Sensazione e Movimento come indici di lettura nell'intervento terapeutico di alcuni casi di mutismo nel bambino


In questo articolo viene presentata una esperienza clinica di tre percorsi terapeutici secondo il metodo della Pratica Psicomotoria e le Tecniche psicoterapiche derivate del metodo ITP ( Tecniche Immaginative di analisi e ristrutturazione del Profondo)  di Leopoldo Rigo, con bambini che presentavano lo stesso quadro sintomatologico, il mutismo elettivo, privilegiando in particolar modo  la sensazione e il  movimento come indici di lettura del blocco mutacico.

 Riferimenti teorici circa il mutismo

De Ajuriaguerra  affronta la tematica clinica del mutismo con l’apporto di vari Autori, considerando la diversità e la complessità delle connotazioni, comprendendo in questo quadro solo il mutismo acquisito, cioè quello di un soggetto il cui linguaggio si è già costituito e la cui patologia non entra nel quadro dell’afasia.

Il mutismo elettivo, descritto da Tramer, compare solo in certe persone ed  in un determinato quadro psicopatologico. Si può estendere ad una cerchia di persone sempre più grande fino a  divenire totale. (A. Mish). Il mutismo intra- familiare può comparire sia verso i tre anni, come forma di opposizione alla mancanza di attenzione familiare, sia come accade più spesso, verso i sei anni, al momento di iniziare la scuola.

Secondo Lebovici et al., il mutismo è solo un sintomo ed è sempre associato ad altri sintomi, di cui i più frequenti sono l’inibizione motoria, l’opposizione, l’enuresi e l’ anoressia. Il carattere familiare di tale mutismo è segnalato da J. Tramer e si trovano talvolta, in effetti, dei casi equivalenti nella famiglia  o tra i fratelli.

Se alcuni autori si sono soffermati a descrivere le caratteristiche del bambino mutacico, bambino sensibile, nel senso di Kretschmer, timido, suscettibile al dispetto e all’ironia, insicuro (D.J.Salfield), altri tendono a considerare questo mutismo in rapporto sia con un disordine nevrotico di tipo istero-fobico od ossessivo-compulsivo (B. Pustrom e R.W.Speers), sia con un quadro psicotico e prepsicotico. G. F. Reed considera il mutismo elettivo non come un’entità clinica, ma piuttosto come una reazione psicogena anormale, che può essere vista come un comportamento appreso, dipendente da tutta una varietà di fattori precipitanti, in soggetti con personalità diverse.

Nella descrizione del mutismo elettivo nell’adolescente, De Ajuraguerra evidenzia come il bambino nel periodo pre-verbale utilizza gli sfinteri o il sistema oro-alimentare nell’affermazione del Sé; così il mutismo si presenta come una forma più elaborata di meccanismi di passività e rivolta. Nel corso della sua evoluzione il bambino può perdere il desiderio di usare il linguaggio e trova nel suo silenzio risorse interiori e soddisfazioni  nel suo nuovo modo di vivere. Il mutismo diviene così un’arma che gli dà un’impressione di onnipotenza di cui non può fare a meno, ancora lontano com’è da un reale processo di separazione-individuazione.

 Secondo l’ICD 10 (F94) il mutismo elettivo rientra nell’ampia fascia dei disturbi del funzionamento sociale con esordio specifico nell’infanzia e nell’adolescenza. Il mutismo elettivo è una condizione caratterizzata da una marcata selettività nel parlare, emozionalmente determinata da uno scarso controllo degli aspetti emozionali, per cui il bambino mostra la sua competenza linguistica in alcune situazioni, mentre non parla assolutamente  in altre. Interviene nei due sessi con la stessa frequenza.

In genere, il mutismo è associato a marcate caratteristiche di personalità, come ansia nei rapporti sociali, chiusura, ipersensibilità o opposizione. Di solito il bambino parla a casa e con amici intimi, ma è muto a scuola e con gli estranei

Il mutismo elettivo può essere compreso da un punto di vista psicodinamico all’interno della relazione madre- bambino e/o intra- familiari e si connota soprattutto come:

A questo proposito la neuropsichiatra infantile G.M.Fava Viziello sottolinea le modalità difensive rilevate da R Gaddini: “… nel  bambino quando ha raggiunto un discreto livello di acquisizione del linguaggio come integrazione di significati e maggiore produzione di significanti, il mutismo elettivo mette in evidenza una difficoltà di risoluzione nel processo di separazione-individuazione, come rievocazione  di una separazione inaccettabile…”.

