rivolto lontano, quel sentimento di perdita che era insorto come rattristante emblema delle sue “perdite”.

Ben sappiamo nella terapia con ITP quale senso di apertura e di fiducia sulla possibilità di dominare il mondo interno e i conflitti frustranti, creino soprattutto verso la conclusione di un’imagerie le visuali aperte allargate che il paziente assorbe, sappiamo anche che visuali ampie possono creare stati di angoscia senso di dispersione e annullamento quando l’Io è ancora troppo debole sovraccaricato dal mondo interno e nell’immagine visualizzata il rapporto tra ICI e scenario è poco differenziato. Ancora possiamo trovare conferma del  valore simbolico dell’immagine solo attraverso il vissuto cenestesico come abbiamo già descritto. 

A. stende ancora l’erba con le stesse modalità sostenute dalle sensazioni tattili termiche con movimenti  di ditate lunghe per occupare lo spazio. È impegnata a raggiungere i limiti-confini del foglio non vuole lasciare spazi ora che si può sentire riempire di questa sicurezza che sta provando.

L’efficacia dell’intervento nell’ITP è evidente nei cambiamenti favorevoli delle caratteristiche dello scenario, nei mutati atteggiamenti del paziente che divenendo più attivo e orientato a seguito delle ristrutturazioni del’ICI e alla riconquista del sentimento di sé si muove con maggiore vitalità e padronanza nella scena della vicenda drammatica e si confronta con i fantasmi conflittuali, come nella vita reale gradualmente affronta i propri timori e frustrazioni  migliorando i rapporti sociali e l’espressione affettiva.  

A. colora proprio 2-una coppia di -nuvole in simmetria per mantenere equilibrio commenta che “bisogna metterle così!”  fornendo informazione del suo bisogno diadico che richiede anche la coppia terapeutica in equilibrio per affrontare il percorso di cura.

Siamo nella fase  ristrutturante dell’ITP che consente di recuperare un’immagine più coesa, necessaria  per proseguire il confronto con gli elementi conflittuali, che compaiono in rapida sequenza nello svolgersi della drammatizzazione.

Nella seduta successiva riprende subito il suo disegno, senza pensare, rapida in centro allo spazio fa un cespuglio che “nasconde qualcosa di nero e fa puzza”.

La invito ad identificare il nero che nell’immaginazione attiva di A. assume le sembianze di “un muso di volpe”.

Con l’ITP è importante sollecitare e sostenere il paziente affinché si possa avvicinare a questo “qualcosa di  indefinito”, perché in questo movimento di attivazione possa definirsi  una forma e possa identificarlo.

L’intervento nella sua semplicità sottende l’intenzione interpretativa mossa dalla terapeuta che accompagna  il passaggio da una percezione indefinita, più temibile per la sua imprevedibile vaghezza, a una Forma riconoscibile.

La conquista di una forma definisce il passaggio evolutivo da un Sé indifferenziato a una rappresentazione di oggetto parziale qual è l’immagine del volto-muso per andare verso l’oggetto intero (il suo Rorschach mette in evidenza tutte le oscillazioni- instabilità incostanza oggettuale); questo passaggio illustra bene il cammino dall’indifferenziazione della rappresentazione di Sé e dell’oggetto separati e conflittuali e ci mette in contatto con gli stati emotivi che lo accompagnano.                       

Per A. si tratta di un oggetto parziale materno con caratteristiche temibilmente furbe che corrisponde al suo livello di integrazione oggettuale-conflittuale parziale, che sta drammatizzando. 

Chiedo cosa faccia lì dietro al cespuglio? Lei dice che aspetta i 3 porcellini.  Ricorrendo alla fiaba nota sembra cercare di difendersi. Le chiedo dov’è il porcellino  ponendo le condizioni verso l’individuazione e la personalizzazione che possono attenuare le difese messe in atto. Infatti A. è presa da insicurezza, si concede tempo con il colore  assicurandosi attraverso questa manipolazione  piacevole. Attraverso questo tempo di manipolazione e conforto sensoriale, acquista sicurezza e fa la sagoma del porcellino che rende femminile con il fiocchetto in testa ( tav III Rorschach: “Una rana, una rana-mostro con un fiocco. Questo sì che è veramente un fiocco!!mostro perché ha dei dentacci più grossi di una rana. Un fiocco perché è una femmina mostro.”), ponendo una identificazione femminile ad un Sé denigrato.

