L’Immaginario Malato dell’Immagine

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RecensioniMarilena Marinello

di Jean Burgos, Professore emerito, Preside onorario dell’Università di Savoia a Chambery.

 Conferenza al Gruppo Italiano per le Tecniche Psicoterapiche d’Imagerie Mentale, Preganziol, 14 e 15 maggio 2010.

 Poiein e la salute dell’Immaginario.

Ed eccoci anche quest’anno al consueto appuntamento con Jean BURGOS,  professore emerito di Poietica e presidente onorario dell’Università di Savoia – Francia.

Come si sa, i greci chiamavano “poien” il fare creatore nell’emergere di una realtà nuova. “La finestra (che) si apre come un’arancia incantevole frutto della luce” (Apollinaire, “Les fenétres”).

 Burgos non intende considerare nella sua globalità la questione delle potenziali malattie dell’Immaginario, ma solo soffermarsi a guardare i giochi incrociati dell’Immagine e dell’Immaginario nel campo della creazione; un campo che non è solo quello dell’arte, ma anche quello del buon funzionamento dei processi vitali.

Intende esaminare il posto che occupa l’Immagine in seno all’Immaginario.

Le immagini ci sfuggono hanno un  carattere equivoco, sono complesse e dinamiche, in altre parole inafferrabili.

Rappresentazioni sensibili o rappresentazioni mentali?

L’ambiguità emerge anche dalle due parole greche che sembrano portare la qualità dell’Immagine: eikon (dal verbo eikò, essere simile) ed eidolon (famiglia di eidos [la forma] e di idea [l’idea], del verbo eidò, vedere); da una parte l’icona, rappresentazione materiale di ciò che non ha esistenza sensibile, dall’altra l’idolo, rappresentazione astratta di ciò che si vede in modo solo sensibile.

 Immagine e Immaginario.

L’Immagine, nella sua costante plasticità,  è  il principio nutritivo e attivatore di un Immaginario, punto di incrocio, di scambi fra le pressioni dell’esterno e le pulsioni che emergono dal nostro essere profondo.

Ma il destino dell’Immagine e dell’Immaginario non sembrano essere coniugati in uno spazio comune: “per il buon andamento dei processi della creazione, le loro relazioni potrebbero essere più turbolente di quanto non si creda comunemente”.

L’Immaginario implica uno spazio che il pensiero non saprebbe rappresentarsi, uno spazio con proprie modalità di strutturazione, infinitamente aperto, vettoriale: “unospazio orientato verso un senso sempre al di là : gioco dei possibili”.

Anche i materiali che lo popolano, le Immagini, per il fatto che sono apparizioni/sparizioni non sono delle rappresentazioni ma delle presentazioni,  tracce attivatrici dell’Immaginario che si definiscono attraverso la plasticità e l’immediatezza, indissociabili dallo spazio-tempo in cui la loro trasmutazione avviene.

 Henri Michaux e Utrillo.

E’ ciò che scopre Henri Michaux, pittore e poeta, nella sua analisi delle proprie esperienze con la mescalina quando si fa spettatore di una delle sue pitture acriliche. Egli nella sua opera Emergences - Résurgences, riflette sul proprio percorso di creatore e più in generale sui processi della creazione.

L’Immagine evoca sempre qualcosa di assente. L’Immagine è visione immediata, fragile e incompiuta,  passeggero prodotto dell’attività dell’inconscio, è strumento al servizio dell’Immaginario, ma è sempre questo ed altro. Per mezzo della sua funzione simbolica, l’Immagine è generatrice di forze che ci indirizzano verso un senso mai definitivamente raggiunto.

Vive nello spazio dell’Immaginario, ma in alcune condizioni si costruisce  un proprio spazio, distinto. È ciò che avviene nell’opera pittorica, dove l’Immagine  è l’opera. Il pittore Utrillo diceva che firmando il proprio quadro firmava  la sua morte.

L’opera terminata, infatti, è un’autentica natura morta, che potrà rivivere  solo quando uno spettatore la accoglierà  nello spazio del proprio Immaginario.

L’Immaginario si trova compromesso quando l’Immagine si svincola,  precludendo ogni possibilità di  rigenerazione.

Michaux mette in guardia  sul pericolo che l’Immagine, perdendo ogni tensione verso cose diverse da sé, ferma su se stessa e incapace di trasformarsi, non trovi più uno spazio altro in cui espandersi, divenendo così segnale di un arresto patologico che rimanda alla produzione  grafica  di alcuni malati mentali.

Henri Michaux, dopo averci giocato all’inizio, denuncia lo stereotipato strapotere di immagini  sempre uguali che lo invadono progressivamente  alienandolo da se stesso. Le sue esperienze con la mescalina non faranno che amplificare l’angoscia primaria da cui non riesce più a liberarsi. E’ la morte dell’Immaginario.

Così, il poeta riesce solo a fatica, ad uscire dalla proliferazione delle immagini e a ritrovare lo spazio dell’Immaginario e con esso la guarigione.

Questo sblocco della situazione si produrrà, però, a prezzo dello smantellamento dell’Immagine.

Nel campo della creazione in tutte le sue forme, non solo quelle artistiche,  l’Immaginario può esprimere la sua funzione di assicurare equilibrio e armonia all’essere umano, a patto che  emerga e si attualizzi facendo morire l’Immagine.

Tuttavia i casi clinici di alcuni malati evidenziano come talora le immagini stesse non arrivino a costituirsi e si disgreghino dissolvendosi senza giungere mai a prendere consistenza. In questo caso è contro l’Immagine che l’Immaginario sembra operare.

“Non è più l’Immagine che occupa tutto il campo fino a bloccare il buon funzionamento dell’Immaginario, ma al contrario è l’Immaginario che si secca se non trova nutrimento nelle immagini”.

 Conclusione.

Questi, in sintesi,  i giochi incrociati dell’Immagine e dell’Immaginario, le loro correlazioni ed i loro antagonismi, nell’eterno gioco della creazione che consente il felice funzionamento dei processi vitali. L’Immagine è traccia, prodotto mai definito, attivatore dell’Immaginario.

L’Immaginario è il punto d’incontro tra l’interiorità del soggetto ed il mondo esterno, nell’ineffabile istante in cui l’Immagine l’attiva,  presentificandosi.