Analogamente Francoise Dolto,  propone una riflessione sulle tappe dell’evoluzione della relazione tra madre bambino, senza voler affermare che in essi si trovi l’unica origine del quadro sintomatologico, che in realtà è molto complesso e trova origine anche in altri fattori. Ripercorrendo le principali fasi di sviluppo del bambino, la psicoanalista francese sottolinea che lo svezzamento non è una castrazione soltanto per il bambino. Implica che la madre accetti la rottura della fusione corporea in cui si trovava il neonato. Tale castrazione orale della madre richiede da lei una capacità di comunicare con il proprio bambino che va al di là di quella legata all’alimentazione, alla pulizia, al coprirlo di baci:  una comunicazione fatta di parole e di gesti che sono il linguaggio. E ancora afferma che l’effetto simbologeno della castrazione orale è, dunque, l’introduzione del bambino alla relazione con gli altri, in quanto ormai separato dall’assoluta necessità della presenza materna .

Per A. Racalbuto  e G. Giaconia  la rappresentazione di parole appare nella fase della posizione depressiva, quando l’oggetto percepito nella sua totalità diventa un oggetto totale, e il bambino lo nomina. Questo perché l’impostazione psicodinamica ipotizza che la perdita, la mancanza e il conseguente lutto, rappresentino la base di innesto per la nascita del pensiero e del linguaggio verbale.

 La dimensione psicomotoria

Nell’ambito della nostra esperienza clinica, ci siamo ritrovate ad analizzare situazioni con caratteristiche simili  e formulare delle ipotesi, confortate anche dagli autori precedentemente richiamati e descritti. L’esperienza psicomotoria proposta fa riferimento ad indici precisi  utilizzati nella Pratica messa a punto dal prof. Bernard Aucouturier come modalità di osservazione ed approccio di intervento nello spazio terapeutico psicomotorio.

Il comportamento del  bambino viene  letto in relazione allo spazio occupato,  alle caratteristiche dell’azione e alle modalità d’uso degli oggetti utilizzati , nella relazione con il terapeuta e nell’arco del tempo stabilito della seduta.

Il movimento e le sensazioni emergono nell’espressività del bambino, nella mimica, nella gestualità, nell’atteggiamento posturale, nello spostamento nello spazio, nelle rotture toniche,  nel tono muscolare.

In particolare poi, come psicoterapeuti ITP,  consideriamo i meccanismi di difesa, tra i quali ad es. la coazione a ripetere, che è presente nell’agire del bambino, come espressione di una regressione o fissazione a stadi precedenti ed utilizziamo tecniche derivate dall’ITP come ad esempio il gioco rappresentativo immaginativo, il disegno.

Per quel che riguarda  il movimento esteriore, dalle esperienze fatte nella terapia psicomotoria dei bambini seguiti, emerge come a volte esso risulti  bloccato ed altre volte esuberante, ma in entrambi i casi coincida con un movimento interno regressivo, legato a sensazioni cenestesiche e cinestesiche, epidermiche, tattili.

Questo movimento interno evoca  il piano dei bisogni dei bambini che presentano lo stesso sintomo e cioè il blocco del linguaggio nella situazione sociale, anche se espresso con differenti modalità[1]

Dalla lettura delle anamnesi dei bambini considerati,  si evidenziano alcuni punti comuni quali :

Abbiamo evidenziato alcune caratteristiche comuni  nell’evoluzione psicologica dei bambini:

 

Tre storie di bambini

Il movimento analizzato nelle diverse situazioni secondo i parametri suddetti, ci dà la dimensione del piano dei bisogni del bambino, facendo emergere il “movimento profondo”  così come è riportato nell’articolo “Ontogenesi della Percezione” della dr.ssa Serenella Rigo Uberto: “… il mondo interno precede quello  esterno … le percezioni labirintiche, olfattive, tattili, uditive, che precedono quelle visive …”.