Queste immagini convogliano il senso di denigrazione  conseguente alla riprovazione accompagnata da minacce e punizioni anche corporali ad opera della madre, che è disturbata –arrabbiata- dalla masturbazione della bambina.

Chiedo dove vada? Superficiale risponde che sta facendo una “passeggiatina, va a  casa” (il diminutivo sembra volto a banalizzare e minimizzare come fa col tono vocale e posturale).                                    

A. colora la casa, con l’uscio e si premura di segnalarmi la maniglia per aprire. Bene!  Sottolineo, così può aprire la porta, le confermo questa sicurezza malgrado le caratteristiche del percorso e della casa siano poco chiare e facciano prefigurare eventi  conflittuali e temibili.  Lei risponde con buon investimento, impegnandosi a colorare una chiave d’ingresso, svolge una cernita dei pennarelli perché così la chiave sarà più definita  sostengo il suo coinvolgimento confermandole che “fatta così bene funzionerà e aprirà meglio e sicura la porta”.  Questa chiave si presenta come un oggetto di  investimento simbolico di valorizzazione per A. Identificata al porcellino tenta di  ritornare verso casa, alla ricerca di una protezione,  ma anche dello svelamento della sua dimensione familiare, rispetto a cui tiene saldamente una chiave (valorizzazione del simbolo “chiave”). Forse una chiave di lettura e di apertura verso il segreto della paternità.

Le chiedo socchiudendo gli occhi di sentire il corpo quando cammina, la sua posizione il movimento coordinato dei passi, dice che si muove bene sa correre l’invito a recuperare la sensazione dell’erba sotto i piedi, di risentirla  com’era l’erba quando la toccava… può muoversi  agile  (A  fa ginnastica  e le piace molto).

Ma c’è empasse.  Le chiedo che cosa sente? Rumori, odori? Sì c’è cattivo odore che proviene dal cespuglio ci sono lattine resti di robe che fanno puzza. (elementi anali deteriorati) sente questi odori “cattivi” che sono “brutti”. Chiedo.. “e dietro al cespuglio?” Dice “Il lupo è nascosto” (si definisce chiaramente l’oggetto intero aggressivo insidioso) dico che l’odore cattivo la metta in guardia. Commenta “ è un odore cattivo come il lupo”.

Nella fase conflittuale si tratta soprattutto di risolvere positivamente le situazioni angoscianti e pericolose che si incontrano nell’imagerie, di fare affrontare i personaggi che si manifestano come sovrastanti e minacciosi. Rigo “Analisi del profondo e psicoterapia”.

Propongo un 2° foglio per la scena  che si sta per sviluppare. Mi  chiede di aiutarla recuperando energia nello stendere il prato dove l’erba è fresca e pulita. È andata oltre il cespuglio, le dico che pur proseguendo stia attenta per quell’odore cattivo. Intervento cauto allo scopo di sostenere il confronto allontanando il ricorso a difese di evitamento e diniego. Lei dice che ha paura, paura tanta tanta paura che il lupo la vuole mangiare ‘è tesa e agitata’  chiedo come e dove voleva mangiare.

Lei  molto partecipativa apre la bocca e mi guarda mimando, la vuole mangiare tutta.

Chiedo e lei? Non vuole farsi mangiare. La risollecito a risentire le sensazioni del suo corpo che è agile e pronto, valorizzo quanto finora ha realizzato che “riesce a fare tante cose e ha tante idee  per affrontare la situazione perché non vuole soccombere all’aggressione”. Accesa da immediata e liberatoria intuizione “ahh sì aveva una pistola “scaricando la forte eccitazione si alza va al tavolo è agitata cerca colori e ne porta una mano piena. Sì può sparare da questa pistola colorata che  disegna veloce. Probabilmente è sollecitata dalla recente partecipazione al carnevale che l’ha divertita. Immagina che “ spara fiori e cuoricini cose di bene e al lupo le cose di bene gli fanno schifo, lui le odia “. sì e allora?  perché lui vuole solo cose brutte di cattivo …

Nella drammatizzazione inscena una lotta contro il cattivo-schifo in un insieme di aggressione orale e sadismo anale. Mima vocalizza in un repertorio di variazioni tonico-posturali di forte efficacia emozionale e carica partecipativa.

Invito a proseguire mentre il lupo sarà stordito da tutte queste cose che ha lanciato nell’aria. Le chiedo “se ha una pistola avrà anche un lazo?”

