Il male

image_pdfimage_print
RedazioneSilvano Secco

Silvano Secco : Direttore della Rivista.

 

Il male

 

Possiamo definire il male da un punto di vista psicologico come un archetipo, il cui opposto è il bene.

Il profeta Zoroastro e la sua grande religione sviluppò un pensiero religioso in cui esisteva un Dio del bene ed un Dio del Male. Il Buddismo ed il Taoismo definiscono il dolore come elemento costitutivo dell’esistenza umana. Confucio spiega che il male nasce dalla materia. L’Islam collega il male alla ribellione di Satana e per distinguere il bene dal male si riferisce alla Legge rivelata e alla totale obbedienza a Dio. L’Ebraismo attribuisce il male alla caduta originaria. Il Cristianesimo riferisce il male al peccato originale e alla possibile redenzione.

Nel pensiero greco in particolare la concezione stoica, con Zenone di Cizio, il male non esiste in sé, poiché è privazione del bene. Per Socrate il male risiede nell’ignoranza o assenza di principi etici, il bene invece è cultura, conoscenza, sapienza. Per Platone e Aristotele il male metafisico è privazione di “essere”, ovvero è “non essere” e Sant’Agostino precisa che è anche punizione di una colpa o trasgressione.

La filosofia moderna considera il male come un disvalore, una imperfezione. Hegel considera l’uomo cattivo per natura, mentre il bene in quanto libertà realizzata diviene l’obiettivo ultimo da realizzare. Kant a sua volta descrive il male radicale come forma naturale di impurità interno alla coscienza morale dell’essere umano.

Nietzsche approfondì il tema nella sua opera “Al di là del bene e del male”[1] ed affermò che il dolore ci scava nel profondo e ci costringe a scendere nelle nostre profondità. Questo lavoro operato da parte del male e dell’Ombra lo troviamo anche nelle fiabe raccolte da von Franz[2].

Schopenhauer asserisce che l’oggetto voluto appena conseguito assume un’altra forma e genera nuovo desiderio, così che esso è il vero demonio.

Secondo le neuroscienze il bene ed il male sono realtà fissate nel nostro cervello e derivano da comportamenti e modi di sentire, già presenti nel mammiferi. Fransiscus Bernardus Maria de Waal[3], etologo e primatologo olandese, afferma che i valori di altruismo dei bonobo sono simili a quelli degli esseri umani. La nostra capacità di distinguere il bene dal male dipende in sostanza dalla nostra capacità di essere sia buoni sia cattivi. Alla base del male, come del bene, vi sarebbero degli impulsi cerebrali innati che vengono modificati dall’ambiente sociale ed affettivo di riferimento. Le vie neurologiche del bene le possiamo ritrovare nel sistema specchio o empatia, nelle sostanze quali la dopamina, oppioidi, ossitocina, nell’attivazione delle aree cerebrali associate alla gratificazione ed al benessere, così che far bene fa sentir bene.

Il neuro scienziato Simon Baron-Cohen nel libro “La scienza del male”[4] sostiene che, come aveva già chiarito Winnicott in ambito psicanalitico, è il deficit di empatia a rendere incapaci di percepire le emozioni dell’altro. Studi con brain imaging hanno documentato questa effettiva ipoattività marcata dei circuiti cerebrali dell’empatia.

Biologicamente, il male e il dolore ad esso associato fanno parte del sistema psicosomatico ed ontologicamente appartengono alla storia dell’essere umano. Per cui troviamo il male iscritto nelle strutture più intime del nostro sistema biopsicosomatico, oppure lo incontriamo impresso nei miti più antichi, nelle pitture rupestri, nella Bibbia, nelle fiabe.



[1]              Nietzsche N., Al di là del bene e del male, Adelphi, Milano, 1977.

[2]              Von Franz M.L., L’Ombra e il male nella fiaba”, Boringhieri, Torino, 2018.

[3]              Waal F. B. M., Il bonobo e l’ateo, Raffaello Cortina, Milano, 2013.

[4]              Baron-Cohen S., La scienza del male, Raffaello Cortina, Milano, 2012.