Dagli studi di psicobiologia sui rapporti tra le aree cerebrali e linguaggio, emerge che quest’ultimo è costruito su generalizzazioni e analogie basate su funzioni del corpo: la componente motoria è la più antica dal punto di vista evolutivo.(A. Oliverio)

 La storia di Antonio

Quando la psicologa incontra Antonio, questi frequenta già la scuola elementare ed ha sette anni e mezzo, dalla scuola materna era stato ritirato perché piangeva ininterrottamente.

Nella prima seduta di osservazione è in braccio alla madre nel silenzio di un pianto che non può farsi né sentire né vedere e comunica così la sofferenza, la non possibilità di separarsi, per aprire uno spazio di non contatto. Si evidenzia la contrattura tonica globale e l’espressione mimica dello sguardo rivolto a terra.

Antonio non usa la parola, nella relazione comunicativa,  ma parti significative  del corpo, la testa per rispondere ai quesiti  e la mano nell’atto creativo della rappresentazione grafica che fa con i pennelli, evitando il contatto diretto con il colore.

La zona della sala di terapia psicomotoria che viene investita  inizialmente è lo spazio della rappresentazione simbolica. Il bambino lavora a corpo fermo, seduto a tavolino, tenendo le scarpe ai piedi, mostrando una postura difesa, sempre di profilo, per evitare una relazione troppo coinvolgente per lui, nell’incontro dello sguardo con l’altro.

Dopo qualche mese con sedute psicomotorie a cadenza settimanale, arriva ad investire tutto lo spazio, privilegiando l’uso di oggetti solidi di gommapiuma, di varie dimensioni. Esprime drammatizzando col suo corpo in movimento e con l’espressione mimica  un’energia aggressiva e distruttiva: realizza costruendo solide  mura di” castelli e  case”, che rade poi al suolo a colpi di pallone (un grande pallone rosso di 90 cm di diametro). Questa dinamica si svolge nella permanenza di  un silenzio contratto, senza suono né voce comunicati dal b/o, solo i tonfi dei colpi.

Nel periodo successivo è solo nel “gioco del nascondino” che Antonio incontra il dialogo tonico della relazione comunicativa. Si mette al riparo dall’esterno, dentro “la casa” che ha costruito con i cubi di gommapiuma. Resta a lungo al buio, in silenzio, vivendo il piacere passivo del contenimento tattile e della distensione del piacere cenestesico. Solo allora Antonio può rispondere ai “tocchi” proposti dalla terapeuta: leggero picchiettare e piccoli graffi sulla superficie delle pareti esterne della costruzione.

A partire da questa “ristrutturazione fondativa dello schema del corpo” secondo L.Rigo il bambino accetta finalmente una relazione d’incontro vis-à-vis con una mimica distesa e uno sguardo sorridente, indice di uno scambio comunicativo reale a cui può seguire il “restauro- ripristino” del linguaggio come integrazione tra i suoi bisogni profondi e una riappropriata espressività del sé.

 La storia di Anna

Anna, all’epoca dell’osservazione ha sette anni, a scuola non parla, solo in rarissime eccezioni con alcuni bambini; “comunica” in seduta solo con gesti limitati e, soprattutto, con lo sguardo  diretto e “prensile”, accompagnato da ansia. Ha una competenza motoria  molto buona (fa danza con successo), si esibisce nello spazio centrale della sala con esercizi plastici ed esegue salti e scivolate con mimica sorridente, ma senza mai accompagnare il movimento con la risata o altra emissione sonora che evidenzi e diversifichi le emozioni. Le cinestesie sono investite con  piacere narcisistico (ricerca ansiogena di soddisfazione nell’azione ed esibizione).

Lo scambio con la terapeuta viene ricercato solo attraverso la vista.

Il suo non parlare attira a sé l’altro da cui non si separa, pur essendo molto autonoma e mobile negli spostamenti.

I suoi disegni sono competenti ma stereotipati (casa e fiori).

Ama lavorare con la pasta per modellare, come ricerca tattile di morbidezza (la avvicina alla guancia, la annusa) e di pressione: i prodotti plastici (pupazzi,  cibo) risultano così più originali di quelli grafici.

In entrambi i casi predilige il suolo come spazio per realizzare.

Ricerca la soddisfazione orale (caramelle) con gesto timido, espri