L’autorizzazione e  valorizzazione di questi simboli maschili la rafforza e  porta al progressivo depotenziamento.                                                      

“Ahh sì come il cowboy “  disegna un lazo che si attorciglia in un moto di cattura e avvolgimento molto efficace nel movimento assicurativo che evoca. “ Bene lo può legare!” “ Sì “ ride  “come un salame”. Colora il lupo intero in piedi della sua stessa dimensione rendendo definita la connotazione di lupo-ombra . Ora che lo può catturare, lo descrive “magrolino perché aveva la pancia vuota”.  Ride.

Ora dice in un salto evolutivo “La bambina voleva andare al parco giochi”verso il divertimento la libertà dei giochi motori e colora lo scivolo immaginando di vivere un movimento di discesa liberatorio e gratificante.

Partecipo al suo vissuto di piacere senso motorio dato da questi giochi. L’invito poi a fare il recinto per metterlo dentro. Il  recinto dice “è vicino alla casa perchè il cane lupo fa la guardia”  mentre lei è evoluta il lupo depotenziato è diventato un cane lupo.

Dico che lo faccia forte, “com’è?” “no di legno perché lo mangia coi suoi dentoni”.

È di ferro e lo disegna con soddisfazione mentre commenta che “adesso fa la guardia di notte perché lei ha paura di notte paura di fantasmi e paura…”

Adesso la bambina va sull’altalena, la disegna e poi c’è la festa coriandoli e stelle filanti.

Rilassata sorridente e affabile, le gote rosate pulisce e lava i pennelli  nel lavandino a lungo si insapona e risciacqua mi dice che ha paura del buio di notte e quando va al bagno è svelta e non tira l’acqua ha paura, ricorda lo scherzo che il fratello le ha fatto spaventandola.

Lei dice che “sarebbe meglio avere il cane da guardia nel recinto”.

Le rispondo che è proprio vero e che affrontando meglio la paura come ha fatto la bambina della sua storia si può diventare più forti e sentirsi più forti dentro di sé è come avere il cane che fa la guardia alla casa.

L’intervento psicoterapico esposto in questi brevi passaggi  ha contattato in modo ristrutturante quel livello “materno” di accoglienza morbida e rassicurante che permette il conseguente contenimento pulsionale.

La ristrutturazione realizzata con l’integrazione sensoriale fornisce gratificazioni che  rinforzano l’immagine corporea. Nella sequenza in cui affronta il lupo in veste di porcellino- femmina l’immagine corporea ha acquistato la forza necessaria per attivarsi, per compiere il passaggio dalla paura per sopraffazione all’addomesticamento del danno.

I fantasmi persecutori aggressivi connessi con aspetti inaccettabili di sè che Jung ha chiamato ombra sono stati efficacemente  rappresentati sia sul piano simbolico grafico sia sul piano dinamico costituito dalla vicenda drammatica.

La  sequenza drammatica descritta, in cui incontra l’ostacolo insidioso, che le incute paura , tuttavia fornita di pistola e lazo quali simboli maschili valorizzati dalla terapeuta, lo depotenzia imprigionandolo in una gabbia -cuccia riducendolo a un inoffensivo cane da guardia, nell’ITP corrisponde alla fase conflittuale in cui si  eliminano o depotenziano i fantasmi conflittuali, così liberando le tendenze evolutive del paziente.

È illustrato come questa Terapia Immaginativa può riparare  a livello  profondo, laddove si sono costituite  e conservate le  esperienze fondative delle relazioni primarie  che abbiamo  associato a  disturbi di varia entità dell’immagine corporea. Le esperienze di ristrutturazione e di elaborazione dei conflitti, si configurano per il paziente,come esperienza di “accettazione profonda”che rimarrà come  sicurezza di base nel suo divenire”.  Rigo.

 

Bibliografia

La tecnica Immaginativa di Analisi e Ristrutturazione del Profondo. Rigo 1968

Concezione Statica e Concezione Dinamica dell’Immagine Simbolica. Rigo 1970

Su Alcuni Procedimenti Infraverbali e non Verbali atti a Ristrutturare lo Schema Corporeo in Soggetti Carenziati . Rigo 1973

La Psicoterapia dell’Immagine. Rigo

Image du Corps. Serenella Uberto Rigo

Immaginario Materno e Immaginario Infantile. Serenella Uberto Rigo ; L Gardellini